Campobasso

Vandali infieriscono sulla torre di Delicata Civerra: quando l’inciviltà è un peccato capitale

Largo Michele De Nigris: danneggiamenti al vetro della costruzione, simbolo della storia e della cultura popolare del capoluogo. Un’azione barbara consumata proprio a due passi dalla chiesa di San Bartolomeo, lungo la scalinata affacciata sul suggestivo scorcio panoramico. Un’offesa che non rende onore alla storia e alla cultura popolare del capoluogo, né alla sua gente.    

“La madre degli imbecillì è sempre incinta”. L’illuminata aura della saggezza popolare incarna forse la silloge migliore per dipingere quanto accaduto nel cuore più prezioso della città: il centro storico. 

Proprio lì, dinanzi ad uno dei luoghi più rappresentativi della storia e del patrimonio culturale di Campobasso, i vandali di turno hanno dato prova di tutta la loro proverbiale stoltezza sfogando inquietudini e frustrazioni contro la torre di Delicata Civerra. 

Un abominio, un’indecenza. Un peccato capitale. Un insulto al buonsenso, alla civiltà, alle leggi degli uomini. E a quelle del cuore. 

Perché insultare, vilipendiare, stuprare la bellezza e la preziosità – affettiva e storica – di certi monumenti equivale a ignorarne il valore, a tracciare nella carne viva di questa città e di un immaginario collettivo comune una ferita profonda. 

Lo sfregio – che in realtà affligge la struttura ormai da un po’- è rimbalzato in queste ore anche nella piazza mediatica dei social network, scatenando rabbia e commenti indignati: c’è chi condanna aspramente l’accaduto, chi auspica anche in quella zona l’impiego di telecamere, chi chiede più controlli. 

Quello accaduto in largo De Nigris, lungo la scalinata della chiesa di San Bartolomeo, teatro di tenerezze innocenti e dolci promesse, non è dunque soltanto un atto sconsiderato: è il linguaggio dei vigliacchi, è la maleducazione che glorifica se stessa, è la banalità dell’insoddisfazione, l’effige di un’ignoranza onnivora. 

Un gesto amaro, vile; uno schiaffo alla coscienza di chi si sente inevitabilmente figlio e amante di questa città: piccola patria troppo spesso bistrattata. 

Perché Campobasso va difesa, così come un figlio difenderebbe sua madre. Persino dal “furore matricida” di chi non comprende che offendere la propria terra è puntare un’arma contro se stessi.

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