Il molise che stupisce

Monastero e centro produttivo: dagli scavi la scoperta della doppia vita dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno

Il complesso monastico era anche un vero e proprio quartiere produttivo. A dimostrarlo gli scavi svolti dall'università Suor Orsola Benincasa, con il sostegno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed in collaborazione con la Soprintendenza ed il Polo museale del Molise.

Non era solo un punto di riferimento fondamentale per il mondo cattolico, ma nell’Alto Medioevo era anche un importante centro produttivo. E’ lo straordinario e sorprendente esito dell’ultima campagna di scavo ha riportato alla luce gli antichi forni utilizzati dai monaci benedettini dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno per lavorare vetri, laterizi e metalli.

Un ritrovamento che conferma lo straordinario tesoro storico-artistico ‘nascosto’ in uno dei siti archeologici più importanti e antichi del Molise, la cui prima edificazione risale al 703.

Gioiello dell’architettura e dell’arte dell’epoca, come dimostrano gli affreschi di pregevole fattura ritrovati al suo interno, l’abbazia che si trova in provincia di Isernia (nel comune di Rocchetta al Volturno) è da venti anni al centro degli scavi.

Gli ultimi hanno confermato che fosse pure un vero e proprio centro produttivo. A dimostrarlo la campagna curata nell’area della monastero dall’università Suor Orsola Benincasa, con il sostegno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed in collaborazione con la Soprintendenza ed il Polo museale del Molise.

Dalle indagini effettuate e realizzate con tecnologie avanzate – è stato utilizzato ad esempio anche un drone provvisto di una fotocamera a infrarossi termica per scattare immagini – è stata accertata l’estensione verso sud del complesso archeologico di quello che è considerato dagli studiosi un quartiere produttivo.

In quella zona c’erano forni per la lavorazione di vetri, laterizi e metalli. Insomma una sorta di piccolo stabilimento edile che andava al di là del perimetro del chiostro centrale.

Inoltre, è emerso al termine della campagna di scavi, si è capito che nel corso della ricostruzione avvenuta tra la fine del decimo secolo e la prima metà del successivo, davanti alla Basilica maggiore fu costruito un cortile quadrilatero che aveva la funzione di mettere in collegamento l’esterno e l’interno dello spazio monastico. Probabilmente, ipotizzano gli studiosi, è quello che nel Chronicon Vulturnense viene chiamato “chiostro esterno” attribuito all’azione degli abbati Ilario e Giovanni V.

Il sito archeologico di San Vincenzo al Volturno conferma così la sua importanza come luogo unico in Europa per la conoscenza del patrimonio storico artistico altomedievale, soprattutto grazie risultati messi in evidenza dagli scavi condotti sul posto.

“Il sostegno del Mann in questo importante scavo – ha dichiarato il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli Paolo Giulierini – rientra nella piattaforma di collaborazione con l’università Suor Orsola Benincasa e le Soprintendenze della Campagna e del Molise. Un percorso iniziato con la mostra sui Longobardi e rivolta alla creazione al Mann di una sezione dedicata al Tardo antico che raccoglierà testimonianze dal quinto al nono secolo dopo Cristo”.

Per l’Università Suor Orsola Benincasa gli scavi a San Vincenzo al Volturno sono fondamentali pure la formazione degli studenti. “Da oltre un ventennio – ha commentato il professore Federico Marazzi, responsabile scientifico del progetto di scavo dell’area archeologica e docente di archeologia medievale e cristiana al Suor Orsola Benincasa – diverse generazioni di studenti dell’università Suor Orsola Benincasa si sono formate professionalmente scientificamente su questo cantiere, in alcuni casi raggiungendo poi esiti aste lusinghieri nelle loro successive carriere. Questo è accaduto perché San Vincenzo è una palestra di qualità impareggiabile per comprendere come inquadrare da affrontare le indagini in sito archeologico complesso che arricchisce il quadro di approfondimento sulla civiltà dell’alto medioevo”. 

Infine il direttore del Polo Museale del Molise Leandro Ventura ha rimarcato l’importanza della collaborazione tra istituzioni per tali scavi: “La rinnovata collaborazione con un’istituzione prestigiosa come il Mann e con l’Università Suor Orsola Benincasa è un segnale concreto circa la possibilità di fare rete sul territorio fra istituzioni diverse per creare un sistema di reciproco supporto per la conoscenza e lo studio del patrimonio. L’esperienza e i notevoli risultati delle comuni attività di ricerca degli anni appena trascorsi consentono di sottolineare l’efficacia di questa collaborazione che quindi non risulta solo formale”.

(foto: Beniculturali.it)

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