12 mesi dopo

Il terremoto silenzioso: un anno dopo nessuno è ancora tornato a casa. 100 richieste per avere subito 25mila euro

Il 14 agosto la prima scossa, il 16 quella più forte (5.1 magnitudo) che ha cambiato per sempre la vita e la percezione del pericolo in Basso Molise. In un anno ecco cosa è successo, cosa è stato fatto, quante sono le persone e le famiglie ancora fuori casa. Intanto sono un centinaio le istanze per accedere al contributo straordinario di 25mila euro erogato grazie a una ordinanza inedita della Protezione Civile.

Un anno dopo, senza clamore, le cose sono andate avanti. L’emergenza è stata riconosciuta e prorogata, i contributi per l’autonoma sistemazione sono stati assegnati. Non è abbastanza per poter parlare di ricostruzione, ma qualcosa si è mosso. La paura invece, quella non è mai passata.

“Sobbalzo ogni volta che l’ultimo autobus in arrivo da Termoli passa vicino casa. Ogni volta scatto dalla sedia o dal divano, ogni volta penso che sia il terremoto”. Franca abita a Guglionesi, il Comune dove il 16 agosto scorso, alle 20 e 19, dopo un nubifragio devastante, la scossa di magnitudo 5.1 ha cambiato la vita a tutti. “Io dormo ancora con un borsone vicino al letto” confida Michela, una giovane donna di Palata che ha un bambino a cui pensare e che, nelle settimane e nei mesi successivi al sisma, è stata costretta suo malgrado a organizzare una ipotesi di fuga.

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Come lei, tanti altri. Tutti quelli che per giorni e giorni hanno dormito in auto mentre lo sciame raggiungeva il suo apice. L’avvisaglia, la prima frustata della terra, il 14 agosto alle 23 e 48, con epicentro Montecilfone. Una scossa di magnitudo 4.6 che ha strappato in pochi istanti migliaia di persone dai letti, dagli appartamenti, dai tavolini del bar dove si stava finendo di trascorrere la serata, creando uno scompiglio che si è sperato potesse restare un caso isolato.

E invece, il giorno dopo Ferragosto, il movimento più forte e anche quello che ha creato più danni, seguito da centinaia di altre scosse a cominciare da quella di punti 4.4 con epicentro a Palata alle 22 e 22 dello stesso giorno, 16 agosto. Proprio mentre i mezzi dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile erano in partenza da diversi posti d’Italia per raggiungere il Basso Molise. In una notte di sirene, grida, confusione, lacrime. Di brandine di fortuna, di parole di coraggio sussurrate e di terrore ricacciato a forza in gola.

Il “terremoto silenzioso”, l’hanno ribattezzato. Perché non ci sono stati morti, né feriti. Perché è passato in silenzio, quasi invisibile: pochi servizi sulle televisioni nazionali e qualche articolo sui principali quotidiani italiani. Erano i giorni del crollo del ponte Morandi (43 morti, una strage), che ha assorbito completamente la cronaca della settimana di Ferragosto.

Le tendopoli, le cucine da campo, i centri dei paesi zeppi di veicoli del 115, gli anziani fuori dalle loro case con una coperta addosso a trascorrere la notte all’aperto, sono immagini però che il Molise conosce benissimo, con le quali ha fatto i conti a lungo mentre ci si organizzava alla meno peggio per sopravvivere, pur nello stravolgimento completo delle singole esistenze.

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Le crepe, quelle che si sono allargate sui muri intonsi come ferite,  sono ancora cicatrici aperte, anche in quei casi in cui  le retìne, gli stucchi e gli intonaci le hanno riempite e seppellite, restituendo pareti dall’apparenza solida ma dalla struttura inevitabilmente fragile. Pioggia di calcinacci, chiese ed edifici pubblici compromessi, pilastri lesionati. Fotografie indelebili nella mente della popolazione, degli adulti come dei bambini che hanno sperimentato, per la prima volta, l’insonnia e l’ansia, i colloqui con gli psicologi arrivati a dare un supporto oltre il danno materiale.

La vita è andata avanti, in questi 12 mesi, con una nuova consapevolezza, inizialmente terrorizzante e poi, man mano, sempre più lucida. Anche il Basso Molise è zona sismica, nonostante l’assenza di terremoti devastanti nel passato. (Qui l’intervista a un geologo che può agevolare la comprensione del fenomeno)

Da un momento all’altro si può “ballare”, come dicono i più scanzonati o forse i più scaramantici, quelli che imparano a convivere con l’incubo chiamato terremoto perché, sostengono, “cosa dobbiamo fare, mica possiamo andar via? E poi dove andiamo?”

Un anno dopo la terra sembra essersi tranquillizzata, anche se il pericolo continua a esistere, sotterraneo e strisciante. Un anno dopo, mentre ricorre un anniversario che nessuno vorrebbe ricordare ma tutti hanno impresso oltre che nella testa anche nel tessuto emozionale, i numeri raccontano il disagio, l’emergenza, gli impegni presi e a volte disattesi, oppure procrastinati.

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Sono 237 i nuclei familiari sgomberati dalle rispettive abitazioni in forza delle ordinanze dei sindaci di 13 paesi interessati, per un totale di 493 persone. Il dato è aggiornato a un mese fa e arriva dal Dipartimento della Protezione Civile, impegnata in prima linea per il riconoscimento dello stato di emergenza, ottenuto a marzo 2019 per i primi 6 mesi e prorogato fino al 6 marzo 2020: quel giorno la fase dell’emergenza sarà terminata.

Nel frattempo però ci si è attivati per un rientro più veloce nelle case. Per la prima volta in Italia si è assistito a una misura straordinaria per facilitare il ritorno a casa dopo il sisma. L’ordinanza del capo del Dipartimento della Protezione Civile infatti ha previsto un rimborso fino a 25mila euro per “danni lievi” per il ripristino dell’abitazione principale.

Entro ottobre, novembre al massimo, le persone che hanno fatto richiesta per il contributo straordinario di 25mila euro potranno rientrare a casa, dicono dagli uffici della Protezione Civile, dove si è al lavoro anche la settimana di Ferragosto perché la macchina dell’assistenza non si può fermare. Fa eccezione Acquaviva dove c’è stata la prima famiglia del Molise che è rientrata a casa dopo il terremoto. Secondo quanto riferito dal sindaco Francesco Trolio altri due interventi da 25mila euro sono quasi al termine.

“Una ordinanza che sta funzionando – il commento del capo dipartimento – e che consentirà un risparmio anche in termini economici perché sostituisce l’autonoma sistemazione”, come si legge sulla norma pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio scorso. Una misura che ha una copertura economica di 2 milioni e mezzo.

Sono arrivate 87 istanze, relative ad altrettante situazioni condominiali. Ne beneficiano 89 famiglie e 9 attività commerciali. Questo il dettaglio: 22 richieste a Guglionesi, 24 a Larino, 15 a Montecilfone, 11 a Palata, 8 ad Acquaviva, 3 a Castelmauro, 2 a Tavenna, una a Montemitro e una a Morrone.

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Altri 2 milioni e 700mila euro disponibili, ai quali aggiungere 7 milioni e 250mila euro promessi, coprono invece tutta la durata dello stato di emergenza, ovvero il contributo per l’autonoma sistemazione, dato alle famiglie che hanno avuto danni maggiori. In questa somma rientrano anche i lavori al serbatoio di Montecilfone, inizialmente considerato pericolante, e a palazzo Vernucci a Guglionesi.

Per il serbatoio inizialmente si pensava a un abbattimento immediato, ma i tecnici e gli ingegneri hanno poi approfondito la situazione valutando il suo recupero con l’adeguamento sismico. Sono stati stanziati 250mila euro, e i lavori stanno per cominciare. Così come dovrebbero cominciare i lavori di messa in sicurezza del palazzo Vernucci di Guglionesi, che ha causato un danno involontario ai 40 nuclei familiari che abitano nel perimetro cosiddetto del crollo, sgomberati per motivi di sicurezza. In questo caso sono 300mila euro i soldi a disposizione per l’intervento, che subito dopo l’estate dovrebbe partire. “Speriamo che per Natale sia finito tutto, ma ci crediamo poco…” commentano alcuni residenti, sfiduciati per il ritardo, imputabile ad approfondimenti geologici richiesti anche nel tentativo di salvare l’edificio, che hanno le case sotto la minaccia di quel palazzo di 5 piani.

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Poi c’è la ricostruzione, quella che interessa le case gravemente lesionate, gli edifici pubblici, le chiese, le seconde abitazioni. La cifra stimata per ristrutturare e adeguare sismicamente gli edifici compromessi dal terremoto, fra quali ci sono anche le scuole, ammonta a 39 milioni di euro. Ma si tratta di denaro che non può essere gestito dalla Regione né tantomeno dai Comuni: deve avere piuttosto il suo referente in un Commissario straordinario che però il Governo centrale non ha ancora nominato. E, con la crisi politica in atto, il rischio è che la nomina possa tardare ancora, e protrarsi a data indefinita l’inizio della ricostruzione.

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