Guglionesi

Risate e radici comuni, il dialetto diventa un grande show. “La Maga” è un evento da tre pienoni al teatro

Seicentottanta spettatori spalmati sui tre spettacoli messi in scena nel fine settimana. Ma solo perché non è stato possibile aggiungere altre date alla commedia “La Maga” della compagnia dei Di(a)lettanti che, a partire da sabato sera, giorno della “prima”,  ha confermato le previsioni di successo dello spettacolo.

Se ci fossero state altre repliche, come molti auspicavano, il Teatro Fulvio (bellissimo gioiello culturale che Guglionesi può vantare) si sarebbe riempito ancora. I biglietti sono andati a ruba già settimane fa: impossibile accaparrarsene uno all’ultimo minuto. Tutto esaurito quindi già da un pezzo per i due spettacoli serali (sabato e domenica 8 e 9 giugno) e per quello pomeridiano di domenica.

Le aspettative non sono state deluse. Dopo “Veglia funebre” e “la Dote” anche “la Maga” ha fatto il botto, conquistando un pubblico traversale, fatto di ragazzi, giovani, famiglie, anziani. Tutti accomunati dalle stesse radici, che attraverso un’ora e mezza di spettacolo in vernacolo (due atti), nella lingua dei nonni e degli avi, tramandata di generazione in generazione, hanno applaudito senza risparmiarsi e, sempre senza risparmiarsi, hanno riso.

Perché i Di(a)lettanti hanno questo talento: fanno ridere. Non solo per il ritmo trascinante, l’ambientazione tipica e la tipologia di battute popolari, ma anche perché sono a loro volta caratterizzati da una chiara matrice guglionesana. E in loro la gente si specchia, si ritrova, ritrova il passato e il presente, riscopre l’identità che lega la popolazione. Potere di una lingua esclusiva che non appartiene a nessuno tranne che a Guglionesi e alla sua comunità, e che inevitabilmente funge da collante al di là dei rapporti, delle famiglie, delle amicizie.

Una commedia divertentissima quella messa in scena sul palcoscenico del Fulvio, e una ambientazione ricostruita in modo strepitoso dalle scenografie di Rocco Pelusi, nei panni anche di attore insieme con Teresa Arielli, Luigi Pollice, Francesca Scarpone, Marina Scarpone, Marianna Macarlino, Angela D’Auria, Marina Scarpone, Antonietta De Marinis, Lidia D’ercole, Fabio Marcantonio.

Coordinati e “educati” dal regista Simone D’Angelo, più che le volte precedenti sono stati capaci di calarsi alla perfezione e con grande convinzione nei panni dei tanti personaggi caratteristici di una Guglionesi che oggi non esiste più ma sopravvive nei racconti orali e anche scritti. “La Maga” infatti è tratta dal libro  “Veglia funebre ed altri racconti” del professor Domenico Aceto, riadattato a tre mani dall’autore, Adele Terzano e Licia Lemme, che ha anche curato la traduzione dall’italiano al dialetto della storia, in cui si intrecciano diverse situazioni che offrono innumerevoli spunti di comicità.

Efficacissima la caratterizzazione dei personaggi, dal bracciante alla signora con la puzza sotto il naso, dal dottore di paese all’assistente della maga fino alla maga stessa, Seppella, che come una sibilla cumuna in salsa paesana realmente esistita, alla quale uomini e donne si affidavano per avere la soluzione a problemi di salute, d’amore, di fortuna. Nella sua casupola si alternano i “pazienti” in cerca di consigli, fatture e miracolose guarigioni che barattano con salsicce, prosciutti e forme di cacio e che danno vita a una vasta gamma di tipi, tutti diversi ma partecipi al trionfo finale della superstizione sulla medicina e qualche volta anche sul buon senso.

In un contesto irresistibile, tra equivoci e battute veraci, il dialetto mette in luce i valori e le emozioni di una cultura, coinvolge gli spettatori, fa svagare senza perdere di vista la tradizione e i valori identitari, e originando una forma di spettacolo genuina attraverso una lingua vissuta e decisamente concreta.

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