Sangue sulla ss17

I dubbi sulla strada dopo la strage di sabato. Tra fake news e speranza per il 15enne, promessa del nuoto

Tre famiglie distrutte, la comunità molisana, sconvolta e afflitta dopo la tragedia lungo la Statale 17 costata la vita a un ragazzo solare che stava studiando da infermiere e a un ex poliziotto, sulla cui prudenza alla guida non ci sono dubbi. Cosa è successo? Le indagini vanno avanti mentre Simone, 15 anni, lotta per vivere dalla Terapia Intensiva. Sulle sue condizioni i social hanno speculato, ottenendo la durissima condanna del padre. Ma per lui tanti messaggi di speranza e gli striscioni degli amici e della società sportiva.

Tre famiglie distrutte. Un’intera comunità, quella molisana, sconvolta e afflitta. La tragedia di sabato scorso lungo la Statale 17 ha seminato ovunque sofferenza, angoscia e dolore.

C’è Gennaro Caraviello, il giovane arbitro, studente Unimol della facoltà di scienze infermieristiche che è la vittima più giovane di quello schianto maledetto.

Ventuno anni e sogni infiniti da realizzare: l’università, la professione (la stessa della sua mamma), lo sport, la fidanzata, gli amici. Giovane garbato e gioviale, di belle promesse e grandi aspettative, il suo cuore ha smesso di battere mentre l’ambulanza lo portava in ospedale. Domani – martedì 15 ottobre – alle 10.30 la comunità bojanese si stringerà attorno alla famiglia di Gennaro per sostenerla e supportarla nel giorno dei funerali, che saranno celebrati in Cattedrale. Commoventi i messaggi degli amici, dei tanti colleghi studenti come lui che ricordano con trasporto e tenerezza questo giovane “dal cuore d’oro”.

“Tutti gli studenti di infermieristica dell’Unimol esprimono il loro cordoglio alla famiglia Caraviello – si legge in un lungo post che poi continua raccontando di lui – A Gennaro, a tutte le risate che hai condiviso, al tuo spirito giocoso: non si muore mai finché ci sono i ricordi. Perché essi sono quelli che riportano l’estate durante l’inverno. Tu sarai l’estate durante gli inverni. Buon viaggio, ovunque tu sia andato” .

C’è Antonio Angelini, l’altra vittima del maledetto sabato di ottobre. Settantasette anni, poliziotto in pensione, era alla guida della Fiat Punto, con lui viaggiavano la moglie e il nipotino Simone. Non si comprende bene cosa sia accaduto, forse un ostacolo lungo il tragitto, forse una segnaletica mancata in quel punto dove un mese fa anche un tir è uscito fuori strada creando danni alla carreggiata ancora non riparati. Tant’è che i new jersey piazzati a delimitare la carreggiata potrebbero aver rappresentato l’ostacolo che Antonio non è riuscito ad evitare nel buio della sera. Fatti e circostanze al vaglio dei carabinieri.

Sta di fatto che la Punto avrebbe sbandato invadendo l’altra corsia dove stava viaggiando Gennaro assieme alla mamma. Non c’è stato nulla da fare per il 77enne, anche lui di Bojano, e anche per lui ognuno spende in queste ore parole di affetto e commozione. “Era attento e rigoroso alla guida, come ogni buon poliziotto – dice un suo amico – cosa sia successo lo diranno gli investigatori. Ma Antonio non era imprudente, anzi”.

Il Group Cycling Center di Bojano in un messaggio pubblico infatti esprime “affetto e cordoglio alle famiglie Caraviello e Angelini per il lutto che li ha colpiti. Pregheremo – si legge nella nota – per il piccolo Simone che sta lottando tra la vita e la morte nella speranza che riesca a superare questa salita durissima”.

Anche la società del presidente Nicola dell’Omo e tutta la famiglia del Cus Molise si stringe attorno alle due famiglie e a Simone “che sta lottando per vivere, diciamo: forza, non mollare”.

E c’è Simone. Il 15enne che viaggiava sulla Fiat Punto e che è arrivato in ospedale in condizioni gravi a causa dei traumi riportati ma che vuole vivere, e di questo ne sono certi anche i sanitari. I medici del reparto di Terapia Intensiva lo hanno sottoposto ad un delicato e lungo intervento la sera stessa e adesso le sue condizioni sono stazionarie.

C’è da dire che lo sciacallaggio dei social non ha fatto mancare le sue odiose azioni anche in questa terribile circostanza. Nomi, facce, mani e menti rapaci che, questa mattina, non hanno mancato di scrivere (inseguendo voci prive di ogni requisito utile e valido per un’informazione veritiera e reale) che Simone non ce l’aveva fatta. Una catena di parole, penose e false che hanno costretto il papà del 15enne a dover intervenire con un post durissimo su Facebook: “Che nessuno si permetta si scrivere str…. Su mio figlio. Simone è stabile e forte e sta lottando”. Sì, è stabile. Non è morto e – per fortuna – ci sono buone possibilità che torni a sorridere , a nuotare, a studiare, a sognare. Perché il suo cuore è forte, la sua voglia di vivere pure e l’amore di cui è circondato è enorme. L’amore, quello vero, non si legge sui dannati social, ma negli striscioni legati alla balaustra della Piscina comunale perché Simone è una ‘promessa’ del nuoto e si allena con l’H2O. Si legge nei cartelli agganciati ai cancelli della scuola, l’Industriale, e si legge nei volti dei giovanissimi che ogni ora del pomeriggio entrano ed escono dall’ospedale Cardarelli desiderosi di far sentire la loro presenza a Simone per invitarlo a lottare, a fare ancora uno sforzo per il traguardo della vita che lo aspetta e aspetta solo lui. Forza Simone.

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