Cultura nel cuore del capoluogo

Chiude ‘Lo Scarabattolo’ ma l’artista Franco Baranello rilancia: “Creerò un laboratorio didattico”

Dopo venti anni dalla sua apertura, si abbassa la saracinesca della bottega artigiana: "Noi che lavoriamo con le mani non possiamo preoccuparci della fatturazione elettronica, delle incombenze, del computer…”. Ma Baranello assicura che la sua attività continuerà in altre forme: "Ho intenzione di fare di questo negozio un luogo di esposizione, un laboratorio didattico, in modo che le scolaresche, i turisti, tramite le mie opere avessero un’infarinatura della nostra tradizione”. L'artista porterà in stampa anche due libri sulla città e sulla sua famiglia.

Via Marconi 66, dove la tradizione campobassana è di casa. Il profumo del Medioevo, i fasti dei Monforte, le beghe tra Crociati e Trinitari, la bellezza senza tempo dei Misteri. Proprio lì, racchiuso nella taverna più antica della Campobasso fuori le mura, per venti anni ha resistito la bottega ‘Lo Scarabattolo’ del maestro artigiano Franco Baranello. Ma dal 31 dicembre 2019 la chiusura: “Chiuso, cessata attività” si legge su un cartello bianco appeso alla vetrina, scoperto quasi per caso. Un magone improvviso ti assale e non puoi fare a meno di entrare, visto che la porta è socchiusa, per chiedere spiegazioni all’artista.

 

“Le leggi attuali non solo non favoriscono i giovani che vogliano intraprendere una qualsiasi attività artigianale – spiega Baranello – ma noi che lavoriamo con le mani non possiamo preoccuparci della fatturazione elettronica, delle incombenze, del computer…”. Il Mosè di Rossini, colonna sonora dei Misteri, quasi d’incanto, risuona nel negozio. È la suoneria del cellulare dell’artigiano innamorato della sua città, che quasi si schernisce: “Anche il telefono è legato ai Misteri…”, abbozzando un sorriso. Piccola, stupenda, divagazione: “A proposito, i miei cavalli di battaglia sono i Misteri in miniatura e quelli riscoperti e andati persi dopo il terremoto del 1805. È un artigianato che ho inventato io, mai nessuno si era cimentato su questo tipo di lavoro. Ma a un certo punto devi fermarti e prendere delle decisioni”.

 

Nel 1999 Baranello si licenziò per buttarsi anima e corpo nell’avventura dell’artigianato: “Ho lavorato per venti anni in un’associazione sindacale. Poi avendo questo mio hobby ho deciso di puntare tutto sulla mia passione. Una passione innata, già quando andavo all’asilo realizzavo delle piccole opere con la plastichina. Poi è venuto fuori che i miei antenati di Oratino erano scultori. Io penso che in ognuno di noi sia presente nel dna questa passione. Sono riuscito a realizzare qualcosa di carino ispirandomi all’arte sacra, ho notato che i lavori mi venivano bene… Arte sacra collegata alla tradizione e all’amore per la città di Campobasso”.

 

All’improvviso il realismo prende il sopravvento sui sogni, sulle passioni. Ma fino a un certo punto. Perché il maestro ci fa accomodare e ci spiega quello che ha intenzione di fare. Dunque, l’attività commerciale ha chiuso e non riaprirà. Però i progetti in cantiere sono altrettanto se non ancora più ambiziosi e affascinanti: “Come detto, la bottega ha chiuso il 31 dicembre 2019. Il cliente che verrà qua troverà chiuso. Ma la mia attività non cessa affatto, continua in modo diverso. Questo lo dico anche per rassicurare, tra virgolette, i tantissimi che mi hanno contattato per manifestarmi affetto saputo della notizia. Non pensavo di essere così apprezzato”.

 

E allora, cosa ha in serbo Franco Baranello? “Ho intenzione di fare di questo negozio un luogo di esposizione, un laboratorio didattico. Vorrei che le mie opere che voglio ultimare, potessero essere esposte fisse qua, in modo che le scolaresche, i turisti, tramite le mie opere avessero un’infarinatura della nostra tradizione”. Eccola l’idea-progetto annunciata: un piccolo museo nel cuore della campobassanità.

 

Un modo per proseguire, continuare a tracciare una strada precisa per i posteri: “Nei miei progetti c’è anche quello di poter insegnare, tramandare quest’artigianato”. C’è di più, perché il nostro artigiano di punta ha intenzione di “ultimare due miei libri dedicati a Campobasso. Vivo in queste strade da 62 anni e quindi ho messo su tanto materiale che ora voglio lasciare alla città. Non si tratta di libri di storia, sono lavori particolari. Uno riguarda la storia della mia famiglia partendo dal 1500, collegata agli eventi accaduti a Campobasso e a Ferrazzano in questi quattro secoli. Perché io ho una vena campobassana da parte di madre e una tra Oratino e Ferrazzano da parte paterna. L’altro dedicato ai fatti successi a Campobasso negli ultimi duecento anni, non fatti di storia ma aneddoti, fatterelli, tradizione orale tramandata. I campobassani, gli amici che sono tanti, possono stare tranquilli, non mollo ma vado avanti”.

 

Progetti in cantiere che fanno tornare il buonumore, dopo la mazzata iniziale della chiusura. “Oltre a quanto detto, vorrei creare una sala espositiva per chi vuole venire a esporre qui, dai presepi ai quadri alle sculture, la bottega sarebbe un punto di riferimento per questa strada che prima si chiamava via delle Concerie di cui il mio è il locale più antico per quel che riguarda la parte fuori dalle mura”.

 

Cenni di storia che affondano le radici nel 17esimo secolo: “Qui c’era la taverna del procaccio già dal 1600. Era il corriere che portava la posta da Napoli, faceva tappa a Campobasso e arrivava a Vasto. La posta veniva consegnata qui quando facevamo parte del Regno di Napoli e da ogni paese arrivava il carretto che prelevava la posta. Queste sono mura antiche, devono continuare a respirare quell’aria là. Storia, arte, ricerca uniti dal filo conduttore della passione”.

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