Portocannone

Dopo la malattia non può lavorare e ha perso la casa: a 61 anni vive in macchina

La storia di Antonio Grasso, ex autotrasportatore colpito da ictus tre anni fa. Residente a Termoli, non può lavorare e vive con una piccola invalidità e il reddito di cittadinanza, ma non ha una casa e da due mesi vive in auto a Portocannone. Tutta la sua vita nei borsoni e nelle valigie che si porta dietro. "Non voglio soldi, ma ho bisogno di una casa e non riesco a pagare l'affitto".

Nel 2016 un ictus, e il lavoro è “andato”. Faceva l’autotrasportatore, impossibile proseguire con la malattia. Così per Antonio Grasso, oggi 61enne, si sono chiuse le porte del lavoro. E non solo. “Ho perso la casa nella quale vivevo in affitto dopo la separazione da mia moglie per vicende personali. Non sono riuscito a trovarne un’altra accessibile, economica. Non posso pagare un normale affitto di mercato”. Tra reddito di cittadinanza e quota minima di invalidità che percepisce arriva a malapena a seicento euro al mese. “Se devo pagare l’affitto poi non riesco a vivere”.

Così Antonio, originario di Torino ma da decenni molisano”, abita in macchina. La sua. Che straripa di borsoni e valigie “con dentro tutta la mia vita”. Una vita che si porta dietro tra la Statale 16 e la circonvallazione di Portocannone, dove un paio di mesi fa è approdato perché in paese ha alcuni parenti e perché “questo è un posto più tranquillo di Termoli. A Termoli non so dove andare a dormire in auto…”.

La ruota gira, racconta senza perdere un briciolo di dignità. “Prima stavo bene, ora sono un poveraccio. Ma va bene così, la cosa importante nella vita è il cuore”. Quel cuore che Antonio sostiene manchi a chi dovrebbe accogliere la sua richiesta e non lo fa. “Ho chiesto a Termoli, dove ho la residenza, ma non c’è nulla da fare. Mi hanno chiuso tutte le porte. Ho chiesto a Portocannone, ma non possono darmi alcuna casa perché sono residente a Termoli e per essere residente a Portocannone devo avere un contratto di affitto. E’ un gatto che si morde la coda”.

Quando scende la notte, che scende sempre un po’ prima in questo autunno ancora caldo, Antonio si sposta in un luogo meno chiassoso della piazza e prova a dormire qualche ora. “Tra la scomodità dei sedili e la luce del sole all’alba, senza pensare alla preoccupazione che mi tiene sveglio, non è facile riposare”. Per lavarsi usa l’acqua della fontanella o i bagni del distributore, a seconda dei giorni e del clima. E di una cosa è sicuro: “Non si può vivere così a 61 anni. Non è giusto”.

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