Campobasso

Dopo la rivolta dei detenuti: “Condizioni di lavoro indegne per la Polizia Penitenziaria, quel reparto va chiuso”

Sono passati meno di quattro giorni dai drammatici momenti vissuti all’interno della Casa Circondariale di Campobasso a seguito della sommossa posta in essere da un gruppo di detenuti.

“Siamo costretti a tornare sull’argomento perché, dopo i fatti accaduti, le condizioni di lavoro del personale impiegato nel reparto interessato dai disordini sono davvero inaccettabili tanto per questioni di salubrità ambientale quanto per ragioni più strettamente connesse alla sicurezza”. A dichiararlo è il Segretario Generale del Sindacato Polizia Penitenziaria “S.PP.” Aldo Di Giacomo che così prosegue: “Dopo quattro giorni dall’avvenuta sommossa, nessuno dei vertici dell’amministrazione penitenziaria si è preoccupato di verificare in quali condizioni versa il reparto interessato dai disordini”, l’accusa di Di Giacomo.

“È bene sapere che i facinorosi hanno dato fuoco a materassi e suppellettili e chi i roghi sono stati appiccati non all’interno delle camere detentive (celle) ma nel corridoio della sezione, nell’immediata vicinanza del cancello di sbarramento di ingresso, cancello che a seguito delle elevate temperature raggiunte si è deformato. Va evidenziato che i facinorosi nel corso dei disordini hanno letteralmente distrutto l’ufficio in uso alla Polizia Penitenziaria e con esso tutti i sistemi di video sorveglianza del settore, hanno inoltre distrutto il bagno in uso al personale di Polizia Penitenziaria”.

A detta del numero uno del sindacato quanto accaduto sta ad evidenziare “che il personale operante è costretto a svolgere le proprie mansioni in condizioni indegne, non ha la possibilità di fruire di un ufficio per detenere tutti gli atti e le disposizioni – anche quelle riservate -, non ha la possibilità nel corso dello svolgimento del servizio di poter fruire dei servizi igienici”.

Critica più che mai ora la situazione: “All’interno del reparto, a causa degli incendi appiccati dai detenuti le mura risultano ancora annerite, ma per chi gestisce la struttura e per i vertici dell’amministrazione – che nemmeno hanno voluto personalmente rendersi conto dei disastrosi effetti prodotti dalla furia distruttiva dei detenuti – tutto è a posto, come per loro è a posto anche la presenza di fili elettrici divelti e penzolanti che rappresentano un grave rischio per l’incolumità del personale”.

Dura la reazione di Di Giacomo che dichiara “Noi non ci stiamo”, riferendosi al trattamento degli uomini e delle donne della Polizia Penitenziaria che non esita a definire “bestie da macello, vittime scarificali di un sistema ormai allo sbando, senza regole certe, dove l’unica preoccupazione è tutelare e garantire diritti ad efferati criminali che, con le azioni poste in atto, hanno dimostrato che le regole dello Stato proprio non le voglio accettare e rispettare”.

E conclude: “Noi chiediamo che lo Stato, tramite le proprie articolazioni, rispetti i diritti di chi ad esso dedica la propria vita mediante il proprio lavoro, lavoro difficile, spesso non apprezzato, svolto in silenzio e lontano dai riflettori mediatici. Chiediamo all’amministrazione penitenziaria di essere la prima garante dei diritti del personale di Polizia Penitenziaria, di mostrarsi almeno in gravi situazioni come quella di Campobasso e, almeno per una volta, madre e non matrigna. Il Reparto dove sono accaduti i gravi eventi del 23 maggio deve essere chiuso, il personale di Polizia penitenziaria non può essere impiegato in servizio ed obbligato a svolgere la propria opera in un ambiente malsano e privo di sicurezza”.

Il segretario generale del sindacato S.PP. giovedì 30 maggio sarà nuovamente presso l’istituto penitenziario di Campobasso per verificarne le condizioni.

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