Campobasso

Dell’amore e del tormento: Fonzo e Delicata, una storia “rock”

Una leggenda scritta nel cuore della tradizione popolare campobassana, un racconto che tutti dovremmo imparare a conoscere e custodire. Il legame tra Fonzo Mastrangelo e Delicata Civerra è metafora di un immaginario collettivo irrinunciabile, una narrazione in grado di conservare lo stesso fascino di altre vicende amorose - da Romeo e Giulietta a Cyrano e Roxanne, tanto per citarne alcune - che la letteratura ha portato su altari illustri.

L’avesse scritta Shakespeare, ne avrebbero tratto pellicole cinematografiche a fiumi. L’avesse decantata Petrarca, oggi la insegnerebbero ai bimbi nelle scuole. E invece no. La storia d’amore tra Fonzo Mastrangelo e Delicata Civerra – vera gemma della tradizione popolare campobassana – resta spesso relegata in un’antipatica penombra, come abbandonata sul fondo di una logora cassapanca concettuale, ripostiglio di arnesi antichi e perlopiù dimenticati.

Un peccato capitale. Perché quella leggenda è la culla di un tesoro prezioso, che appartiene a ognuno di noi, nessuno escluso: la nostra identità.

Avrebbe magari fatto più “presa”, in un’epoca come questa, privilegiare plot incentrati non tanto su torri e confraternite, quanto su troni e…tronisti. Ma, grazie a Dio, il sublime reclama altri palcoscenici.

Il punto è che rappresentare l’amore sofferto sembra essere oggi inevitabile utopia. Forse perché, ancora prima, già viverlo declama talvolta responsabilità gravide di timori ostinati. E allora spazio al “lieto fine” ad ogni costo, alla rassicurante pretesa di raschiare il fondo del barile per recuperare uno straccio d’insegnamento, una morale risicata da appiccicare alla fine del copione. Una noia mortale, una “balla” colossale. Perché il dolore è spesso una delle metafore più calzanti dell’esistenza, una delle sue manifestazioni più ciniche, certo, ma peculiari.

Lo ha conosciuto bene, Delicata, quel dolore. Proprio lei, rinchiusa dall’arcigno padre in una torre per via di un amore prigioniero di inimicizie laceranti; un sentimento profondissimo, vissuto più nella privazione e nel pianto che nei luccichii di certe fiabe.

E l’ha vissuta sulla sua pelle pure Fonzo quell’angoscia. Lui, pronto a pronunciare al fatidico “sì” con lo strazio nel cuore, appena prima di veder spirare l’amata tra le proprie braccia.

Nessuna catarsi, nessuna pietà per drammaturghi e profeti del “vissero felici e contenti”. Poesie nere e neri petali, piuttosto. Eros e thanatos, abbracci disperati. Bellezza drammatica. Quella di Fonzo e Delicata è un narrazione ricca di tenerezza, un racconto capace di disegnare i contorni di due eroi romantici, dai tratti quasi byroniani.

Sarebbe forse più “scenografico”, più immediatamente assimilabile, oggi, dipingere la giovane protagonista come un’elegante studentessa, cullata dalle coccole e dalle paillettes di una nobile famiglia, dalle attenzioni di una presenza genitoriale accorta, a tratti invadente, dal retrogusto spiccatamente patriarcale.

E sarebbe forse più funzionale cucire altri panni pure addosso al nostro Fonzo: un chiodo di pelle e una t-shirt dei Misfits, per esempio. Ma anche una sacrosanta tendenza a introspezioni lisergiche, alla via dell’eccesso, a ferirsi col filo spinato di certi ricordi, con i riverberi di una sensibilità dorata. Un libertino, uno psiconauta convinto; visioni di laudano in calici d’assenzio.

Ne nascerebbe di certo un amore egualmente “contro”: impossibile, inviso, osteggiato. E proprio per questo travolgente. Una storia di passione e tormento, di abissi crepuscolari. Un legame pronto a tutto: persino a celebrare la propria fine. Forse non con un matrimonio strappalacrime, ma con un “epitaffio” più autenticamente dannato: “The End” dei Doors in sottofondo, un mistero scritto sul pavimento della stanza di un motel, i cronisti che assediano ingressi e balconate, le luci dei fotografi, nastri e suoni di sirene, transenne sulle porte, il sangue sulle scale. Vedere alla voce: “Sid Vicious e Nancy Spungen”.

Si, sarebbe probabilmente più scenografico. Ma sicuramente meno “nostro”. Perché la leggenda di Fonzo e Delicata è la fiaba di Campobasso, un diamante incastonato nell’immaginario collettivo di questa piccola patria e dei suoi figli: un tesoro che dobbiamo necessariamente imparare a riscoprire, valorizzare, tramandare.

Ricordare le nostre radici, del resto, significa ricordare chi siamo. Diventare custodi di quel fuoco sacro che vive nella tradizione.

 

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