Lo sguardo di monica vignale

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

afFondo/7. La strana parabola di Otorino: era il reparto che faceva più soldi e si poteva salvare, invece è stato chiuso. Un altro caso-limite nella sanità bassomolisana, davanti al quale la politica è rimasta in silenzio, è rappresentato dall’unità operativa di Otorinolaringoiatria, che fino al 2015 rendeva 700 euro al giorno per posto letto e tra ricoveri e ambulatori produceva 2,5 milioni di euro l’anno. Si è invece scelto di “uccidere” una specialistica che funzionava meglio delle altre con il pretesto di bloccare i doppioni, mentre permangono per esempio due unità operative di chirurgia vascolare che distano 100 metri l’una dall’altra, quelle del Cardarelli e della Cattolica. Perché?

Storia strana, quella di Otorinoaringoiatria di Termoli. Strana perché illogica, in attesa di una spiegazione convincente che non arriva. Reparto che oggi di fatto non esiste più, soppresso in forza di un Piano Operativo che con il pretesto di annientare i “doppioni” ha massacrato uno dei pochi reparti “economici” del Molise. Economici per le casse pubbliche, sia chiaro.

L’unità operativa diretta dal dottor Serafini è riuscita ad avere per anni, tra i reparti di degenza, le performance migliori del San Timoteo. Il calcolo non lo abbiamo fatto noi, ma è dettato da una equazione universalmente valida che moltiplica il valore delle prestazioni sanitarie (il cosiddetto DRG) per ogni posto letto e per ogni giornata dell’anno. Ebbene: nel 2015, ultimo anno prima del Piano operativo 2016-2018, la resa economica per posto letto al giorno dell’Otorinolaringoiatria è stata di 690 euro. La più alta.

Lo certifica la Asrem, quella stessa Asrem la cui dirigenza, in accordo con la politica, ha tuttavia cancellato il reparto tenendo in piedi realtà assai meno efficienti e redditizie. Per non dire veri e propri doppioni. Come la Chirurgia vascolare. Ce ne sono due che distano poche decine di metri l’una dall’altra, rispettivamente alla Cattolica e al Cardarelli di Campobasso. Il particolare che uno dei due responsabili si chiami Iorio di cognome, e sia parente stretto (il figlio) dell’ex Governatore, oggi consigliere regionale è, senza ombra di dubbio, una coincidenza.

Ma tant’è. Così funziona il Molise che solo oggi (dopo anni durante i quali le organizzazioni dei medici, gli organi di stampa e gli organismi governativi hanno allertato su quanto si stava verificando) scopre che mancano medici e che diversi reparti sono in procinto di chiudere. “I nostri amministratori hanno ignorato tutto e adesso ci dicono che in fondo è un problema nazionale” sospirano al San Timoteo, dove si parla sottovoce e di nascosto perché la Asrem fa valere una sorta di norma-bavaglio che espone al rischio di sanzioni chi interagisce con la stampa senza autorizzazione. Certo, che il problema sia nazionale è fuori discussione. Ma è fuori discussione anche che per il Molise il problema è più forte e pressante che altrove. Se da anni in diverse regioni si finanziano posti nelle scuole di specializzazione vincolando il futuro specialista a rimanere per un certo numero di anni in quella regione, da noi questa “ultima spiaggia” è stata avviata – e non si sa con quanto successo – da pochissimo, dopo concorsi rari come mosche bianche e una vera e propria “desertificazione” delle politiche sanitarie che di sicuro non invoglia i giovani a venire o a restare, e davanti alla quale non si possono certo opporre facce costernate e alzate di spalle. Come invece, ahimè, succede.

Del resto, ancora una volta, i vecchi proverbi ci azzeccano. “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, per esempio, pare l’avverarsi di una profezia. In tema con l’argomento, calzante come un guanto di lattice sulla mano del chirurgo che inutilmente cura timpani fracassati. Un reparto strategico, si diceva. Che faceva reddito. Il Piano Ruta, accettato dal tavolo tecnico nazionale e da tutti gli operatori sanitari della regione ma osteggiato dai potentati locali, intendeva salvarlo. Ma, appunto, il Piano Ruta è sfumato e il suo autore, quel Ruta che con l’omonimo politico campobassano condivide solo il cognome, mandato via.

Col Piano operativo 2016-2018, nonostante i giuramenti della politica di governo, l’Otorinolaringoiatria molisana è stata spazzata via. A Termoli sono stati cancellati tutti i posti letto di ricovero ordinario, mantenendo solo 2 posti di day surgery. A Isernia nemmeno quelli, mentre a Campobasso sono stati assegnati 4 posti di degenza ordinaria e 4 di day surgery nell’ambito di una riorganizzazione che doveva realizzare quella singolare creatura mitologica chiamata “ospedale unico” e articolata in spoke, cioè ospedali periferici (Termoli e Isernia), e Hub (Ospedale di Campobasso).

Un riordino sancito dalla legge nazionale chiamata decreto Balduzzi, che prevedeva un certo numero di unità operative per tot abitanti e un certo numero di posti letto: 3 ogni mille abitanti, più 0,7 posti letto di riabilitazione/lungodegenza per ogni bacino d’utenza individuato dell’amministrazione.

Per quanto riguarda l’Otorinolaringoiatria, il decreto Balduzzi prevedeva una unità operativa ogni 150mila-300mila abitanti. Un rapporto che vale anche per altre unità operative, come Urologia. E che vale anche per le strutture private convenzionate e per gli Istituti di Ricerca e Cura. Eppure il Piano ha ignorato questi parametri, o meglio: li ha fatti valere solo per Otorino.

Nel decreto Balduzzi non vengono stabiliti quanti posti letto ogni Unità Operativa debba avere. Bisogna perciò fare riferimento ai dati Istat. I più recenti sono quelli del 2016 che assegnano un posto in ricovero ordinario (non day surgery) ogni circa 17.600 abitanti. Dunque per Otorinolaringoiatria, nell’Ospedale Unico del Molise, ci dovrebbero essere almeno 17 posti letto.

Ce ne sono invece solo 4, tutti a Campobasso. A Termoli sono stati assegnati solo due posti di day surgery (ricoveri giornalieri). Una pezza ce l’ha messa l’ex direttore sanitario (che probabilmente si rendeva conto dell’assurdità del disegno), il quale, conoscendo l’attività e l’appeal per i pazienti che il reparto aveva avuto per anni, ha autorizzato due posti di ricovero ordinario nell’ambito della Chirurgia Generale. Ma il reparto di Otorinolaringoiatria, a Termoli, di fatto non c’è più. E’ la verità, a dispetto di quanto sostengono ancora oggi vertici aziendali che parlano di ridimensionamento. Non è stato un ridimensionamento, è stato un massacro. E la petizione che circola a Termoli da oltre un mese, sottoscritta anche da esponenti istituzionali, ne è la prova: raccolta firme per la riapertura dell’U.O. di Otorinolaringoiatria al San Timoteo.

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Riepilogando: secondo i calcoli imparziali e i numeri secchi la legge nazionale avrebbe obbligato a un maggior numero di posti letto nel reparto e avrebbe di creare due unità di Otorinolaringoiatria, con posti letto sostanzialmente sovrapponibili a quelli presenti prima del Piano Operativo sia a Termoli che e Campobasso. Si è invece preferito uccidere una specialistica che, dati alla mano, funzionava meglio di tutte le altre, dando spazio ad altre meno produttive e addirittura duplicandone alcune, come la Chirurgia Vascolare.

Come si spiega questo comportamento illogico e anti economico? Per caso dobbiamo aspettarci, dopo i ricchi rimborsi extra-budget dati alle strutture private convenzionate, che improvvisamente vengano messi in queste strutture posti ordinari di degenza otorinolaringoiatrici? Che dopo aver strangolato le strutture pubbliche esistenti si apra la strada alla privatizzazione completa della sanità?

Restano le cifre, a far riflettere. Nel 2015 l’unità di Otorinolaringoiatria di Termoli produceva tra ricoveri ed ambulatori due milioni e quattrocentomila euro. Nel 2018, col Piano in atto, ha prodotto un milione. A Campobasso, dove ci sono 4 posti letto ordinari, le liste di attesa sono lunghissime per via della mancanza di anestesisti.

Come si è arrivati a questo? E perché una dirigenza Asrem che ha potuto disporre di molti soldi per il risanamento della sanità regionale, ottenendo il risultato contrario, è stata riconfermata nel proprio ruolo con tanto di bonus, mentre il Molise è al primo posto secondo l’Istat per malati dimessi fuori regione?

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