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La politica ponga seriamente al centro il lavoro

Non sono buone le novità che vengono segnalate dall’Istituto di Statistica e dall’Istituto della Previdenza Sociale. Al nostro sistema produttivo, all’economia del nostro Paese, all’emergenza della mancanza di lavoro serve una scossa, serve che la politica su svegli, occorrono scelte serie e politiche che accompagnino lo sviluppo delle aziende, sostengano i lavoratori che perdono il lavoro, impostino una nuova fase di crescita.

Da una parte il calo del fatturato dell’industria e delle commesse derivanti da una flessione del mercato interno e, dall’altra, l’aumento della cassa integrazione che a luglio registra un aumento del 33,5% rispetto allo stesso mese del 2018 – ciò dovuto al forte incremento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria (+50,2%) – sono segnali di una duratura crisi di una parte del nostro sistema produttivo, sottolineata anche dall’ingresso di nuove aziende in difficoltà che richiedono l’ammortizzatore sociale, come si evince dall’aumento dell’ordinaria (+17%).

 Secondo un’analisi effettuata, sui dati nazionali, dal Servizio Politiche del Lavoro della UIL, presenta un segno negativo anche il differenziale tra i nuovi rapporti di lavoro attivati nel I semestre di quest’anno, pari a 3,7 milioni, rispetto a quelli riferiti allo stesso periodo del 2018. Un gap dell’8,4% che in valori assoluti corrisponde ad oltre 343 mila assunzioni in meno non compensate, se non in minima parte, dalle trasformazioni (145 mila).

I dati diffusi ieri, per l’appunto dall’Istat e dall’Inps, segnalano non poche criticità del nostro mercato del lavoro, a cui oggi si aggiunge la notizia sulla flessione congiunturale dell’occupazione dove, a scendere, è solo la componente dipendente e, soprattutto, a tempo indeterminato (- 44 mila). Le persone in cerca di un lavoro aumentano dell’1,1%, dato questo molto preoccupante se analizzato con l’aumento delle domande di Naspi (la vecchia indennità di disoccupazione) che nel I semestre di quest’anno hanno registrato un incremento del 3,2% rispetto allo scorso anno.

Questi sono i dati rilevati a livello nazionale e, certo, anche nel nostro contesto le cose non vanno bene. Almeno stando alla percezione di chi vive quotidianamente in mezzo ai lavoratori che manifestano disagio, vivono momenti di abbandono, di incertezza occupazionale (se addirittura un lavoro non l’hanno già perso), sono alle prese con redditi limitati (è questa la ragione principale del calo dei consumi interni), lavoratori che non sempre si sentono garantiti nel rispetto dei loro diritti e spesso le cose semplici sono rese più complicate per scelte che sinora la politica non ha avuto il coraggio di fare.

D’altra parte, nella riunione monotematica del Consiglio regionale dedicata al lavoro, questa situazione difficile è stata resa esplicita dai molti lavoratrici e lavoratori dei settori economico-produttivi più diversi che non possono più aspettare i tempi della politica: dell’avicolo in attesa di qualche sviluppo, dello zuccherificio morto e sepolto, del tessile stanco di illusioni di ripresa e con l’incertezza anche sugli ammortizzatori sociali, dell’edilizia che langue laddove potrebbe essere davvero un motore di sviluppo anche per la messa in sicurezza del territorio, della chimica e metalmeccanica dove pure un po’ le aziende resistono alla congiuntura negativa, dei servizi, commercio e turismo che si vorrebbero rilanciare e qualificare ma dove al momento ancora quasi nulla si muove, dei trasporti dove addirittura non si pagano gli stipendi, ma anche della formazione professionale del pubblico impiego, comuni, sanità, scuola, gonfi di precari che pretendono si avvii il processo di stabilizzazione.

Il sistema produttivo ed occupazionale, in buona sostanza, ha bisogno di un insieme di politiche che siano lungimiranti e strutturali nel tempo, realizzate incrociando gli interventi nazionali con iniziative concrete e tempestive sul territorio, dove il lavoro con la “L” maiuscola torni ad essere il motore trainante. Come Sindacato, come UIL è questo che ci aspettiamo dal nuovo Governo che si insedierà. E se, nel frattempo, anche da noi si concentrasse l’attenzione davvero sul bene comune piuttosto che su piccole beghe partitiche e ricerca di poltrone…, ne avremmo tutti da guadagnare!

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