Vedi sepino e poi muori

Tutti parlano del Molise dopo il New York Times. Di Pietro rilancia l’unificazione con l’Abruzzo

Quasi un paradosso: per fare esistere il Molise bisognerebbe abolirlo, come scrive il Corriere della Sera a margine di un articolo sull'endorsement del quotidiano americano che ha inserito la nostra regione tra le 52 mete di viaggio del 2020. il Molise e la sua bellezza "a rilascio lento" protagonisti nelle ultime ore sulla stampa nazionale e internazionale. L'ex PM e ministro Antonio Di Pietro, molisano doc, commenta: "Al Molise serve il coraggio di riunificarsi con l'Abruzzo".

Tutti ne parlano e lo scoprono, se non altro sulle pagine web del New York Times e di riflesso della principale stampa nazionale e internazionale: il Molise è una regione da correre a visitare immediatamente, caratterizzata dalla bellezza “a rilascio lento”, dagli straordinari effetti benefici per gli occhi e per lo spirito.

Nessuna promozione sarebbe potuta essere altrettanto efficace di quel 37° posto nella classifica dei 52 luoghi da visitare nell’arco del 2020 che il quotidiano americano ha tributato alla ventesima regione italiana, sconosciuta agli stessi corregionali. Un tributo possibile specialmente dopo lo speciale dedicato alla transumanza che ha incantato il pubblico americano e fatto il giro del mondo, e di questo va dato atto all’editorialista del NYT Maria Russo.

Descritta come terra ancora selvaggia e incontaminata, agganciata a tradizioni secolari come la Carrese (citata quella di Ururi) e con un tesoro di arte e archeologia (la foto scelta è il parco di Altilia), con un bel mare e stupende spiagge, monumenti interessanti e paesaggi mozzafiato da ammirare in treno (la Transiberiana d’Italia) come viaggiatori ottocenteschi o esploratori d’antan.

Nelle ultime ore il Molise è al centro di un’attenzione mediatica eccezionale che si traduce con articoli e servizi televisivi, qualcuno accompagnato anche da un pizzico di stupore, peraltro comprensibile.

Il Molise che non esiste diventa, proprio in ragione della sua non esistenza, un luogo imperdibile. Vale per i potenziali viaggiatori, ovviamente, per gli ipotetici turisti che da oltreoceano meditano di salire sull’aereo e venire a scoprire le rovine di Altilia, le valli fortorine e i trabucchi costieri, e non certo per chi in questa terra vive e fa i conti giornalmente con lo spopolamento inarrestabile (in meno di 5 anni sono stati persi 9mila residenti), le difficoltà a spostarsi (niente autostrada, niente aeroporto, asfalti groviera, provinciali impraticabili), i trasporti infernali (Roma-Campobasso in treno è la metafora assoluta dell’inefficienza), l’arretratezza culturale, la disoccupazione, l’abbandono, la mancanza di meritocrazia, i sistemi clientelari che continuano a ramificarsi in ogni settore e a corrodere il tessuto sociale e le relazioni.

Il dossier di viaggio del New York Time, che visto da fuori è uno sponsor straordinario, per i molisani diventa oggetto di una riflessione differente, che da un lato inorgoglisce e incentiva il desiderio di scoprire quello che c’è abbiamo a portata di sguardo e mano senza nemmeno saperlo, e dall’altro interroga sul destino di un territorio dove non funziona più nulla.

Di un fazzoletto bellissimo di terra, turisticamente più appetibile della spagnola Minorca o della danese Copenaghen, che dovrebbe rassegnarsi a essere ambita meta di viaggio proprio perché i trasporti sono difficili, il progresso non attecchisce, la modernità – nei suoi aspetti negativi ma anche positivi e indispensabili – è finanche un miraggio.

Col rischio che uscire fuori dall’isolamento significhi perdere il primato di luogo ideale da visitare. Un paradosso sul quale apre una riflessione sicuramente impopolare ma senza dubbio efficace l’ex magistrato e ministro Antonio Di Pietro, interpellato dal Corriere della Sera in un bell’articolo sulla rivincita del Molise, che a proposito della sua regione (come è noto abita a Montenero di Bisaccia) dichiara: “Ne sono innamorato, arriva il vento dal mare e vedo i monti della Maiella, ma posso starci perché mi guadagno il pane fuori: se dovessi campare dell’olio che produco, non vivrei. Capisco i giovani che se ne vanno”. E aggiunge: “Al Molise serve il coraggio di riunificarsi con l’Abruzzo”.

La sintesi è impietosa e nello stesso tempo lucida: per far esistere il Molise bisognerebbe abolirlo, almeno come Regione politica. Nel frattempo merita senz’altro di essere visitato.

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