L'Ospite

L'ospite

La festa dell’Europa

“Per festeggiare degnamente l’Europa bisogna sentire il dovere di battersi per cambiarla. È questa la sfida che ci attende nei prossimi anni. Quella di riportare l’Ue sulla strada tracciata dai padri fondatori, meno burocratica e più vicina ai cittadini. Se oggi l’Unione fatica a risolvere i problemi che l’affliggono è perché troppo spesso si è sacrificato l’interesse generale sull’altare dei singoli egoismi nazionali. È una verità che va detta in tutta franchezza. L’Europa ha certamente davanti a sé enormi difficoltà e sfide importanti, ma anche grandi risorse e nuove opportunità. I muri, l’individualismo esasperato e le soluzioni nazionalistiche lasciano il tempo che trovano: non è spostando indietro le lancette della storia che consegneremo alle future generazioni una Ue più forte e coesa. Oggi più che mai, nel giorno della Festa dell’Europa, abbiamo il dovere di ricordare che l’Unione Europea non può ridursi al ruolo di semplice comprimaria ed immobile spettatrice di un mondo in rapida evoluzione. È questa la lezione più grande della dichiarazione pronunciata da Robert Schuman sessantasei anni fa all’avvio al processo di integrazione tra Stati europei: un’Unione non soltanto strumento di pace tra i popoli, ma laboratorio permanente di innovazione politica e conquiste democratiche”.

Aldo Patriciello

Europarlamentare

 

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“Questo giorno deve servire a tutti gli europei per ricordare e riscoprire quale capolavoro politico e programmatico, per affrontare le sfide del futuro, fu l’intuizione di grandi statisti, tra cui il nostro De Gasperi, l’Europa Unita. Un’idea, quella dell’Europa raccolta sotto un’unica bandiera, che germogliò, forse nel momento più buio del “Vecchio continente”, immediatamente a ridosso e durante la seconda guerra mondiale; si sviluppò poi nel complesso periodo della “guerra Fredda”; ed ebbe quindi contorni economico-politici più chiari e stabili dopo il crollo del muro di Berlino. Un percorso non certo terminato, se è vero come è vero che le incertezze sul futuro e sulle strategie interne e geopolitiche di quella che oggi chiamiamo Unione Europea sono molteplici. Ma del resto, che il cammino sarebbe stato lungo e complesso, lo preannunciava la stessa dichiarazione del Ministro degli Esteri francese Robert Schuman, il 9 maggio 1950, che rilevava come “l’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Ma forse la soluzione alle incertezze, e quindi la metà del percorso, ieri come oggi, va ricercata e  individuata nelle “realizzazioni concrete”, l’Euro è certo una di queste, che però deve avere anche come conseguenza di “concretezza” la realizzazione di una struttura politica più forte, riconosciuta e partecipata, sia al suo interno che al suo esterno. Realizzazione che deve necessariamente portare ad una “solidarietà di fatto” tra gli stati, tra i popoli, tra i cittadini, tra le istituzioni, tra le economiche, tra i vari strati mondo sociale e quello culturale che compongono la UE.

Dal 1950 ad oggi forze politiche, anche nel nostro paese, definite “euroscettiche”, sono diventate “europeiste”, mentre altre, insieme a importanti strati della popolazione in tutto il territorio europeo, e in quello italiano, sono mutati da europeisti in euroscettici. Dobbiamo capire cosa è successo. Dobbiamo ritrovare l’entusiasmo, la volontà e la lungimiranza, di voler crescere armonicamente e di voler tutelare e promuovere una cultura e una civiltà millenaria che non ha eguali nel pianeta. Dobbiamo ritornare alle origini, dobbiamo far ricorso ai pensieri e alle ispirazioni di De Gasperi, di Schuman, di Adenauer e di tanti altri, nel voler costruire un organismo composto da popoli che nei secoli, ma soprattutto nella seconda guerra mondiale, si erano combattuti aspramente, ma che avevano una radice identitaria comune che li impegnava a dover creare un’era nuova di pace e concordia in cui sviluppare quelle scienze e quelle arti tipiche europee che esaltano l’uomo e lo fanno crescere nel suo percorso nella storia. Quindi, come nel lontano 1950, la ricetta non può che essere più concretezza e più solidarietà tra gli europei.

Per esperienza personale in tante occasioni, e in particolare nell’ambito del progetto “Consiglio a porte aperte”, incontrando i giovani e parlando d’Europa, ho costatato entusiasmo, fiducia e volontà di seguire insieme il tragitto, che fu in parte immaginato nel carcere di Ventotene da Altiero Spinelli, nell’omonimo Manifesto, “per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”. Il cimento, non certo semplice, ma doveroso è quello di riaccendere in tutti gli europei il lume dell’entusiasmo e della speranza in un’Europa giusta, democratica, rappresentativa, moderna, con una forte identità scaturente dalle sue diversità.

 

Salvatore Micone

Presidente Consiglio Regione Molise

 

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Care studentesse, cari studenti, il 9 maggio ricorre la Festa dell’Europa e il miglior modo per celebrare questa grande istituzione è proprio quello di prendere coscienza dei grandi passi in avanti che si sono registrati grazie all’Unione europea. Operazione che va fatta, a mio giudizio, partendo dal chiedersi cosa significhi e cosa comporti far parte di questa grande famiglia.

Come certamente saprete, il 9 maggio del 1950, a Parigi, l’allora Ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, lanciò l’idea di una nuova forma di cooperazione politica per l’Europa.

Si gettavano così le basi per un nuovo corso dell’Europa che fondava – e  tutt’ora fonda – la sua ragione d’essere su quattro libertà fondamentali: circolazione di persone, di merci, di servizi e di capitali.

A partire da quella visione, mattone dopo mattone, si è tentato di costruire un soggetto transnazionale per migliorare la vita delle persone a trecentosessanta gradi. L’Unione europea, infatti, si muove in tutti gli ambiti della vita dei suoi cittadini, ponendo in essere azioni che presentano ricadute positive su di essi.

Promuove, innanzitutto, la pace tra i Paesi membri e all’interno dei rispettivi territori. Non solo. È possibile circolare liberamente, utilizzare una moneta unica, fare acquisti, vivere, studiare, lavorare e andare in pensione in qualsiasi Paese dell’Unione.

L’Unione europea ha creato, inoltre, un Fondo di solidarietà, che raccoglie una quota di risorse da parte di tutti i Paesi membri, da utilizzare in caso di gravi catastrofi naturali.

A causa della vulnerabilità del nostro territorio, l’Italia è stata il maggiore destinatario di questo strumento. Anche il nostro Molise ne ha beneficiato, a seguito del terremoto del 2002.

Questo è quanto l’Unione europea ha prodotto tangibilmente a favore dei suoi 28 Paesi membri.

Vi sono, poi, altri progetti, che daranno i loro frutti a medio e lungo termine: tutelare l’ambiente, rendere l’aria più pulita, combattere il cambiamento climatico, risparmiare energia, garantire la sicurezza del cibo che mangiamo. Tutto ciò, ovviamente, per migliorare la vita delle generazioni presenti e future.

Temi che sicuramente, cari ragazzi, avrete affrontato e discusso con i vostri docenti, ma che oggi vanno richiamati e celebrati nella loro giusta dimensione, affinché ci stimolino a lavorare incessantemente per un’Europa sempre più unita, solidale e pacifica.

L’Europa è il nostro presente e sarà il nostro futuro. L’Europa siete voi. Buona Europa a tutti.

Donato Toma

Presidente Regione Molise

 

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Bisogna evitare a tutti i costi che la ricorrenza di oggi passi sotto silenzio, perché è una data storica che ci riporta a sessantanove anni fa. E’ la data che (fino a qualche anno fa) si celebrava come FESTA DELL’EUROPA.

Il 9 maggio 1950 Robert Schuman, Ministro degli Esteri del Governo Francese, annunziò la necessità di bandire definitivamente le ricorrenti disastrose guerre, con la messa in comune delle risorse del carbone e dell’acciaio, fino agli anni Quaranta del secolo scorso, ragione remota ed occasionale degli eccidi, che avevano sconvolto l’Occidente.

E questo annunzio anticipava la condivisione e l’adesione anche della Germania di Adenauer e dell’Italia di De Gasperi ad una nuova era, che poneva l’obiettivo di mettere le riferite risorse a beneficio dello sviluppo e della crescita dell’intera Europa. La storica dichiarazione di Schuman si apre con la tanto ferma quanto efficace affermazione che “La pace mondiale” va salvaguardata con “sforzi creativi” che mirino alla unione degli stati europei. “L’Europa non si farà di un colpo, né si costruirà tutta insieme: si farà con realizzazioni concrete, creando prima di tutto una solidarietà di fatto”.

Schuman, De Gasperi ed Adenauer sanno bene che il compito è arduo, difficoltoso e pieno di rischi, ma sanno pure che non è data altra strada per mantenere la pace, per cui bisogna procedere con visione alta della politica, con gradualità corale dei partners, con solidarietà costante per le esigenze più sentite e condivisione delle tappe, che consentano il perseguimento degli obiettivi condivisi. Nella richiamata dichiarazione c’è in bozza già il percorso che Schuman prospetta per realizzare il sogno europeo: “L’unione comunitaria della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito lo stabilirsi di basi comuni di sviluppo economico, prima tappa della Federazione Europea e cambierà il destino delle regioni da lungo tempo dedicate a fabbricare armi di guerra di cui esse sono sempre state le vittime più costanti. (…) Questa produzione (…) sarà offerta al mondo intero per contribuire al risollevamento del tenore di vita e al progresso delle opere di pace.”

Obiettivo particolare dell’Europa sarà quello di “(… )perseguire, con mezzi accresciuti, la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano”.

Meraviglia non poco questo punto – evidentemente profetico – perché accennava con parole semplici alla strategia di governo dell’Africa Mediterranea e anticipava di settanta anni la problematica, che oggi scuote il nostro Paese e l’intera Europa. La semplicità – rispetto al problema complesso – risiede nel fatto che, mentre allora il tema veniva prospettato in chiave di sviluppo, oggi è visto solo come problema gigantesco, pericolo immane e incombente, che minaccia di schiacciarci e compromettere il nostro benessere. Sono gli esiti dell’egoismo, quando prende il posto della solidarietà. E, in Europa è la contrapposizione della cultura calvinista a quella cattolica! La data del 9 maggio 1950 merita il festoso ricordo, perché ha segnato la svolta europea verso una economia di pace e sviluppo, il federalismo e crescita della comunità, nella sperabile direzione della realizzazione degli Stati Uniti di Europa! I Padri Fondatori dell’Europa – negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso – hanno esemplarmente coniugato la sovranità statale con il federalismo comunitario e le pratiche di buon governo hanno aperto nuovi orizzonti, che hanno fatto crescere speditamente l’Unione. Se il secolo scorso si è chiuso con successo, non si può dire altrettanto del Nuovo Millennio, che, forse, già dimentico dei disastri della guerra e considerando con improvvida sufficienza i benefici frutti della pace, manifesta propositi di euroscetticismo e di forte di contrapposizione, che suscitano evidenti preoccupazioni e specifici timori, rispetto alle future tappe che ci attendono e siamo necessitati a vincere, per posizionare adeguatamente l’Unione Europea nel Mondo globalizzato. Preme, pertanto, far giungere – soprattutto alle nuove e più giovani generazioni – la raccomandazione di tenere presente che da secoli e per secoli il sogno europeo, basato sulla potenza degli eserciti e delle esibizioni di potenza, non è riuscito a sopravvivere al sovrano del tempo, perché proprio dal tempo sopraffatto.

Per i giovani è facile ricordare di aver studiato i disegni strategici e le vicende militari di Carlo Magno, di Carlo V, di Napoleone, di Hitler ed altri, e come sono miseramente finiti in lotte di successione, in epocali

disfatte, in eccidi contro l’umanità, ecc.! Oggi, invece, senza un esercito europeo [che pur sarebbe utile – a mente della proposta della Comunità Europea di Difesa (CED) non approvata nel 1954 – per ragioni che non è possibile qui spiegare in breve] e senza armamenti portentosi, riusciamo a vivere in pace, sviluppare la nostra economia e realizzare l’aspirazione al benessere, perché la sovranità non viene esercitata e mantenuta con la forza, ma con il consenso democratico, attento alle diversità coniugabili con il pluralismo e la registrazione del consenso esercitato nella collaborazione e solidarietà dei popoli e delle comunità, liberamente concorrenti alla definizione delle linee del governo federale. Non ci sono armi sufficienti ed efficienti per tenere a bada il bisogno di crescita in libertà dei popoli, mentre tutto è possibile se si riesce a promuovere e indirizzare il concorso delle libere volontà verso efficienti norme capaci di coniugare le differenze per farne delle risorse da mettere a disposizione di tutti affinché ciascuno ne tragga elevamento del benessere, dell’economia, della cultura, della storia e della civiltà.

La insoddisfazione che da tempo serpeggia pericolosamente (e particolarmente virulente nella campagna elettorale in corso) e alimenta l’impazienza di raggiungere con immediatezza migliori risultati, per ottimizzare il percorso intrapreso ed adeguarlo costantemente alle insorgenti ulteriori esigenze di cambiamento ed efficienza, non devono farci cadere nella evidente e perniciosa tentazione di tornare alla vecchia storia dell’Europa frammentata o a forme equivoche di sovranismo inconcepibile ed incompatibile nella Federazione Europea. Cadendo questa FESTA nel bel mezzo di una vivace campagna elettorale, che merita attenzione e senso di responsabilità particolari (per tutti noi sufficientemente dotati di capacità critiche e virtù di discernimento, che ci consentono appropriate valutazioni nella ricerca e perseguimento del pubblico bene, cui deve tendere ogni analisi ed espressione di autentica politica, che sa tenere nei giusti limiti gli interessi di partito, privandoli di ogni faziosità) sarebbe colpa grave se ci recassimo ai seggi con animo agitato, pronti ad esprime “un voto a dispetto” (di chi?), indifferenti e non disposti a prefigurarsi gli effetti migliori di un voto, che deve essere sempre espresso con ragionevolezza e per dare un positivo contributo alla costruzione della casa comune italiana ed europea. Come nel 1950 Schuman – nella dichiarazione sopra riportata – raccomandava la graduale realizzazione dell’unità europea, così (nel Corriere della Sera di qualche giorno fa) fa anche l’illustre architetto Renzo Piano, consigliando agli italiani di essere bene attenti nella costruzione della casa comune europea! In sintesi dice che, quando nella costruzione di un edificio, da fare con la sovrapposizione di pietra su pietra, con pazienza e costanza, non si riesce ad appoggiare bene (una pietra), non si sospende per questo il lavoro, né si butta giù il muro realizzato. Bisogna avere la paziente capacità di trovare il modo per proseguire la costruzione e – se del caso – migliorarla, grazie alle difficoltà riscontrate, onde renderla più adatta ai bisogni insorgenti.

La metafora è ben chiara ed eloquente, per cui non richiede commenti! Renzo Piano non lancia uno spot elettorale, ma fa le considerazioni di un architetto che con la sua visione e il lavoro è riuscito a stupire il mondo. L’augurio, per questa FESTA dell’EUROPA 2019 (sessantanovesimo della nascita) è di partecipare con solidale ed efficace concorso alla continuazione della costruzione della casa europea, portando la nostra “pietra”, il nostro voto al miglioramento ed innalzamento della casa comune E’ giusto anche parlare di cambiamento, come le ovvie esigenze di crescita del corpo sociale richiedono a chi presiede e governa le istituzioni sia nazionali che comunitarie. Ma è indispensabile disporre di proposte chiare e definite, tanto da agevolare gli elettori nella valutazione dei percorsi e degli obiettivi proposti da chi gli chiede di essere investito di politica sovranità.

Gaspero di Lisa

Presidente Associazione ex consiglieri regionali

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