Portocannone

Parrocchiani delusi per il cambio di sacerdote. Lettera aperta al Vescovo: “Siamo sconvolti, decisione superficiale”

Alcuni parrocchiani di Portocannone, dopo l'ufficialità del cambio di sacerdoti, si dicono sconvolti per una scelta che reputano superficiale. Una comunità già provata da scandali e ora la 'doccia fredda': il 'loro' don Stefano Chimisso andrà infatti a Guglionesi

Si rivolgono direttamente al Vescovo alcuni parrocchiani di Portocannone, delusi dopo aver appreso che il loro nuovo sacerdote non sarà quello che si aspettavano.

È una lettera aperta, la loro, piena di amarezza e da cui si evince il profondo dissenso per la scelta effettuata da monsignor Gianfranco De Luca, e che riguarda appunto anche loro.

La lettera è scritta in prima persona ed è così firmata: “Io parrocchiano di Portocannone per l’ennesima volta deluso”. Non sappiamo in quanti l’abbiano condivisa, sicuramente non tutti ma una parte sì.

Apprendendo che il “loro” don Stefano Chimisso (attualmente vice parroco ma che si sperava divenisse il parroco) farà le valigie per trasferirsi nella parrocchia di Guglionesi – andando così a sostituire don Gianfranco Lalli – i fedeli nella missiva si dicono “sconvolti”.

Va necessariamente fatta un po’ di storia, per capire bene il senso di tale disappunto nella comunità arbereshe di Portocannone. «Il 19 marzo 2014, dopo un periodo alquanto doloroso per la nostra comunità a causa del succedersi di sacerdoti non definitivi e dopo tanti rifiuti, finalmente la nostra Chiesa particolare si è illuminata della presenza di ben due sacerdoti: Don Michele Valentini, parroco, e don Stefano Chimisso, vice-parroco.

In questi 5 anni e mezzo il loro operato non è stato facile in quanto la comunità era devastata da profonde ed esasperanti problematiche dovute alla vicenda pregressa (il riferimento è al caso di don Marino Genova, ex parroco di Portocannone, condannato per abusi sessuali su una ragazzina) che ha interessato non solo il territorio locale ma anche regionale e addirittura nazionale, denigrando il buon nome del mio paese e della mia comunità parrocchiale, causando lo svuotamento della nostra Chiesa».

Perché, va precisato come la lettera fa, i due sacerdoti sono di età molto diversa: don Michele ha 80 anni mentre don Stefano 29 anni. Per i firmatari della nota i due «hanno svolto il loro cammino apostolico ognuno in base alle loro esperienze, collaborando per l’aspetto amministrativo e seguendo il cammino di fede di tutti i parrocchiani  dai più adulti a quelli più giovani. In questo modo ci siamo sentiti guidati e confortati nel nostro cammino spirituale».

Avendo festeggiato gli 80 anni del parroco don Michele erano tutti consapevoli che un giorno avrebbe lasciato il suo ministero attivo per dedicarsi alla sua famiglia naturale. E si aspettavano altresì che il nuovo parroco – per una prosecuzione quasi automatica che garantisse continuità – sarebbe diventato don Stefano Chimisso. «E invece no, per l’ennesima volta delusi e amareggiati».

Non si può trascurare il vissuto doloroso che la comunità bassomolisana ha esperito per le tristi vicende di don Marino, condannato lo scorso maggio per gli abusi sessuali reiterati negli anni alla giovane Giada Vitale. Una ferita ancora troppo aperta che ha scosso l’intero paese.

Di qui l’appello al Vescovo la cui decisione viene definita “superficiale, poco cristiana e deludente”. Sono parole dure che mettono in luce lo stato d’animo di alcuni parrocchiani.

«Caro Vescovo, a questo punto ci domandiamo, cosi come dice il vangelo di Giovanni, tu sei “il buon pastore che dà la propria vita per le sue pecore, e conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono lui” oppure sei come “il mercenario, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde, perché è un mercenario e non gli importa delle pecore”?

E tu come “buon pastore”, in questo momento particolare, stai continuando a proteggermi? A guidarmi? A capire quelle che sono le difficoltà che ancora oggi attanagliano il mio paese? Noi crediamo di no».

Non si rassegnano i cittadini di Portocannone, che anzi annunciano «non ci fermeremo ma continueremo a lottare per far valere i nostri diritti e tutelare la nostra ritrovata serenità».

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