La 'cupola' a isernia

Maxi frode internazionale di auto: 8 mln di Iva evasa e legami con la camorra. Truffati imprenditori e noti calciatori

L'operazione Galaxy che ha portato all'arresto di 23 persone è partita dopo una segnalazione dell'Agenzia delle Entrate a cui era stati presentati documenti falsi relativi all'acquisto di un'auto di lusso. Dopo un anno di indagini condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura di Isernia, è stato scoperto un sistema criminale che aveva allestito una stamperia per riprodurre atti falsi e aveva agganci in Europa, oltre che con i clan dei Casalesi e della camorra. "Il sodalizio aveva sfruttato la mancanza di comunicazione tra gli archivi informativi automobilistici dei Paesi dell'Unione europea", è stato detto in conferenza stampa.

La ‘cupola’ aveva allestito un sistema sofisticato per frodare ignari clienti – tra cui importanti professionisti, imprenditori e noti calciatori – che acquistavano auto di lusso, oltre che lo Stato e l’Unione europea.

Sono scattate nei confronti di ventitrè persone le misure cautelari emesse dal gip del Tribunale di Isernia Michaela Sapio. Tredici sono state trasferite in carcere, dieci sono ai domiciliari dopo il blitz scattato questa mattina – 17 ottobre e che ha coinvolto non solo il Molise (in particolare Isernia), ma altre province italiane: Frosinone, Latina, Caserta, Salerno, Milano e Macerata. ‘Galaxy’ il nome dato all’operazione perchè durante le indagini, gli inquirenti hanno scoperto che la documentazione relativa a 64 Porsche era stata falsificata e fatta passare per quella relativa a Ford Galaxy, sfruttando la similitudine delle iniziali dei telai “WP0” .

Non solo Porsche però. Ci sono anche Ferrari, Maserati, Bentley, Jaguar, Mercedes, Audi, Bmw, Land Rover: la documentazione fittizia ha riguardato quasi 1600 vetture illecitamente nazionalizzate. 

Sono stati sequestrati beni per quasi 8 milioni di Iva evasa a fronte di un imponibile di 52 milioni: somme di denaro, immobili, quote in azioni societarie. In totale 167 sono le persone coinvolte a vario titolo, 159 le concessionarie di auto italiane, nove società estere. Questi i numeri snocciolati nella conferenza stampa dal procuratore di Isernia Carlo Fucci che ha illustrato i dettagli dell’attività investigativa che per un anno ha impegnato gli uomini delle Fiamme Gialle.

“Abbiamo individuato un punto debole nel sistema informativo europeo, cioè la mancanza di comunicazione tra gli archivi informativi automobilistici dei Paesi membri. Il che ha favorito e favorisce le organizzazioni criminali che, utilizzando sofisticate tecniche di falsificazione, lo sfruttavano per la compravendita di auto. In pratica, la mancanza di informazione non consente un controllo incrociato sulla documentazione falsa”, ha rimarcato il procuratore Fucci in conferenza stampa.

I truffatori insomma erano riusciti a fruttare abilmente le “falle” dei sistemi di controllo adottati dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dei Trasporti.

L’inchiesta è nata proprio su input dell’Agenzia delle Entrate che “aveva rilevato alcune anomalie nella presentazione della documentazione da parte di una delle persone arrestate e che hanno fatto suonare un campanello d’allarme”, è stato detto ancora nell’incontro con i giornalisti. Da qui la Guardia di Finanza avvia gli accertamenti coordinati dalla Procura.

Dopo un’indagine molto complessa, viene ricostruita quella gli inquirenti hanno definito una “filiera criminale” estesa e ben ramificata in mezza Italia: poteva contare su una miriade di piccole aziende in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise.

Il sodalizio, che aveva conquistato “posizioni dominanti nel mercato degli autoveicoli di lusso non versando l’Iva”, aveva costituito una sorta di centro direzionale unico accentrando l’emissione delle fatture di acquisto e vendita. La comunicazione, invece, avveniva su chat, mail, messaggi Whatsapp e Messeger. Insomma canali che riescono a sfuggire alle intercettazioni.

Inoltre era stata allestita all’interno di un immobile rurale del basso Lazio una vera e propria “stamperia”, in cui si riproduceva ogni genere di documentazione fiscale (fatture di importazione, bollette doganali) e tecnica (libretti di circolazione, certificati di conformità). Erano stati pure riprodotti i timbri (ben 51 quelli trovati e sequestrati) dei vari uffici pubblici italiani (Motorizzazioni, Comuni, Dogane, notai) ed esteri (Motorizzazioni tedesche, austriache, spagnole).

E ancora: sono state scoperte sei patenti italiane in bianco, supporti cartacei di carta filigranata, i programmi utilizzati per la predisposizione dei libretti di circolazione e le fatture di acquisto e vendita, oltre ad una serie di pratiche pronte per poter essere presentate all’Agenzia delle Entrate complete del libretto di circolazione originale e quello falsificato.

Tutto definito nei minimi dettagli, in modo tale da dare al cliente il pacchetto “chiavi in mano” .

Quando veniva presentata la documentazione all’Agenzia delle Entrate d’Isernia, dopo un controllo formale, i telai venivano validati per la successiva immatricolazione ad opera della Motorizzazione Civile. E il gioco era fatto.

La maxi frode aveva varcato i confini nazionali: il sodalizio criminale infatti aveva ‘agganci’ in Europa, tanto è vero che due ordinanze cautelari riguardano una cittadina tedesca e di un italiano residente nella Repubblica Ceca, rapporti ‘giusti’ pure nel nostro Paese e in particolare con due grossi gruppi commerciali che operano nel Lazio e in Campania, risultati vicini ai Casalesi e ai clan camorristici dell’area vesuviana e nell’area di Sarno e Nocera. 

E ancora: per le varie operazioni venivano impiegate società cartiere e società off shore che operavano nei più importanti paradisi fiscali, a Cipro e nelle isole Cayman ad esempio. In questo modo riuscivano a sfuggire ai controlli e a ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari. 

Il sistema inoltre faceva leva su società estere utilizzate costituite da italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania.

Mentre altre aziende, in base alla ricostruzione degli inquirenti, erano riconducibili a pluripregiudicati italiani, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari ed interessi in società italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera “cartolare”.

In conferenza stampa la Procura ha messo in guardia gli enti competenti per apportare i correttivi all’interno del sistema informativo europeo ed evitare che altri sodalizi criminali possano sfruttarne i punti deboli. Per questo, è stata elaborata un’apposita relazione informativa che sarà all’attenzione dei Ministeri dei Trasporti, del Ministero dell’Economia e Finanze, nonché delle Agenzie delle Entrate e delle Dogane.

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