Eccellenze molisane

Un termolese nell’olimpo della chirurgia, è del prof Minni il nuovo manuale per le Università. “Tanti molisani vengono a curarsi a Bologna”

Il professore termolese Francesco Minni, direttore da oltre 15 anni della Chirurgia Generale del Policlinico Sant’Orsola, con due pubblicazioni d’eccezione si conferma nel gotha della disciplina chirurgica in Italia. È suo il nuovo manuale per le Università, testo didattico su cui si formeranno i futuri medici italiani. Uscito a settembre inoltre il volume che ripercorre la storia dell’arte ispirata dall’evoluzione della sua scienza.

Gli aspiranti medici delle Università italiane d’ora in poi troveranno il nome di un termolese sul manuale di chirurgia su cui si formeranno. Lui è il professor Francesco Minni, chirurgo e direttore, da oltre 15 anni, di un’Unità Operativa di Chirurgia Generale del Policlinico di Sant’Orsola di Bologna. È di fatti da poco uscito il Manuale di Chirurgia Generale, curato (e scritto in parte) dal prof. Minni, che ha coordinato il lavoro realizzato a più mani dai migliori chirurghi universitari italiani.

Il professor Minni, nome noto a molti molisani (è nato a Termoli ma le sue origini sono di Larino e San Martino in P.), è il tipico esempio di corregionale che ha avuto successo fuori dei confini della nostra regione. Lui però ci tiene a precisare che non ha mai rescisso il cordone ombelicale con la sua terra, dove fa ritorno appena può. “Io sono dovuto andare fuori per forza, per studiare all’Università. Si può lavorare dappertutto, certo, ma se uno vuole lavorare a certi livelli purtroppo non tutta l’Italia è uguale. Quello che ho fatto a Bologna probabilmente a Termoli non l’avrei mai potuto fare”.

Una considerazione lapalissiana. L’Unità Operativa diretta dal professore è un centro di riferimento nazionale per la chirurgia pancreatica, così come per quella surrenalica, del fegato e delle vie biliari, per quella oncologica dell’apparato digerente e per quella dei difetti di parete: tutte queste patologie sono trattate con le tecniche chirurgiche più innovative e con eccellenti risultati.

professor francesco minni

A fare del reparto del Sant’Orsola quello che oggi è ha contribuito notevolmente proprio il termolese, che racconta come sia stato lui il primo – correva l’anno 1990 – a dare il là alla chirurgia laparoscopica a Bologna. Impensabile fare tutto ciò a Termoli, dove ci sono ottimi chirurghi, “l’attuale primario di Chirurgia è il dottor Marra, che si è specializzato a Bologna proprio nel nostro Istituto”, ma dove mancano tanti altri aspetti necessari per fare del reparto un’eccellenza. “La chirurgia non è più come quella di una volta. Non c’è solo il lavoro del chirurgo, oggi si lavora per lo più in équipe”. Come a dire, se manca l’anestetista, non c’è la rianimazione, l’unità trasfusionale, il radiologo interventista o l’oncologo, come si fa?

È una riflessione amara quella del professor Minni che, pur senza ‘infangare’ la propria terra, rileva le problematiche presenti oggi negli ospedali nostrani, in specie basso-molisani. “La sanità dovrebbe essere garantita a tutti ovunque, invece ci sono purtroppo cittadini di serie a e b, e questo non è etico”. Rispetto al diritto alla salute in Molise pare invece di assistere alla cronaca di una morte annunciata, e di questo il professore che vive a 400 km di distanza non può non avere contezza. Cartina di tornasole della nostra sanità che non funziona a dovere, il fatto che molti – termolesi e molisani – si rechino nel capoluogo emiliano per farsi operare dal professor Minni, come lui stesso ci conferma.

I molisani fanno le valigie e il biglietto per Bologna soprattutto per le patologie pancreatiche. “Vengono soprattutto per il cancro del pancreas, il cui intervento è tra i più difficili che esistano in chirurgia generale”. E poi ci sono le neoplasie del colon, dello stomaco, del fegato. Un buon 70% di questi casi viene trattato con la chirurgia laparoscopica, intervento innovativo e meno invasivo. E sono sempre di più i molisani che vanno a curarsi da lui, soprattutto in questi ultimi anni. “Assurdo che in Molise non ci sia un registro tumori”, altra nota dolente di questa regione.

Minni sa bene come gli ottimi professionisti richiamino ammalati, l’unico vera panacea per avere un’azienda ospedaliera in attivo. Quindi la sua ‘ricetta’: “Non bisogna chiudere o ridurre, bisogna aumentare la qualità”.

manuale chirurgia minni

Il professore a settembre ha arricchito il suo curriculum con un’opera che lo inserisce indiscutibilmente nel gotha della chirurgia italiana. Per anni gli studenti universitari che affrontavano lo studio delle malattie chirurgiche si sono formati sul testo di Luigi Gallone che, dice Minni, “ha fatto innamorare della chirurgia migliaia di studenti, me compreso”. Dopo la morte del chirurgo di Siena, il suo libro man mano ha perso attualità e così la Casa Editrice Zanichelli-Ambrosiana ha chiesto al professor Minni di scriverne uno che lo sostituisse. Dunque la nuova ‘bibbia’ didattica degli studenti di Medicina e Chirurgia porta la firma di un termolese. Un orgoglio per tutti i molisani e, naturalmente, anche per il professore, che la descrive così: “è l’opera più innovativa, completa, recente e anche di più facile apprendimento per lo studente”.

Ma il professor Minni ha recentemente pubblicato anche un’altra opera eccezionale. Si tratta del libro ‘Arte e Chirurgia’, edito dalla BUP (Bononia University Press), uno splendido lavoro che può essere descritto come un viaggio tra i capolavori artistici ispirati dalla chirurgia attraverso i secoli. Un vero e proprio compendio di storia dell’arte, 270 pagine con circa 280 immagini a colori, che offrono una panoramica puntuale dei progressi – e dei regressi – della chirurgia e dunque della traccia lasciata da questa nell’arte nel corso dei secoli.

libro prof minni

È stupefacente la carrellata d’immagini, con annessi commenti testuali, che vi si ritrovano, così com’è inconsueta la conoscenza della materia che il professore dimostra. Il volume è stato presentato a ottobre al 121° Congresso della Società Italiana di Chirurgia. Minni ci spiega come sia la “società più antica e più numerosa d’Italia, che consta di 6.000 soci. A Bologna ne sono arrivati quasi 2.500 e in quell’occasione ho presentato il mio libro”. Il professore non esclude la possibilità di venirlo a presentare nella sua Termoli, “alcuni amici ci stanno lavorando”.

L’idea di fare questo libro venne al professor Minni a Larino, in occasione di un convegno della FIDAPA nel 2014, cui fu invitato come relatore. “La conferenza era di sabato e pensai che non potevo parlare di tumori, perché avrei rovinato il fine settimana dell’uditorio.  Così feci un intervento su arte e chirurgia. La sala era piena, c’era tutto la cittadina e fu un grande successo”. Tra gli astanti c’era anche il critico d’arte Picariello, e fu lui a proporre al professore di fare un libro sul tema della sua conferenza. “Ci ho lavorato tanto, ci ho messo 5 anni, ma l’ho fatto”.

Nel libro sono evidenziate tutte le interrelazioni tra varie forme artistiche (pittura, scultura, architettura) e l’incedere della chirurgia, che naturalmente è stato influenzato dalle visioni culturali, religiose e sociali del tempo. “Si passa da episodi della mitologia greca ricchi d’implicazioni medico-chirurgiche, come il mito di Prometeo connesso con la rigenerazione del fegato, al salasso, dalla circoncisione al trattamento delle ferite di guerra e alla guarigione degli ascessi, dal taglio cesareo all’amputazione degli arti e alla cura del ‘mal della pietra’, dai primi interventi in anestesia fino al reimpianto degli arti, con il famoso miracolo dei santi Cosma e Damiano (il cosiddetto miracolo della gamba nera, ndr)”.

libro prof minni

L’affascinante viaggio nella storia iconografica – che ci fa attraversare la nostra storia passando dall’antichità ai tempi bui del Medioevo, dal Rinascimento all’età moderna – è una vera e propria scoperta tra quadri noti, ma di cui magari si ignorava l’apporto dato dalla medicina del tempo, e più sconosciuti. Circoncisioni, cavadenti, amputazioni, i primi interventi con l’etere, l’estrazione della presunta ‘pietra della follia’. C’è da perdersi in questa rappresentazione artistica del dolore e delle scoperte mediche dell’uomo.

Potrà sembrare strano che un chirurgo si occupi di arte. In realtà l’affinità dei due mondi – apparentemente distanti – è notevole. Lo si spiega perfettamente nella prefazione all’opera: “Molti chirurghi, oltre a dedicarsi alla chirurgia e alla ricerca, sono spesso anche appassionati ‘artigiani’, che si esprimono nelle arti visuali o nella musica, in poesia o in letteratura. Il chirurgo è come un artista creativo. E i chirurghi innovativi sono creativi, curiosi, desiderosi di aprire nuove strade”.

La scienza e l’arte non sono poi così lontane. “Il binomio arte-chirurgia è espressione di un anelito verso il nuovo, verso ciò che non si conosce ancora”. Entrambe condividono la capacità di immaginare l’ignoto, ciò che c’è oltre le Colonne d’Ercole. Un’affinità elettiva di cui il professor Minni regala un excursus di incredibile raffinatezza.

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