Campobasso

“Operazione Pensa”, in programma una stagione di rapine e violenze: “Così guadagno più di tutta la questura”

I due maggiori indiziati dell’inchiesta condotta dalla squadra mobile e dai carabinieri del Norm stavano organizzando un colpo al “Tabacchino” ma dall’ordinanza emerge anche l’ipotesi di un’incursione al Mc Donald’s. L’avvocato Fazio che difende Andrea Maselli: “Ha ammesso le sue responsabilità senza addebitare nulla ad altri". Silvio Tolesino legale di Michele Di Bartolomeo: “Adesso meglio non parlare. C’è un fascicolo voluminoso da studiare e valutare”.

Nessuno poteva minacciarlo e quindi aveva deciso di “picchiare tutti” per farsi rispettare e diffondere la voce che con lui “nessuno poteva fare il presuntuoso”.

Qualcuno che si era preso “troppa confidenza” lo aveva riempito di “schiaffoni”. E non solo. I pestaggi di cui si è resto protagonista durante le rapine a lui contestate e il saldo dei debiti di alcuni consumatori di cocaina hanno costretto le vittime a chiedere l’aiuto del 118 e del pronto soccorso.

Michele Di Bartolomeo, detto “Pensa”, sul suo futuro aveva le idee chiare: droga e rapine . Lo spiegano nei dettaglio gli agenti della squadra mobile di Campobasso in quasi mille pagine di informativa iniziate ad agosto 2018.

Lo confermano i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile con gli atti d’indagine che hanno elaborato a cominciare dalla rapina accaduta in via Monte Sabotino a danno di una donna brasiliana a gennaio scorso.

Di Bartolomeo è in carcere, assieme ad Andrea Maselli che il proprio coinvolgimento in quel delitto di gennaio ha scelto di confessarlo ai carabinieri accompagnato dal suo avvocato Giuseppe Fazio. Ma su quella confessione la Procura ha nutrito e poi certificato i propri dubbi.

“Mi preme precisare – ha spiegato però il difensore – che Maselli non ha mai utilizzato quella confessione per addebitare colpe ad altri. Non si è confidato ai carabinieri con l’intento di colpevolizzare altri presunti autori di quel reato bensì per definire invece la sua sola posizione in merito a quella precisa circostanza”.

Andrea Maselli, da poco maggiorenne, nell’ordinanza di arresto firmata dal Gip Teresina Pepe appare però come colui che ha “più sete di violenza di Bartolomeo”.

Convinzione alla quale i giudici arrivano ascoltando il tenore di alcune conversazioni tra i due maggiori indiziati. Maselli alimenta la foga di “Pensa” pronto a “governare” Campobasso.  Tanto che oltre ad associarsi all’idea di iniziare in città “la stagione delle rapine”, a partire da quella organizzata “al tabaccaio”, dice anche che però devono “fare qualcosa di più pesante”.  “Abbiamo quella mazzola usiamola” confida a di Bartolomeo al quale chiede quale sarebbe stato “l’effetto di una mazzata in testa” al malcapitato di turno.

Proprio il rischio che potesse reiterare il reato ha indotto il gip a firmare la misura in carcere. Idem per Michele di Bartolomeo per il quale “affari e denaro sono la sua unica preoccupazione”.

Sicuro che con spaccio e rapine stava guadagnando “più di tutti i poliziotti della questura messi assieme”, spiega ai suoi interlocutori che lo accompagnano nei viaggi di rifornimento verso la Puglia o che trascorrono del tempo a casa sua.

 “Chi spaccia rischia tanto e quindi conviene solo se i guadagni sono alti, almeno 200mila euro” e al riguardo lamenta l’inaffidabilità dei consumatori locali quindi la necessità di “mettere un po’ di legge a Campobasso”.

Difeso dall’avvocato Silvio Tolesino, ieri ha già incontrato in carcere il suo legale che però preferisce non parlare sulla vicenda. “Non ora – ha detto poco dopo l’uscita dal carcere – sarebbe prematura qualunque mia opinione al riguardo. L’ordinanza è precisa ma non sufficiente: ho bisogno del fascicolo per avere un’idea chiara e inequivocabile di quanto contestato al mio assistito. Né so dire cosa deciderò in ordine all’interrogatorio di garanzia”.

Ha parlando di “ordinanza dettagliata”, che in una quarantina di pagine bene descrive fatti e misfatti a carico dei sei raggiunti dalle misure cautelari (due in carcere e 4 ai domiciliari) e degli otto indagati a piede libero, tra cui anche la madre e il padre di Michele di Bartolomeo. Il padre lo ha aiutato a nascondere in un muro creato ad hoc 90mila euro provento dello spaccio, la madre invece era solito accompagnarlo nei viaggi di rifornimento perché al 25enne era stata ritirata la patente.

Consapevoli delle attività criminali del figlio, collaborano ad aiutarlo e lui che vuole diventare “un bravo criminale” ammette di essere sulla buona strada grazie alla sua esperienza trascorsa in carcere. Perché chi vuole fare carriera in galera “deve starci almeno un mese”. “A me sei mesi hanno fatto bene”.

E che fosse pronto alla scalata verso il “potere del crimine” lo confermano anche le sue intenzione prossime future:  “Appena compro la pistola la prima cosa che faccio è un buco in fronte a un poliziotto”.

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