Il caso

Perseguitato in Mali dallo zio, scappa in Italia. Il giudice di Campobasso gli riconosce la protezione

Il 26enne ha subìto violenze e minacce, poi è fuggito ed è arrivato sulle coste della nostra penisola dopo un viaggio durato sette mesi. Il Viminale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, ma il giudice Previati ha accolto la richiesta di protezione perchè tornando in Mali potrebbe subire "un grave danno" alla luce di una situazione "allarmante" e dei conflitti interni al Paese di origine. A difendere il ragazzo gli avvocati della Casa del Popolo di Campobasso.

In Italia è sbarcato il 24 ottobre 2016. Ossia sette mesi dopo l’inizio della fuga dal Mali, il suo paese di origine.

A.S., 26 anni, è scappato il 10 aprile 2014 (di giovedì, così come lui stesso tiene a precisare) dalla sua città e da uno zio che lo perseguitava. Oltre alle violenza fisiche e psicologiche, c’erano le minacce di morte. Il giovane aveva perso il padre nel 2002 e da quel momento è iniziato il rapporto conflittuale con la famiglia che accusava la madre: era cristiana e non musulmana.

E’ sopravvissuto all’inferno dei lager in Libia, poi l’arrivo in Italia fino alla destinazione a Campobasso, nel centro di accoglienza di contrada Tappino.

Ha chiesto al Ministero dell’Interno la protezione internazionale. Richiesta che gli era stata negata dalla Commissione territoriale, secondo la quale non c’erano i presupposti necessari alla concessione. Qui inizia la battaglia legale di A.S. che, sostenuto legalmente dagli avvocati della Casa del Popolo di Campobasso (Anna Falcone,Caterina Ciaccia, Mimmo Farina e Michela Zampini), ha presentato ricorso al Tribunale di Campobasso che ha riconosciuto il suo diritto ad ottenere quella che tecnicamente si chiama “protezione sussidiaria”.

Il giudice Barbara Previati, infatti, ha ravvisato il pericolo di un ritorno in Mali, dove rischia la vita riconoscendo “la situazione di instabilità e tensione del paese di provenienza, accertato che sussistono situazioni di grave conflitto interno, legati alla presenza di numerosi gruppi terroristici, ha ritenuto di accogliere la domanda proposta dal ricorrente volta al riconoscimento della protezione sussidiaria” (Decreto del Tribunale di Campobasso del 3/06/2019).

Il giudice ha chiarito che “in Mali, l’attuale situazione socio-politica esistente è caratterizzata da una forte instabilità, e tenuto conto della presenza di gruppi terroristici ramificati sul territorio, ha ravvisato che il richiedente tornando in Mali possa subire un grave danno perché detta situazione appare di per se allarmante“, ritenendo ancora che “in base ai resoconti più recenti sulla situazione del paese, sussistono i presupposti applicativi dell’art. 14 lett. c) del Decreto Legislativo 251/07, ravvisandosi una situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato interno, così come identificata dalla corte di giustizia europea con le sentenze Elgafaji del 17 febbraio 2009 e Diakitè del 30 gennaio 2014.”

“Parlare di immigrazione e di migranti – riferiscono dalla Casa del Popolo – è oggi più che mai attuale. Il fenomeno migratorio non è però esclusivamente contestazione, o interpretazione legislativa. Bisognerebbe sempre ricordare che si tratta di persone che portano una storia con loro”.

A. S., non è solo “un ragazzo buono e gentile” come lo hanno definito gli stessi operatori della struttura che lo ospita, ma parla un buon italiano ed è istruito: “Ha frequentato le scuole in Mali, dalle elementari alle superiori proseguendo anche con un anno di università (ha frequentato la Facoltà di Giurisprudenza). In Italia ha frequentato diversi corsi di alfabetizzazione italiana, ed ha conseguito la licenza media”.

Godrà della protezione sussidiaria per i prossimi cinque anni e sarà trasferito in un centro di accoglienza di Corato (in provincia di Bari).

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