Storie di giovani che resistono

Dagli studi in Legge al lavoro nell’alimentari. Giacomo: “Coraggioso io? Conosco giovani laureati impiegati nei call center”

Il racconto del trentenne campobassano, uno dei tanti giovani che ha scelto la strada meno facile: rimanere in una terra avara di opportunità e di aiutare la famiglia nel piccolo punto vendita aperto a Sepino. "Ho fatto come tanti miei coetanei - dice - che si sono dovuti arrangiare facendo lavori che non c'entrano niente con il loro percorso di studi. Conosco persone che con lauree e master lavorano in un call center. Purtroppo in questa regione non c'è lavoro e per me questa piccola attività è una fortuna".

Dopo gli studi in Ragioneria l’università: facoltà di Giurisprudenza. Ma nel giro di pochi anni la vita di Giacomo cambia da ‘così a così’: dai manuali di legge si ritrova a battere scontrini, a rifornire di pane, latte e mozzarelle il piccolo negozio di alimentari che la famiglia ha a Sepino, paese della provincia di Campobasso ai piedi del Matese. Uno dei borghi più belli d’Italia, vero. Ma anche un centro a rischio spopolamento come la maggior parte della regione.

Una scelta coraggiosa e generosa. Al tempo stesso atipica rispetto ai tanti ragazzi che partono dal Molise in cerca di prospettive migliori. Sicuramente faticosa per il trentenne campobassano che macina quotidianamente chilometri a bordo del suo furgoncino perchè così, dice, “risparmiamo sul trasporto delle merce”.

“E’ vero, ho fatto un percorso di studi che non c’entra niente con l’attività commerciale. E ho deciso di restare per dare una mano nel negozio dei miei genitori. Ma conosco tanti altri giovani con lauree e master che per rimanere in questa terra si arrangiano con lavori che non c’entrano niente con il loro percorso di studi”, dice ancora questo ragazzone che racconta la sua storia con genuinità e molta riservatezza. Tanto da non consentirci nemmeno di scattargli una foto. “Ti devi accontentare di quella del negozio”, taglia corto.

Poi riprende il suo racconto. “Non avrei mai potuto lasciare da soli i miei genitori, consentire che chiudessero l’attività perchè da soli non ce l’avrebbero fatta. E poi ci sono tanti ragazzi miei coetanei che hanno deciso di rimanere e investire in Molise, anche se non ci sono le opportunità e nonostante i problemi che ci sono. Conosco giovani laureati o che hanno frequentato master e che pur di non andare via da questa regione lavorano nei call center, ma comunque hanno deciso di rimanere”.

Lavorando nel piccolo alimentari di famiglia, Giacomo ha dovuto apprendere in fretta tutte le ‘trappole’ di un settore complicato: quello del commercio.

“I grandi centri commerciali creano problemi ai negozi nei piccoli paesi dove vivono sempre meno persone. Inoltre, anche quelle poche persone che rimangono magari hanno parenti che lavorano nei grandi centri come Campobasso, Isernia e Bojano e quindi fanno anche lì la spesa. Alla fine gli alimentari si ritrovano a vendere soprattutto pane, latte, i prodotti freschi insomma. Prodotti che devi riuscire ad acquistare nelle giuste quantità, altrimenti restano invenduti e l’attività ci perde. Poi diventa difficile competere con i centri commerciali: acquistando grandi quantità di prodotti, riescono ad avere grossi sconti”.

Alla fine la sua è una doppia sfida quotidiana: il negozio di alimentari – attività che prima erano il punto di riferimento dei nostri piccoli paesi – deve sopravvivere alla concorrenza della grande distribuzione, ma anche con la burocrazia, le imposte (“paghiamo tasse altissime”), le bollette (“sono carissime, soprattutto quelle dell’elettricità”), le novità legislative.

Ad esempio, la fatturazione elettronica che costringe i negozianti a rivolgersi ai commercialisti. Mentre da gennaio 2020 entrerà in vigore il cosiddetto corrispettivo elettronico: il registratore di cassa dovrà essere collegato a Internet per mandare direttamente i dati all’Agenzia delle Entrate che in questo modo conosce i guadagni quotidiani del negozio stesso. Altre spese, altri sforzi per far quadrare i conti: “Restano solo i soldi per sopravvivere in modo dignitoso”.

“C’è un detto che recita: ‘Avere un negozio nei paesi è come allevare un elefante‘. Ma lo faccio per andare avanti, non c’è lavoro e alla fine anche con grandi sacrifici si va avanti. Per me avere l’attività di famiglia è una fortuna”. Ecco i giovani del Molise che resiste.

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