L'intervista

Il viaggio più avventuroso: Sandro racconta la ‘sua’ Asia in moto. Tra “buchi” di internet e riscoperta del piacere dell’incontro fotogallery

Intervista a Sandro Travaglini, il motoviaggiatore al centro nei giorni scorsi di un enorme clamore mediatico. Partito per il suo viaggio in Asia, dopo 8 giorni che non si avevano più sue notizie la famiglia ne aveva infatti denunciato la scomparsa. Il racconto della sua straordinaria esperienza

A volte perdersi equivale a ritrovarsi, a scoprire parti di sé e del mondo inesplorate. È il caso di Sandro Travaglini, il motoviaggiatore termolese che per giorni è stato dato per disperso – tanto che sulle sue tracce si è messa la Polizia Internazionale – ma che era semplicemente perso nel suo agognato viaggio all’avventura.

Partito in solitaria da Termoli a inizio novembre alla volta di Paesi del continente Euroasiatico e dell’Asia centrale, il 38enne è tornato il 29 dopo quasi un mese. Lo abbiamo incontrato a meno di 24 ore dal suo ritorno, ancora provato dalla stanchezza e con i segni sul volto e sulle mani delle bruciature del freddo. Sandro non è nuovo a questo genere di esperienze ma l’impresa che si è lasciato alle spalle ha davvero del sensazionale.

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Un percorso di 25mila chilometri e oltre (mai ne aveva percorsi così tanti nei suoi svariati viaggi) solo con la sua moto, la sua fedele compagna da ormai 150mila km, quella Ktm 1290T con cui già aveva girato in lungo e in largo più di 50 Stati. E di nuovi ne ha scoperti stavolta attraversando, nell’ordine, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Ucraina, Russia fino alla regione della Siberia, Mongolia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iran, Turchia e Grecia, da dove si è imbarcato per approdare nuovamente a casa.

Si è scatenato un enorme clamore mediatico quando si è diffusa la notizia che il termolese fosse disperso tra i monti della Mongolia. Perché è da lì che è partita la sua ultima comunicazione e da allora per giorni e giorni non ha potuto dare notizie di sé. La ragione è semplice ma molti faticano a comprenderla. “Siamo abituati a vedere le cose dal nostro punto di vista europeo, la nostra mentalità è quella della libertà. Ma in quei Paesi isolati non c’è rete internet e anche dove c’è ci sono restrizioni nell’usarla. Collegarsi al satellite? C’è l’arresto”, spiega Sandro. Lui sapeva che avrebbe attraversato zone d’ombra e lo aveva comunicato prima di partire alla sua famiglia. “Solo che pensavo di metterci 5 giorni e invece sono stati di più”.

Non era certo ignaro delle difficoltà climatiche e legate alla viabilità che avrebbe incontrato, tanto che fino a quando ha potuto si è avvantaggiato percorrendo 1000 chilometri al giorno. Tutto normale su carreggiate normali, ma non su quelle ghiacciate e dissestate su cui si è trovato a viaggiare, dopo aver percorso quasi 10mila km in Russia sulla Transiberiana, dalla Siberia in poi. Lì la motocicletta ha iniziato a subire i primi colpi e ad avere le prime rotture.

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Oltre alle strade distrutte, Sandro e il suo mezzo hanno dovuto affrontare temperature proibitive, persino di più di quelle affrontate nel suo viaggio di un anno fa fino al Circolo polare artico. Fino a meno 30 gradi la notte, intorno ai meno 10 di giorno per gran parte del percorso. Mentre percorreva il tragitto che dalla Russia lo avrebbero condotto al confine kazako, l’incidente più eclatante. Nonostante la moto viaggiasse, il tubo di sfiato del motore si è ghiacciato tanto che è fuoriuscito copioso dell’olio. In quel momento c’erano 3 decine di gradi sotto zero e la percezione per la moto (non così per fortuna per Sandro) era di meno 66 gradi. Da allora il centauro ha cominciato a perdere la sensibilità a mani e piedi, e ancora oggi non sente i suoi arti. “Per giorni ci sono state quelle temperature. Solo che non lo sapevo”. E il motivo è che anche il monitor sul cruscotto si era congelato e si era fermato a -10,5°.

Nelle ‘sua’ Asia, lungo le antiche Vie della Seta, Sandro ha potuto esplorare i territori più remoti dei tanti Stati che ha attraversato. Zone aspre e impervie, con piste spesso lastricate di ghiaccio, immerse in una natura selvaggia e ostile. D’altronde è questa l’idea di viaggio che Sandro ha: distante anni luce dai clichè turistici, per il ‘moto-viaggiatore dei record’ è il ‘nulla’ a dare senso al suo peregrinare. Lontano dallo sfavillio delle luci della città, in sella alla sua due ruote ha potuto immergersi nella steppa kazaka prima e nei deserti ‘freddi’ di Uzbekistan e Turkmenistan poi. E lì, tra sabbia gelida e dromedari ricoperti di neve, davanti agli occhi di Sandro si è spalancata la Porta dell’Inferno. Una voragine artificiale (causata da un incidente occorso nel 1971 a dei russi nel tentativo di trovare il petrolio, ndr), un cratere di gas che brucia ininterrottamente da allora nel bel mezzo del deserto creando uno spettacolo incredibilmente suggestivo. Sandro ha ancora lo stupore negli occhi quando ci mostra le sensazionali immagini del fuoco e della neve che si incontrano.

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Proprio in queste lande desolate Sandro ha trovato quello che cercava, forse senza saperlo. L’assenza di internet e l’impossibilità di usare il suo smartphone sono stati in questo senso provvidenziali: “Ho ricominciato a parlare, a socializzare con degli sconosciuti che parlavano una lingua incomprensibile e con cui ci capivamo a gesti”. E invece “da quando sono tornato non faccio altro che stare attaccato ad uno schermo” e si capisce come Sandro rimpianga l’autenticità perduta.

È forse questo l’aspetto che più lo ha entusiasmato in questo viaggio al limite: il contatto diretto e l’ospitalità delle persone. In tutti i posti dove è stato l’accoglienza è stata straordinaria. “Avevo vissuto qualcosa di simile con i Berberi del Marocco, ma non così. Tutti quelli che mi hanno accolto nelle loro case mi hanno fatto sentire parte della loro famiglia”. E gli aneddoti che sciorina sono tantissimi: dalla fila di camion che si è fatta perché tutti gli autisti hanno voluto aiutarlo a cambiare la gomma, ai due turkmeni che hanno litigato per chi lo dovesse ospitare la notte, senza dimenticare tutte le famiglie che lo hanno accolto per dissetarlo e offrirgli un pasto caldo. C’è stato anche chi, dopo averlo accolto, ha insistito perché portasse con sé una foto del suo matrimonio.

Gesti che nel ricco Occidente sarebbero inconsueti, aiuti disinteressati e genuini che per di più provenivano da persone che non esiteremmo a definire povere. Le immagini delle loro umili case, prive di bagni degni di questo nome e non riscaldate, mostrano inequivocabilmente condizioni di vita lontane anni luce dalle nostre. “È incredibile come le persone meno hanno e più danno”. Una cultura dell’ospitalità che forse l’italiano non si aspettava: “Mi sono imbarazzato quando un ragazzino ha preso una bacinella e ha iniziato a lavarmi le mani”.

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Sarà perché, come ci racconta Sandro, il motoviaggiatore attrae, “per loro è una sorta di cavaliere dei nostri giorni”, sarà perché il centauro in questione era un italiano. “Io ero visto come un idolo, un sogno proibito, ai loro occhi incarnavo l’idea di libertà e l’Italia per loro è libertà”. Non stupisce più di tanto il racconto che Sandro ci fa della condizione delle donne e dell’incredulità dei suoi coetanei asiatici nel vedere sul suo cellulare foto che lo ritraevano con svariate ragazze. “Mi ha imbarazzato essere seduto ad un tavolo con tutti uomini ed essere servito da una donna che, tra una pietanza e l’altra, si andava a rintanare in un angolino”.

In netto contrasto con la povertà dei villaggi, c’è però lo sfarzo di quelle poche città che Sandro ha visitato. Ad Ashgabat – capitale del Turkmenistan dove spiccano palazzi dorati e moschee  luminose – Sandro è rimasto impressionato dalla linea di confine tra miseria e ricchezza. Così come ad Astana (capitale del Kazakistan) – denominata la ‘Città del Male’ perchè considerata la sede della società segreta degli Illuminati – in cui svettano edifici avveniristici e grattacieli imponenti.

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Ma la sorpresa maggiore di tutte per Sandro è stata l’Iran. Dopo l’ospitalità ricevuta negli altri Paesi, il ‘nostro’ temeva l’impatto con la nuova realtà ma si è dovuto ricredere. “Ho scoperto che l’Iran è una terra bellissima con persone fantastiche, ed è stato così persino alla dogana”. Non c’è stato bisogno di mettere mano al portafoglio perché “dovunque andassi mi facevano mangiare e dormire senza chiedermi nulla in cambio. Idem nelle officine dove andavo a riparare la moto”.

Stavolta Sandro, come già successo in passato ma non nei suoi ultimi viaggi, ha deciso di spostarsi da solo. Una scelta che non ha rimpianto e che non gli è mai pesata, neanche nei momenti più difficili. “In due i problemi si sarebbero raddoppiati e avremmo perso molto più tempo. E poi io conosco i miei limiti e le mie forze, so fin dove posso spingermi. Non so fin dove può spingersi un’altra persona”. Mentre molti si preoccupavano per le sue sorti, lui stava vivendo il ‘suo’ viaggio, quello che gli ha dato ciò che ha sempre cercato. “Ora sto proprio bene, sembra che questo viaggio mi abbia tolto tutti i grilli che avevo per la testa”. Sembra strano ma Sandro ci dice di non aver avvertito nessuna percezione del pericolo e di non aver mai provato paura alcuna, eccetto la preoccupazione per le condizioni della sua moto. “Devo ringraziarla anche stavolta perché è riuscita a portarmi a casa”.

La gioia di partire è però pari a quella di tornare, Sandro non ne ha dubbi. A Termoli ad attenderlo c’era la sua famiglia, i suoi amici e suo figlio di 10 anni. “Lui è come me, non si è preoccupato più di tanto perché lo sapeva che sarei tornato anche stavolta”. Fino al prossimo viaggio, che nelle intenzioni di Sandro sarà in Africa.

Ancora una volta, buona strada.

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