Cresce l'ansia

Furgoni spostati in Polonia, paura per 13mila dipendenti Sevel e indotto. Ci sono molti molisani

L'azienda delocalizza la produzione di furgoni nell'Est Europa e mette a rischio il futuro di migliaia di lavoratori. Timori per la mancata chiarezza sul piano industriale della Fca

Se nella Fiat Chrysler Automotive di Termoli si respira un clima di incertezza dovuto alla mancanza di garanzie sul futuro produttivo e sulla tempistica dei nuovi motori FireFly, alla Sevel di Atessa le cose non vanno meglio. La decisione presa dalla francese Psa di delocalizzare in Polonia la produzione di 100mila furgoni Ducato è, secondo il segretario della Fiom-Cgil in Abruzzo Alfredo Fegatelli, un forte campanello di allarme per il futuro di settemila dipendenti, e anche dell’indotto che ne conta altri seimila.

Tra questi sono centinaia se non migliaia i molisani che lavorano nella fabbrica che produce furgoni più grande d’Europa e nelle aziende della Val di Sangro che si occupano, appunto, dell’indotto al servizio di Sevel. La Fiom Cgil  ha manifestato forti preoccupazioni, timori non tanto nell’immediato ma nel breve e medio periodo, entro i due anni.

“Abbiamo sollecitato un incontro col Governo per conoscere le future strategie di investimento che Fiat Chrysler Automotive ha per Sevel e per Termoli”, ha ribadito Fegatelli. “Anche il piano industriale presentato da Fiat a dicembre stenta a decollare. Vogliamo conoscere in modo chiaro investimenti e futuro, anche sulla versione del furgone elettrico, perché si continua a parlare di saturazione di mercato e aumento dei turni produttivi, ma non si discute ancora sul nuovo Ducato”.

È la prima volta che il Ducato viene prodotto in un luogo d’Europa che non sia la Sevel di Atessa. Si tratta di uno spostamento che, per ragioni diverse, costituisce un elemento di grande preoccupazione per il futuro. Fiom-Cgil ha convocato la stampa a Lanciano per sollecitare la politica a fare chiarezza su quanto accaduto dopo l’annuncio della francesca Psa di delocalizzare in in Polonia la produzione di ben 100mila furgoni. I numeri d’altronde non fanno ben sperare, mentre l’azienda torinese non ha mai incontrato il Governo dopo la presentazione, avvenuta nello scorso dicembre, del Piano industriale.

Togliendo Panda e furgoni, il resto dei veicoli prodotti da Fca è in calo. Nel mercato italiano, dove vengono vendute 300mila auto circa, Fiat conta per un quarto. In più, negli ultimi trimestri, c’è un calo complessivo delle vendite. La preoccupazione maggiore è che in assenza di investimenti verrà chiesto ai lavoratori di cambiare le turnazioni, e si andrà verso il raschiamento del barile.

La società francese formata da Peugeot e Citroen in joint venture con il gruppo Fca aveva dato la notizia all’inizio dello scorso maggio annunciando che avrebbe prodotto i furgoni di grandi dimensioni a Gliwice, in Polonia, fino a fine 2021.

“Si è parlato di superata capacità produttiva ma non è stato mai chiarito, almeno finora, se questa notizia è accompagnata da una crescita dei volumi nello stabilimento di Atessa alla luce del piano strategico di Sevel che a tutt’oggi risulta essere il migliore stabilimento per la produzione di veicoli commerciali leggeri in tutta Europa” dicono i sindacati.

 

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