L'Ospite

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Giorno della memoria, il messaggio del presidente del Consiglio regionale

Questo giorno rappresenta per la storia del nostro Paese, ma più ampiamente per il mondo civile di questo pianeta, un’occasione per riflettere su quanto l’uomo nonostante la sua ostentata cultura, civiltà e progresso tecnologico e sociale, possa essere spietato, al di fuori di ogni limite di crudeltà e di odio.

È giusto ricordare, e la commemorazione odierna serve anche per questo, che il progetto per l’eliminazione prima culturale e poi fisica dalla società degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali, di coloro che erano portatori di handicap, di chi era ritenuto imperfetto per qualsiasi particolarità fisica o di chi era politicamente intollerabile, nasce e si sviluppa negli anni ‘30 e ‘40 del XX secolo.

Il “virus dell’odio, dell’invidia sociale, dell’intolleranza per chi è diverso, che tanto male ha fatto all’umanità dai tempi della preistoria, ha trovato nel genocidio della seconda guerra mondiale, una strutturazione scientifica, metodologica, finanche industriale. Gli anticorpi dell’esperienza storica, dell’arte, della poesia, della filosofia, della psicanalisi, della scienza, che pure erano così diffusi in Germania, non seppero reagire a quel poderoso attacco “virale” che gradualmente, ma inesorabilmente, aveva contagiato molte parti vitali della società.

Dagli errori dell’uomo di ieri giunge una lezione all’uomo di oggi e di domani: mai abbassare la guardia rispetto al pericolo che il “la peste nera” del razzismo, del totalitarismo e dell’intolleranza si rigeneri e si innesti nel corpo apparente forte e inattaccabile di una società che si crede sicuramente evoluta e impermeabile a organismi così primordiali.

Ma il “giorno del ricordo” è anche l’occasione per guardare alla parte migliore dell’uomo, quella del coraggio, della forza e della determinazione della propria natura positiva e dei valori migliori che ha saputo generare e custodire nei millenni la civiltà occidentale. Una parte dell’umanità che ha saputo combattere, rischiare la propria vita, e quella dei propri cari, per nascondere, difendere, aiutare i perseguitati che in molti casi non aveva mai conosciuto prima.

Quella che fecero tanto “giusti” -come vengono ancora oggi chiamati dal popolo ebraico coloro i quali di varie culture, razze e religioni, li aiutarono in quel buio momento della storia- fu una scelta di campo determinata dalla ragione di opporsi a ciò che era irragionevole e dal sentimento di provare con-passione per chi, senza colpa alcuna, era perseguitato così trucemente. Dunque nel ricordare l’ingiustizia della violenza, della prevaricazione, dell’odio e della prepotenza, provandone vergogna come componenti del genere umano, dobbiamo avere memoria e orgoglio dell’umanità che seppe farsi spazio tra tanta disumanità.

Salvatore Micone 

Presidente Consiglio regionale del Molise

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