Le T-shirt bianche con la scritta “Se te ne devi andare, vattene con un sorriso”, indossate dagli amici di Gennaro Caraviello, hanno fatto da cornice all’abbraccio che Bojano ha riservato questa mattina al 21enne morto nello schianto di sabato lungo la statale 17.
Tantissimi amici, i colleghi di università, quelli dell’associazione italiana arbitri di Isernia, i compagni di scuola, i familiari si sono ritrovati alle 10.30 davanti alla Cattedrale per rendere omaggio all’amico di tutti e per sostenere il dolore inconsolabile di mamma Nunzia, del papà di Gennaro e delle due sorelle.
Chiesa gremita a dimostrazione, se ce ne fosse stato bisogno, che Gennaro era nel cuore di tutti.
In ognuno è stato capace di lasciare un’impronta composta da generosità, affetto e risate. Non a caso lo striscione attaccato alla balconata dirimpetto alla cattedrale – firmato dalla quinta C dello scientifico di Bojano – cita “Fai divertire gli angeli come hai fatto con noi”. Già, perché Gennaro sapeva come strappare un sorriso a chiunque.
Dirette, commosse e sincere, anche le parole del parroco che sono risuonate forti nella chiesa Cattedrale durante il suo personale saluto a Gennaro.
Vita, sogni, fede. Sono state queste le espressioni che ha ripetuto con frequenza, rammentando quanta vita rappresentasse Gennaro con le sue ambizioni, i suoi mille interesse, i traguardi da raggiungere e quindi a riflettere sull’importanza di difendere, amare e rispettare la vita terrena come faceva lui ma anche di coltivare quella intima ed eterna, che esiste grazie alla fede, e che nel ricordo di chi “ci anticipa può essere il sostegno di chi resta”.
Il limite della vita di Gennaro è stata una strada “composta da lacrime e sangue – ha continuato il parroco – perché tanti prima di lui su quel tragitto hanno perso la vita”.
La chiesa è silenziosa, il dolore della famiglia si chiude negli abbracci di chi è seduto al loro fianco, i singhiozzi delle lacrime inghiottite si ripetono come una nenia di bancone in bancone, le ultime parole spettano agli amici di sempre.
Ferdinando, che sale sul pulpito dicendo di aver perso la lettera scritta la sera prima per ricordare Gennaro e che attribuisce l’accaduto ad un segno del destino perché “Gennaro era diretto e mai artefatto, quindi oggi vorrebbe che io parlassi col cuore”. E con il cuore dell’amico fraterno ha ricordato la bellezza fisica e quella dell’animo di Gennaro. Ma soprattutto ha ricordato il suo sogno: “Avrebbe fatto di tutto per diventare un infermiere dell’ospedale Cardarelli di Campobasso”. Tocca ad un’altra amica e sono ancora ricordi e lacrime. Capi che si chinano e mani che asciugano le lacrime. Sono ricordi belli e spensierati “che dovranno accompagnarci sin da ora perché chi continua a vivere nei ricordi non muore mai”.
Il saluto, quello ultimo, è all’uscita del feretro bianco dalla Cattedrale: un lungo applauso e i palloncini bianchi lasciati al cielo. Come è stato per Gennaro.
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