Ospedali smantellati

Sanità pubblica a pezzi, si va verso la privatizzazione: Cattolica e Neuromed investono in BassoMolise. In programma anche una clinica per i parti?

Ieri mattina la bozza del nuovo Piano Operativo Sanitario non è stata presentata da Agenas, che ha funzioni di controllore eppure ha ricevuto dal Commissario straordinario l’incarico di fare il Pos 2019-2021. Un ritardo inspiegabile, mentre si lavora a un disegno che prevede un solo ospedale in Molise: il Cardarelli. E che fine hanno fatto le garanzie ottenute dalla Regione Molise (epoca Frattura) di un hub e due spoke, che possono garantire la rete delle urgenze? Nel disinteresse apparente, si apre la strada allo smantellamento progressivo del San Timoteo di Termoli. La chiusura del punto nascita solo primo passo, forse anche per testare la “resistenza civile”. E all’orizzonte il progetto di cui si sa ancora poco: potenziare i servizi privati anche con una clinica parti.

Ieri mattina la bozza del nuovo Piano Operativo Sanitario non è stata presentata da Agenas, che era atteso ieri, almeno in forma di bozza. E invece il Piano Operativo Sanitario 2019-2021, sul quale l’attenzione di tutti è puntata per capire che fine farà la sanità molisana – e in modo particolare quella bassomolisana – non è arrivato. Un ritardo non giustificato, visto che lo strumento è essenziale per definire la riorganizzazione dei presidi ospedalieri e che lo sta redigendo l’Agenas.

Il commissario straordinario Giustini infatti a fine marzo ha approvato la convenzione con l’ente pubblico vigilato dal Ministero della Salute per rendere “il sistema sanitario sostenibile e capace di gestire situazioni di elevata complessità clinica e organizzativa”. Una scelta, quella di affidare la redazione del Pos (che attualmente il Molise è in regime di proroga) che per il segretario regionale del Partito Democratico Vittorino Facciolla costituisce una “scelta pericolosa, dal momento che Agenas è un’agenzia esterna che funge da controllore. Ecco perché – chiarisce – ho detto che è un po’ come affidare le pecore, quindi i molisani, al lupo”.

In ogni caso il Piano non è ancora arrivato e non è possibile dunque capire se le linee guida rispetteranno quanto è stato messo nero su bianco alcuni anni fa negli atti del Ministero, ovvero la possibilità per il Molise, che nel 2018 era riuscito a rientrare dal deficit sanitario (con la Giunta di Paolo Frattura) di avere un modello ospedaliero con un ospedale unico di primo livello ma due spoke, quelli di Isernia e Termoli, dotati di reparti e posti letto.

Una possibilità della quale è il Molise ha beneficiato malgrado le restrizioni e le limitazioni imposte del decreto Balduzzi proprio perché si era arrivati all’azzeramento dei debiti sanitari. L’atto aziendale apriva al modello a raggio: tre ospedali ognuno caratterizzato da reparti specifici e specializzati. Dunque il Cardarelli per Campobasso, il San Timoteo per il Basso Molise e il Veneziale per l’area pentra integrati fra di loro e integrati con le strutture private alla luce della fusione tra Cardarelli e Cattolica, di cui negli anni scorsi si è parlato moltissimo.

 

Ora la domanda è: che fine ha fatto l’integrazione pubblico-privato? E l’Hub e due Spoke sono ancora premessa essenziale del piano operativo sanitario oppure, come qualcuno teme, sono stati dimenticati a favore dell’ospedale unico e della trasformazione, non dichiarata ma già evidente con lo smantellamento del Punto nascita del San Timoteo, degli ospedali periferici in punti di Pronto soccorso e ambulatori?

 

Bisogna capire proprio questo, ecco perché il piano operativo sanitario nei prossimi tre anni è fondamentale. Di sicuro, se si analizzano esclusivamente i numeri e si prenderà in considerazione il debito da 20 milioni di euro nuovamente certificato dal Ministero qualche mese fa, è legittimo ipotizzare che l’Agenzia possa bypassare i 3 ospedali “agganciati” tra di loro mettendo in conto un solo ospedale, che significherebbe la morte per il San Timoteo e il Veneziale.

E’ una differenza fondamentale, attraverso la quale passa la sopravvivenza di reparti come pediatria, ginecologia, ortopedia. Nel piano operativo scaduto ma in proroga il punto nascita del San Timoteo c’è, e chiuderlo con decreto equivale a mettere in pericolo la vita delle pazienti bassomolisane, come ha scritto alla Procura della Repubblica di Larino il medico Giancarlo Totaro e come metterà in evidenza un ricorso in urgenza per chiedere la sospensiva dell’atto firmato da Giustini sottoscritto da alcune donne partorienti che sarà depositato proprio in settimana.

Questo perché contestualmente al blocco dei ricoveri non è stata organizzata una rete per le urgenze. Se una donna ha un parto difficile, nel quale gioca un ruolo determinante il fattore tempo, dove va? Come può arrivare al Cardarelli o Vasto in poche decine di minuti?

 

A preoccupare è anche la concreta possibilità che dietro la progressiva sottrazione di facoltà decisionale al Molise ci sia un disegno ben preciso che privilegia la privatizzazione della sanità. Nessuno ne parla con chiarezza, solo accenni e in alcuni casi ventilate indiscrezioni. Ma è un dato di cui sono al corrente anche i politici e i rappresentanti istituzionali del territorio che la Fondazione Cattolica, già presente a Termoli con un Centro medico Specialistico inaugurato a gennaio scorso, intenda ampliare i servizi e ingrandirsi. Non è un mistero nemmeno che il Neuromed dell’europarlamentare Aldo Patriciello, fiore all’occhiello della neurologia e della chirurgia neurologica con sede a Pozzilli, possa “sbarcare” anche in Basso Molise. Si parla addirittura di una location già individuata tra Termoli e Campomarino, sebbene informazioni definitive non ve ne siano. C’è invece un progetto, per ora ancora vago ma che alla luce di quanto appena accaduto, cioè della chiusura del Punto nascite, potrebbe acquistare forza e concretezza. Si tratta della possibilità di aprire una clinica ginecologica con possibilità di effettuare i parti, sia quelli naturali che i cesarei.

 

Sicuramente la distruzione della sanità pubblica favorisce i privati e apre nuovi sbocchi clinici sul territorio. Il sospetto che dietro il silenzio che accompagna questi progetti ci sia un disegno ben preciso è fondato, anche alla luce del recente report della Fondazione sullo stato del Servizio sanitario Nazionale. “Troppi Lea garantiti solo sulla carta, sprechi, inefficienze e chiari segnali di privatizzazione rendono infausta la prognosi del servizio sanitario nazionale”. Senza un adeguato rilancio il disastro sanitario, sociale ed economico è dietro l’angolo, ma negli ultimi 10 anni nessun esecutivo ha avuto il coraggio di mettere la sanità pubblica al centro dell’agenda politica, né i cittadini sono mai scesi in piazza.

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