La polemica

“Affondate la Sea Watch”, il prof finito su tutti i giornali: “Non mi hanno capito, ma ho detto quello che pensavo”

Intervista al professore dell'Università del Molise finito al centro della bufera mediatica dopo aver pubblicato un post in cui sosteneva la proposta di Giorgia Meloni di affondare la nave. A Primonumero spiega:" Non è giusto accusare di intenzioni che non c'erano o valutare la vicenda leggendo un post che è qualcosa di estemporaneo e che si scrive utilizzando un linguaggio ironico. Se sono stato equivocato? No, è stata data un'interpretazione tendenziosa al mio post".

Di lui ne stanno parlando i giornali di tutta Italia, ha ottenuto la solidarietà della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e sul suo conto ha scritto un articolo anche l’ex ministro di Forza Italia Gaetano Quagliarello. Marco Gervasoni, il docente dell’Università del Molise,  intellettuale e ospite di programmi tv (su La7, ad esempio) come opinionista, è al centro di una ‘bufera’ mediatica da circa 24 ore. Ossia da quando ha scritto sui social network che “ha ragione Giorgia Meloni, la Sea Watch va affondata. Quindi Sea watch bum bum, a meno che non si trovi un mezzo meno rumoroso?”.

Una frase che ha sconcertato una parte dell’opinione pubblica e suscitato la reazione dell’associazione partigiani del Molise che hanno chiesto all’Unimol di prendere provvedimenti.

L’Ateneo molisano ha preso le distanze dalla vicenda con una nota in cui, anche se non si fa esplicito riferimento al professore di storia contemporanea, puntualizza che “non si identifica nelle posizioni politiche di nessuno dei suoi docenti. Dei propri docenti rispetta la libertà d’opinione ma li richiama, come recentemente avvenuto, al rispetto dei valori costituzionali e ad atteggiamenti consoni alla deontologia del docente universitario, che deve offrire strumenti conoscitivi per comprendere e affrontare, anche con vedute divergenti, la complessità di situazioni nelle quali si intrecciano e confliggono interessi contrastanti e differenti piani normativi”.

E lui, il diretto interessato, non ha voluto rispondere alla puntualizzazione dell’Ateneo, ma ha ammesso di non aver sentito “nè il rettore nè altri colleghi” da quando si è sollevato il polverone dell’Anpi. “Io ho scritto quello che pensavo all’interno della mia pagina Facebook“, ha dichiarato a Primonumero che oggi pomeriggio lo ha raggiunto telefonicamente per una intervista.

Non pensa di aver utilizzato delle parole troppo forti?

“Il discorso era abbastanza chiaro per chi non ha intenzioni strumentali o secondi fini e si riferiva alla proposta di Giorgia Meloni all’interno di una rassegna che faccio tutte le mattine e nella quale commento gli articoli più rilevanti dal mio punto di vista. In questo caso, parliamo di un articolo pubblicato da Libero e nel quale Giorgia Meloni spiegava le sue ragioni – dopo il sequestro della nave e successivamente all’iter della magistratura – sulla Sea Watch. Un’opinione che io condivido. Poi è chiaro che la contrazione delle parole che avviene su Twitter e anche su Facebook, che è la particolarità e il pericolo della comunicazione social, porta a un’ambiguità che effettivamente può ingenerare una interpretazione legittima di altre persone che possono sentirsi colpite o offese. Queste sono le regole della comunicazione social, ci sono polemiche continue tra i vari esponenti politici proprio per quello che viene pubblicato sui social. Ad ogni modo, un post non va confuso con un articolo di giornale, con un trattato scientifico o con un’intervista: ogni mezzo di comunicazione ha le sue regole. Quindi non è giusto accusare di intenzioni che non c’erano o valutare la vicenda leggendo un post che è qualcosa di estemporaneo e che si scrive utilizzando un linguaggio ironico”.

Quindi crede di essere stato equivocato?

“Più che equivocato (perchè sembra che io mi penta) è stata data un’interpretazione tendenziosa del post. E’ stata certo una dichiarazione forte, netta che può aver offeso qualcuno”.

“Se mi sento censurato? No. Magari all’Anpi piacerebbe avere i mezzi per impedirmi di parlare, ma fortunatamente non ce li ha. Certo, credo che ci sia una vocazione alla censura da parte dell’Anpi che io di certo non avevo chiamato in causa”.

Oggi pomeriggio il professore ha espresso il suo pensiero con un altro post. A suo dire, i finanziamenti pubblici all’Associazione partigiani dovrebbero essere eliminati perchè “non ha più una sua funzione, i partigiani sono quasi tutti morti. L’Anpi si è trasformata in una associazione che fa politica e si comporta come un partito, intanto riceve fondi dal Ministero per i Beni culturali e da altri enti pubblici come se fosse un’associazione culturale. Io lo trovo discutibile perchè poi un’associazione culturale non chiede di prendere provvedimenti contro professori dell’Università che le sono sgraditi”.

Lei cosa pensa realmente della vicenda ‘Sea Watch 3’ e dell’arresto di Carola Rakete?

“Innanzitutto un arresto non equivale ad una condanna. Ma c’è stata una violazione delle acque territoriali e all’alt della Guardia costiera e della Guardia di Finanza. Poi vedremo cosa decideranno i magistrati. Intanto è la terza volta che questa nave vìola le leggi italiane. So che parlare di affondamento è un’immagine forte… Ad ogni modo non stiamo parlando di Procure ultrasalviane, ma di magistrati che hanno compiuto anche indagini a mio parere abbastanza discutibili. E se il magistrato ritiene che ci sia stata una violazione della legge, ci sarà un processo”.

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