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Cinghiali, danni per mezzo milione di euro solo nel 2018. Regione corre ai ripari per evitare una valanga di risarcimenti

Coltivatori e automobilisti contro la Regione Molise per i disagi causati dai cinghiali: solo lo scorso anno si è stimato che tra colture devastate e macchine distrutte i danni ammontano a mezzo milione di euro. Se da un lato c'è chi aspetta da anni un indennizzo perché è la legge che lo prevede, dall'altro c'è chi, per far valere i suoi diritti, ha dovuto avviare un'azione legale. E alla fine ha ottenuto più di 16mila euro di rimborso. La Regione sta studiando diverse misure per evitare di dover sborsare centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici in risarcimenti: dalla caccia di selezione alla polizza contro i furbetti che gonfiano le fatture e poi presentano il conto agli uffici di via Genova.

C’è chi aspetta di essere ripagato per i danni causati dai cinghiali addirittura dal 2011. E c’è chi, come il signor Domenico Ferrara di Casacalenda, è riuscito a far valere le sue ragioni ottenendo più di 16mila euro di risarcimento.

Le istanze di indennizzo sul tavolo della Regione Molise sono numerosissime: basti pensare che solo l’anno scorso, tra campi devastati dal passaggio degli animali selvatici e automobili distrutte per averne centrati lungo le strade che attraversano i boschi, i danni ammontano a mezzo milione di euro. Una cifra da capogiro che ha convinto il direttore del Servizio coordinamento e gestione delle politiche europee per agricoltura, acquacultura e pesca, attività venatoria (Massimo Pillarella) ad avviare un ragionamento per trovare una soluzione, o, se vogliamo, un compromesso, tra chi rivendica legittimamente un ristoro per i disagi subiti e la stessa Regione Molise dalle cui casse dovrebbero uscire centinaia di migliaia di euro per i rimborsi. Soldi nostri, dei cittadini, insomma denaro pubblico.

Il caso del signor Ferrara, non certo un episodio isolato, è emblematico: questo agricoltore di Casacalenda, componente, tra le altre cose, del comitato di gestione dell’Ambito territoriale di caccia Termoli 2, ha dovuto avviare un’azione legale per recuperare i suoi crediti rivolgendosi sia al tribunale amministrativo del Molise che alla Prefettura di Campobasso la quale ha sollecitato, per non dire obbligato, la Regione a ripagargli i danni.

Con determina dirigenziale 49 del 9 gennaio scorso si è proceduto all’impegno di spesa di € 16.398,33 “al fine di dare esecuzione alla sentenza di cui sopra, in accoglimento del ricorso proposto da Ferrara  Domenico per il risarcimento dei danni prodotti alle colture causati dalla selvaggina stanziale protetta”.

Non solo: in via provvisoria nel Bilancio 2019 sempre la Regione ha stanziato 300 mila euro a titolo di “Contributi ad agricoltori per danni prodotti a colture e bestiame causati da selvaggina stanziale protetta”.

Denaro che, a una prima occhiata, sarebbe del tutto insufficiente a coprire le richieste.

La legge regionale 6 del 1° febbraio 1983 (modificata ed integrata dalle LL.RR. n°.23/95 e n° 25/99, “Salvaguardia delle specie animali di notevole interesse scientifico e contributi per i danni causati dai medesimi”) è molto chiara quando affronta la questione risarcitoria. L’articolo 3 della stessa, infatti, prevede che “i danni causati al patrimonio zootecnico, alle colture ed ai soprassuoli boschivi sono risarciti e liquidati nella misura del 100% del valore di mercato del capo di bestiame al momento del danno oppure del valore di aspettativa per i soggetti non ancora in condizioni mercantile secondo le procedure fissate dal successivo art. 5”.

Il 100% del valore di mercato equivale alla copertura totale del danno subito. E’ proprio in virtù di questa legge paradossale – che da un lato protegge gli animali e dall’altra tutela chi subisce danni causati dalle stesse specie protette – che il signor Ferrara ha avuto ragione dinanzi al Tar. Non a caso la riduzione di questa percentuale è uno degli obiettivi dei ragionamenti avviati da Pillarella in Regione anche per evitare decreti ingiuntivi e spese legali. Ma non solo: altre strategie sono allo studio per ridurre i disagi causati dai ‘terribili’ cinghiali.

Una prima misura tampone arriva – manco fosse una curiosa coincidenza – dall’Ambito territoriale di caccia (Ferrara è componete del comitato termolse) che ha aperto le iscrizioni ai corsi abilitanti per la cosiddetta caccia di selezione al cinghiale. I selecacciatori, una volta abilitati, potranno cacciare gli ungulati su tutto il territorio nazionale. La legge quadro sulla fauna selvatica – meglio precisarlo a scanso di equivoci – dice chiaramente che gli animali selvatici sono patrimonio indisponibile dello Stato. Ecco perché, ad eccezione del periodo venatorio sul quale legiferano le singole Regioni preparando il calendario annuale della caccia – non si possono uccidere i cinghiali. Neppure, caso limite, se l’ungulato invade il mio campo di frutta e verdura.

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Sistemi per evitare che si avvicinino ce ne sono diversi: il recinto elettrico per esempio, che disincentiva l’ingresso con una piccola scossa a bassa intensità, è uno dei modi per difendere le proprie colture. Ma l’operazione è onerosa e spesso i ricavi – questo lamenta chi lavora la terra – non superano i costi. Incentivi per l’acquisto di questi kit sono l’altra misura della Regione allo studio, come pure l’attivazione di una polizza danni.

I furbetti, infatti, ci sono anche tra chi ha avuto la sfortuna di incrociare un cinghiale sulla strada e riesce, con la complicità di un amico carrozziere, a gonfiare la fattura per la riparazione. Se, infatti, per i danni alle colture ci sono uffici ad hoc chiamati a fare la stima del disagio subito (competenti Uffici Operativi Territoriali e Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie Locali), per le auto danneggiate è il privato che fa accertare il danno. Ora, però, con l’attivazione di questa polizza sugli incidenti stradali il perito sarà ‘regionale’, diciamo così, e spetterà a lui quantificare il risarcimento.

Insomma, si sta facendo davvero il possibile a via Genova per evitare di dover utilizzare i soldi dei contribuenti per i risarcimenti. Compresa un’attenta analisi e studio sulle strade battute dagli animali. Mettendo un cartello che ne segnala la presenza ci si potrebbe mettere al riparo dalle richieste di indennizzo. Come a dire: automobilista avvisato mezzo… fregato.

Ma anche questa, per ora, è solo una delle tante ipotesi sul tavolo regionale.

 

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