Il senatore Fabrizio Ortis aveva annunciato la sua volontà di negare l’autorizzazione a procedere su Salvini alla vigilia del voto online. “Il Ministro degli Interni – ha scritto – ha semplicemente rispettato il nostro contratto di governo insieme al presidente Conte e a tutto l’esecutivo. Non la daremo vinta a chi fa il tifo contro l’Italia e rimpiange Renzi e la sua disastrosa e pericolosa politica sull’immigrazione”. La sua posizione ha avuto la meglio: come lui ha votato il 60 per cento degli iscritti che hanno usato Rousseau per esprimere la preferenza: circa 57mila persone.
Senatore, non crede che con questo risultato la regola aurea del movimento sia stata tradita?
“Alcune regole noi le abbiamo portate avanti anche in relazione alla situazione in cui ci trovavamo, con un Parlamento che cercava di impedire le intercettazioni ai politici che delinquono e di rendere immune che prende tangenti o consuma crimini dal rispondere alla legge”.
Tuttavia la regola di difendersi nei processi e non dai processi è sempre stata un cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, finora non era mai venuta meno anche nel caso di sindaci come Raggi, Appendino e Nogarin.
“La questione è molto semplice: noi restiamo sempre le stesse persone, ma ruoli diversi richiedono valutazioni differenti. Qua non c’è una persona che ha fatto un atto sbagliato e deve essere giudicata, qua c’è tutto il governo che ha deciso di prendere una posizione. Non capisco per quale ragione il tribunale di Catania abbia chiesto l’autorizzazione a procedere solo per Salvini…”
Parliamo di sequestro di persona, Senatore. E del fatto che, come sa benissimo, la responsabilità penale – non politica – è personale
“Ma il governo ne era a conoscenza e infatti il presidente Conte e il vice premier Di Maio come pure il ministro Toninelli si sono auto-denunciati e anche loro ricadranno in questa tipologia di attenzione da parte della magistratura. Ma in questo caso non scatta l’articolo 68, che difende i parlamentari in quanto tali, in quanto persone dotate di un privilegio al quale noi continuiamo a essere contrari. Scatta l’articolo 96, quindi l’equilibrio tra i poteri dello Stato per cui un governo può anche lavorare borderline rispetto ad altre normative se è preminente l’interesse dello Stato”.
Anche rispetto alla carta costituzionale? Crede che la difesa dei confini possa sia davvero una prerogativa del governo?
“Mi sta deviando con questa domanda”.
No, non la devio, perché Salvini è indagato proprio per queste ragioni
“Personalmente ritengo il sequestro di persona funzionale ad altro rispetto a quello che dovrebbe essere la magistratura. Esistono degli equilibri tra poteri dello Stato proprio per evitare ingerenze della Magistratura su chi governa. Ma se è vero che la tutela della magistratura è molto più forte sia della nostra che di quella dei ministri, perché la magistratura non deve essere condizionata dall’esecutivo, è anche vero che l’esecutivo, quando sta lavorando per il benessere dei cittadini, deve portare avanti una linea politica”.
Ha votato in questo modo per tutelare l’interesse superiore dello Stato?
“Si tratta di preservare l’azione di governo da quella che può essere l’iniziativa di alcune procure su cui possiamo non essere d’accordo. Abbiamo questa facoltà costituzionale e la utilizziamo, ma solamente a beneficio di quello che sta facendo il governo, non per garantire l’immunità di un singolo parlamentare o di un singolo ministro”.
In pratica lei sta esprimendo un concetto che è diametralmente opposto a quello che il Movimento 5 Stelle ha sempre sostenuto.
“Il Movimento è cambiato, diciamolo tranquillamente. Io, almeno, lo dico senza problemi. È cambiato in maniera razionale, in questo caso per difendere il diritto di un governo a governare, a fare azioni concrete in un campo che era stato trascurato dai precedenti governi per vari motivi, per questioni ideologiche eccetera”.
Resta che avete sempre detto e ribadito che bisogna difendersi nel processo e non dal processo, E su questo nodo cruciale siete divisi
“Sì, è vero. E questo testimonia la nostra democraticità perché essendo divisi tra stessi parlamentari, tra stessi portavoce, abbiamo deciso di affidarci ai nostri iscritti per non far valere la voce di uno rispetto a un altro. La divisione c’è ed è palese, non glielo posso negare. E continua a esserci”.
È l’anticamera di una scissione interna?
“Che la legge è uguale per tutti è sempre stato un valore fondante, ma proprio quella legge ci consente di valutare in maniera diversa il caso in cui un ministro faccia qualcosa per il benessere del Paese senza superare dei limiti, che chiaramente sono valutati in maniera soggettiva. Io li ho valutati in una certa maniera, altri possono valutarli in un altro modo”.
La magistratura però non valuta in maniera soggettiva ma in base alla rispondenza delle azioni al codice applicativo delle leggi. Siete stati voi a dire che nel momento in cui la magistratura avvia un’indagine indirizzata nei confronti di chi gode di immunità parlamentare, si deve rinunciare all’immunità parlamentare.
“Ci sono due posizioni nel movimento. Ci sono quelli che dicono che questo deve valere sempre e poi quelli come me o altre persone che hanno una posizione più evoluta, e cioè sostengono che debba valere per tutti quando si tratta di un crimine comune, ma quando è preminente l’interesse dello Stato e tale crimine è effettivamente giudicabile in modo soggettivo dalla Giunta per l’Immunità e non è così censurabile, occorra una valutazione di tipo politico, perché io non posso farmi portare per mano da una procura o dall’altra quando sto portando avanti un discorso politico”.
Dunque si sente confortato dal fatto che la maggior parte degli iscritti che hanno votato la pensi come lei?
“Sì”
Non le sembra che questo “soggettivismo” vi renda molto simili agli altri partiti, i quali questi distinguo li hanno sempre sostenuti e avallati?
“No, perché noi saremo sempre d’accordo nel conferire alla magistratura il ruolo di prendere la decisione quando si tratta di crimini comuni o sui comportamenti dei singoli. Ma qua si voleva mettere sotto processo un intero governo sulla base di un teorema giudiziario che io rigetto del tutto. Guardi che non ho preso la decisione a cuor leggero, ma ho valutato l’esigenza di governabilità di un Paese e soprattutto ho valutato il crimine che veniva contestato al nostro ministro”.
Salvini, vuole dire?
“Lui sta facendo quello che è il nostro programma e questo lo voglio specificare. Sta portando avanti il contratto di governo che per quanto riguarda l’immigrazione è sovrapponibile al programma del Movimento 5 Stelle. Se noi fossimo stati al governo da soli avremmo fatto la stessa cosa. Se la Lega fosse stata da sola al Governo non so, probabilmente avrebbe messo in campo azioni più drastiche”.
Ha avuto modo di confrontarsi con i suoi colleghi?
“Certo. C’è chi la pensa come me e chi la pensa come Antonio Federico, per esempio, ma sono dell’idea che se non ci si evolve, se non si ha la capacità di capire alcune sfumature, poi diventa difficile perché alcuni principi potrebbero diventare il grimaldello per smontare il governo su argomenti che ritengo strumentali”.
E a proposito di Antonio Federico, impegnato a Roma nei lavori sull’acqua pubblica, la posizione è completamente diversa. Il deputato pentastellato lo aveva annunciato anche lui su facebook: “Voterò No per dire SI alla autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’interno. Nessuno e in alcuna circostanza può sentirsi mai al di sopra della legge. Non è in discussione la scelta politica, che può piacere o meno, ma piuttosto se si ha davanti a un reato o no. E non può essere la politica a fare questa scelta, non lo abbiamo mai accettato”.
Onorevole Federico, ora però dovete accettarlo. Lei fa parte del 40%, è in minoranza.
“Io credo che questo rappresenti proprio la vitalità del Movimento indipendentemente da quella che può essere la delusione, che chiaramente c’è. Il tema è vivo perché è vivo il confronto, anche se aspro e anche se parte da posizione diverse. Ma non è una gara a chi è più puro”.
Sarà anche vero, ma qui è in ballo il tema fondamentale della immunità, da sempre strettamente collegato al 5 Stelle. Non pensa che questo voto ponga un problema?
“Assolutamente, il principio che abbiamo fatto valere su altre cose, cioè che se deroghi a una regola, la regola non esiste più, come diceva sempre Casaleggio (Gianroberto, ndr) è stato motivo di attacco dai nostri avversari politici. Ora è successo il contrario e ci richiamano comunque. Ne prendo atto”.
Io faccio una domanda secca a lei, ora gli avversari politici non c’entrano. Non crede che sia stata tradita l’anima originaria del MoVimento 5 Stelle?
“Non mi sento depositario di questa verità assoluta, credo che ognuno risponda a quella che è la sua percezione del Movimento e soprattutto all’interpretazione che ha voluto dare a quello che ha proposto. Per quanto mi riguarda non ho tradito nulla, perché se è vero che non si parlava di mazzette è anche vero – e forse qui il passaggio diventa politico – che un governo, un ministro, seppure nella legittimità di portare avanti una iniziativa politica, deve avere dei paletti costituzionalmente riconosciuti. Se va oltre può andare nel campo del penale, dei reati, e non può essere la politica a stabilirlo”.
Secondo lei su Matteo Salvini doveva decidere la magistratura?
“Sì, anche se secondo altri era una scelta politica che interveniva su un interesse superiore. Questa è la differenza e secondo me non c’è un tradimento ma c’è una impostazione diversa. Credo che una analisi sincera e più approfondita avrebbe potuto portare a posizioni comuni anche all’interno del movimento, ma non siamo riusciti a farlo, anche perché in questo caso siamo legati da un rapporto con un altro gruppo politico completamente diverso da noi, per il quale ci manteniamo in piedi sulla base di un contratto e sulla interpretazione di singole parole e frasi scritte in quel contratto”.
Ipoteticamente, ragionando così, non esistono dei limiti all’azione politica
“No, c’è un limite oltre il quale non si potrà andare. Certo, ma per il momento c’è ancora agio politico e io vedo una vivacità nel movimento. Quello che è accaduto non mi fa certo pensare che il movimento sia morto, anzi”.
Non ha mai pensato che questa vivacità posa essere l’inizio di una scissione, di una spaccatura interna?
“Di questo se ne parla da anni, è un tema che fa notizia immaginare una contrapposizione. Ma non è questo l’approccio nel quale io mi sto ponendo da otto anni con il Movimento. Il mio interesse è quello di lavorare per il cittadino molisano e farlo nel solco del mandato che mi hanno dato. Sono un portavoce delle istanze e cerco di farle al meglio, non ho voglia di creare scissioni e spaccature. Non è quello il senso, sono scappato dai partiti di sinistra 10 anni fa proprio per queste ragioni”.
Ammette che ci sono stati una serie di cambiamenti interni sempre più vistosi?
“Sì questo è vero perché siamo in continua evoluzione, e a volte ci siamo confrontati con la complessità del mondo e resi conto che certe cose le potevamo sostenere quando eravamo all’opposizione ma poi quando ci sbatti con la testa ti rendi conto che quello che devi dare ai cittadini sono risposte concrete e realizzabili nell’immediato. Tutto questo comporta dei cambiamenti, che io ritengo anche sani”
Dunque è sano anche questo cambiamento recente rispetto alla immunità?
“Io vedo una situazione precisa nella quale si è deciso di far partecipare gli iscritti per prendere una decisione”.
D’accordo, ma la decisione, alla luce dei vostri valori, non doveva essere scontata?
“Evidentemente non era così scontata, tant’è che l’esito non è stato scontato ma molto combattuto perché è una fattispecie particolare. Io resto convinto che nessuno si possa sottrarre alla legge, ma evidentemente la tesi che ho portato avanti senza grosse remore e pubblicamente non ha convinto altre persone che con me fanno questo percorso”.
Si potrebbe semplificare osservando che per voi la legge non è più uguale per tutti
“Lo è. Ma in questo caso ha prevalso il riconoscimento di una ragione di Stato superiore al principio. La democrazia si è espressa, noi utilizziamo Rousseau anche per scegliere le candidature e ne riconosco l’utilità e la funzione. Non ne faccio un dramma, continuo a lavorare con il Movimento 5 Stelle, ho tanto da fare e non mi guardo indietro con amarezza. Anzi, spero che i momenti di confronto ci possano essere sempre di più su temi così dirimenti”.
Un’ultima cosa: non crede che nel momento in cui si diventa una forza di governo, chiamata ad amministrare e a prendere delle decisioni, si cambi inevitabilmente?
“Uno dei messaggi diretti che Di Maio ha dato l’altro giorno con la sua lettera aperta è proprio questo: dobbiamo iniziare a radicarci sul territorio in maniera diversa, perché abbiamo dei Ministeri ma non abbiamo presidenti di Regioni, non abbiamo sufficienti sindaci o assessori, e questo crea un problema importante. È una delle differenze principali con la Lega, nonché un tema sul quale riflettere. Io credo che sia importante rafforzare la formazione di una classe dirigente del Movimento, e per formazione non intendo scuola politica ma azione all’interno delle amministrazioni, per essere più incisivi nelle elezioni amministrative”.
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