Campobasso

Viaggio tra i nostri poveri: c’è chi fugge dalla guerra, chi è vecchio e solo e chi non ha mai visto il mare

Anziani, uomini e donne di mezza età che hanno perso il lavoro, gente che scappa da Paesi difficili. Sono le persone accolte alla Caritas degli Angeli che si è fermata per raccogliere le testimonianze e riflettere sulle povertà dilagante nella nostra società. E il Molise purtroppo non fa la differenza

Giuseppina ha ottant’anni e ha visto il mare una sola volta nella sua vita. Quando gli operatori della Casa degli Angeli di Campobasso le hanno proposto di andare al mare, ha risposto che non voleva. “Ho paura del mare. È troppo grande”, queste le sue parole. Poi si è lasciata convincere. Arrivata sulla spiaggia aveva paura dell’acqua. Tirava indietro i piedi. Poi di colpo ha iniziato a piangere come una bambina: Non ho mai visto niente di più bello.

Questa è una delle tante storie raccontate nella struttura della Caritas a Campobasso, in occasione del momento di riflessione dedicato alla terza Giornata dei Poveri indetta da Papa Francesco.

caritas campobasso

Nel cuore di Campobasso c’è il luogo benedetto dal Papa in occasione della sua visita in città cinque anni e mezzo fa. Una struttura che accoglie il grido di chi non ce la fa. I circa 500 volontari che ruotano intorno alla struttura, non li chiamano poveri, bensì ospiti. Proprio ad indicare quell’umanità e quel senso di dignità che spesso vengono schiacciate dalla superficialità e dall’odio dilagante.

Un dato emerge chiaramente. Oggi, rispetto al giorno dell’apertura, molte persone che chiedono aiuto alla struttura di Campobasso sono anziane. Persone sole. Uomini e donne di mezza età che hanno perso il lavoro. Un esercito di emarginati. Di invisibili.

Tra gli ospiti anche alcuni che vengano da altri Paesi e che scappano dalla guerra. Colpiscono alcune delle loro testimonianze. Come quella di Lokman, che parla con grande umiltà e lancia un messaggio straordinario, tradotto in italiano dal figlio, seduto accanto a lui. Veniamo dal Kurdistan. Viviamo in Italia da due anni. Siamo scappati dalla guerra. Non potevamo più vivere lì. Ora abitiamo a Lucito. Ringraziamo tutti e possiamo dire che si è aperta una nuova pagina della nostra vita. I miei figli adesso vanno a scuola e siamo molto contenti. Mi auguro che nel futuro anche io possa aiutare l’Italia”.

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Gente che ringrazia. Come lo fa, Manuela, arrivata dal Venezuela. Sono mamma di sette bambini – racconta con le lacrime agli occhi, che non possono non travolgere chi è di fronte a lei ad ascoltarla. – Siamo arrivati a marzo grazie allassociazione Giuseppe Tedeschi. Io ero psicologa nel mio Paese e mio marito era ingegnere. I soldi non ci bastavano per mangiare. Undici anni fa nel laboratorio dove lavorava mio marito erano in trentamila, quando siamo andati via erano rimasti 11mila. In Venezuela lo stipendio minimo – racconta Manuela – è di 6 euro al mese. L’associazione Giuseppe Tedeschi ha fatto appello al Ministero degli Affari Esteri e Don Mauro ha adottato me e la mia famiglia. Qui siamo stati accolti dai volontari della Caritas e dall’ordine dei francescani. Ci supportano con tutte le spese mediche. Qui siamo inoccupati e non abbiamo diritto all’esenzione. Abbiamo trovato un’accoglienza materna. Grazie a tutti”.

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Ma l’attenzione cade anche su quei migranti che non riescono ad arrivare in Italia e diventano figli del mare, dove perdono la vita. A loro la dedica (video) letta da Colomba e raccolta in una lettera ripresa dalla Caritas di Agrigento.

La giornata del 23 novembre alla Casa degli Angeli è nata come momento di riflessione sulle tante povertà presenti nella nostra società. Povertà non solo economiche, ma anche relazionali. La povertà più grande è quella dellemarginazione, sulla quale non è mai perdita di tempo riflettere.

“Quando aprimmo – dice Colomba Tortorelli, coordinatrice della mensa della Casa degli Angeli insieme a Nicola Palladino e a Mariantonietta Evangelista – venivano tutti con la testa bassa. Quando abbiamo iniziato a chiamarli per nome, la situazione è cambiata”. I tre coordinatori disegnano un quadro sociale cambiato nel tempo. Nel 2015 alla struttura di via Monte San Gabriele a Campobasso si rivolgevano soprattutto migranti. Più di duecento i pasti al giorno registrati tra pranzo e cena. Ora si tratta quasi della metà. Sono molti gli italiani, e soprattutto gli anziani che si rivolgono alla mensa. Poi c’è il dormitorio con ventiquattro posti disponibili. Il responsabile è Peppe Di Iorio.

Molti volontari non sono di Campobasso, ma dei paesi. Non solo appartenenti a parrocchie ma anche alla società civile. Tante le donazioni di cibo. Le emozioni qui dentro – raccontano i responsabili della Casa degli Angeli – si alternano. A volte c’è un senso di impotenza perché vedi situazioni veramente difficili a cui dover far fronte. Alcune volte, però, c’è anche la gioia di vedere qualcuno che ce l’ha fatta e che viene qui appositamente per salutarci”.

Presente all’iniziativa della struttura di solidarietà diretta dall’instancabile Don Franco D’Onofrio, anche l’arcivescovo GianCarlo Bregantini. “Il Papa ci lascia un messaggio: la speranza dei poveri non sarà mai delusa. Non basta accogliere, ma occorre farlo in un certo modo. Tanti gli spunti raccolto qui alla Casa degli Angeli, il luogo più sacro – oltre alle chiese – che ha Campobasso. Ringrazio i volontari. Che la mensa diventi un gesto di solidarietà continua, di fede in Dio e di scelta politica che possa cambiare alle radici il male”.

La giornata di testimonianza si chiude con il ricordo e lapplauso per Pasquale, caduto dal quarto piano dellospedale Cardelli. Accolto dal freddo e triste asfalto, dopo un volo di venti metri nel cuore della notte tra il 21 e il 22 novembre. Pasquale era ospite nostro – dice in lacrime Colomba Tortorelli. – Quando abbiamo saputo dellaccaduto ci siamo fatti un esame di coscienza. Abbiamo fatto di tutto per lui in questi anni, ma si può sempre fare di più. Pasquale era emarginato dalla società, forse adesso riposerà in pace”.

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