Quando è il caso di dire che ‘non tutti i mali vengono per nuocere’. Lo sa bene Ottavio Catania, classe 1968, originario di Catania che da un quarto di secolo sta scontando il suo debito con la società. Arrestato nella sua Sicilia quando aveva solo 27 anni per reati contro il patrimonio e l’ordine pubblico, Ottavio non si da per sconfitto ed anzi combatte con tutte le sue forze per rinascere dalle sue ceneri.
Perché quando nasci in una regione che, notoriamente, è la patria di associazioni malavitose, quella strada sembra quasi obbligata: “Il contesto sociale è quello che è. È una regione dove alcune logiche sono radicate e l’unico strumento per combatterle è la conoscenza, un buon patrimonio intellettuale. All’epoca del mio arresto lo studio non mi sembrava necessario, c’era un’ignoranza inaudita che non mi permetteva di decidere un percorso diverso. Non ero libero né avevo libero arbitrio”.
Da due anni e mezzo si trova a Larino, un paese che rappresenta un tassello importante per il ritorno alla normalità. Qui segue la modalità di organizzazione del lavoro dettata dall’articolo 21 della legge numero 354 del 75 che gli consente di lasciare l’istituto penitenziario per motivi lavorativi: “Inizialmente ero assegnato a Teramo – commenta ai microfoni di Primonumero.it – Dopo il terremoto sono stato riassegnato all’istituto di Larino. Questa è stata la mia fortuna. Larino ha dato una svolta alla mia vita. Da quattro mesi sono sottoposto all’articolo 21 che mi consente di uscire dall’istituto tutte le mattine alle 10 per rientrare alle 22.30”.
Come una fenice inizia il suo percorso di rinascita in carcere, dove trascorre gli ultimi 25 anni della sua vita, studiando e lavorando. La sua è una vita che lui stesso paragona all’Inferno dantesco che sta studiando durante il corso di filosofia: “Il vero inferno è la pena trascorsa senza impegno, gettati in un istituto senza prospettive. Per fortuna non è il mio caso, io sono riuscito ad elevarmi dal mio inferno privato”.
Della Sicilia Ottavio ha la solarità, l’enorme disponibilità che contraddistingue il popolo siculo e la voglia di non mollare mai, nemmeno davanti alle difficoltà che la vita ti presenta. E così ci racconta la sua gioventù, i suoi guai con la giustizia ed il tempo trascorso dietro le sbarre, quasi metà della sua esistenza, in una decina di diversi istituti correttivi italiani: “Quando mi hanno preso avevo la quinta elementare – confessa – Durante i processi ho iniziato a studiare da autodidatta perché avevo voglia di crescere e di rinascere”.
La sua permanenza negli istituti correttivi è lunga, ma gli permette di raggiungere il traguardo del diploma in Alberghiero prima e la laurea in legge poi. Ma non è abbastanza perché Ottavio è affamato di cultura: “Attualmente frequento il secondo anno della facoltà di Scienze Turistiche a Termoli. Se non avessi fatto questo percorso sarei quello di trent’anni fa”.
È nel paese frentano che ricomincia la sua straordinaria storia che lo ha portato ad avere la possibilità di aprire e di lavorare nella rosticceria siciliana ‘Il gastronomo’ in via Mazzini 12, aperta il 19 gennaio assieme alla sua famiglia, che non lo ha mai abbandonato e lo ha seguito fino a qui: sua moglie ed i suoi due figli, Sara di 23 anni e Salvo di 30 anni, giocatore di rugby che sale a trovare suo padre appena può. Proprio loro sono il motore che ha spinto Ottavio a voler cambiar vita e mettere la testa a posto: “Mi hanno seguito ovunque e sono sempre stati lontani dalle mie logiche. Sono le vittime del mio passato, mai complici”.
Chi è oggi Ottavio? Un uomo intelligente, non solo per le lauree che ha collezionato negli anni, ma perché ha capito di aver sbagliato ed ha deciso di scontare la sua pena con serenità e saggezza, studiando, lavorando e preparandosi al ritorno alla libertà. E poi è umile e senza troppi fronzoli, capace di arrossire ancora ad un complimento e con una volontà di ferro in grado di spaccare il mondo.
Il locale, una rosticceria tipica siciliana, lo rappresenta in pieno con i suoi colori bianco ed arancio e la sua genuina semplicità: “Le attrezzature sono di seconda mano e gli sgabelli, i tavoli ed il piccolo bancone per mangiare sono fatti da me e dai miei amici dell’istituto correttivo – afferma con una fiera indipendenza – Anche il quadro è opera loro. Lo hanno terminato alle 23 per riuscire a regalarmelo come buon auspicio per l’apertura del locale”.
La bottega, come ama definirla lui, nasce dalla volontà di lavorare e di reinserirsi nella società: “Larino è un paese bellissimo e tranquillo. Siamo arrivati qui senza nulla ed avevamo la necessità di trovare un lavoro. Sia io, sia mia moglie che mia figlia abbiamo girato un po’, sostenendo diversi colloqui, ma alla fine ci sentivamo sempre dire ‘Le faremo sapere’. Purtroppo il contesto economico non è dei migliori ed avevamo bisogno di trovare lavoro per sopravvivere. Così abbiamo deciso di aprire un locale che unisse i miei studi alla volontà della mia famiglia”.
Tra un anno il suo debito sarà completamente ripagato, Ottavio non potrà più essere definito un carcerato, ma lui ha già scritto il suo futuro: “Ho un contratto di locazione per due anni per cui dopo il termine della mia pena sarò ancora qui”.
Larino gli ha dato la possibilità di conoscere persone meravigliose che ci tiene a ringraziare: “Il Capo della Procura larinese Isabella Ginefra, le insegnanti ed i circa 200 colleghi con cui condivido l’istituto. In un mese e mezzo, grazie a loro, ho aperto questo laboratorio artigianale. Guglionesi, in particolare, mi ha accolto a braccia aperte. Ho avuto modo di conoscere questo paese all’interno dell’istituto e lo porto nel cuore”.
Della sua amata Sicilia non gli manca nulla perché l’isola se l’è portata dietro: “Qui ho la famiglia e gli arancini, non mi manca nulla”. Ci torneresti? “Non mi manca più di tanto. Qui ho trovato l’affetto. Mia madre ed i miei parenti vengono a trovarmi qui. Casa è dove trovi affetto. Forse tornerò lì per godermi la pensione”, scherza mentre ci parla dei piatti tipici della sua isola che ripropone sotto una chiave classica nella sua bottega e sfata un mito: Ottavio ma si chiamano arancini o arancine? “Arancini – risponde fiero – Arancine le chiamano i palermitani”.
Proprio gli arancini sono riproposti nel suo locale in tutte le salse, assieme a piatti meno tipici come il pollo che “non può mancare sulle tavole”. Ma qual è il suo piatto preferito? “Pasta con le sarde o sardi a beccaficu, ovvero le sarde a beccafico. Sono due piatti nati poveri visto che le sarde costavano pochissimo. Ora, invece, non ti ci puoi avvicinare per quanto costano”.
Del suo passato di carcerato non rimpiange nulla perché, ammette, “pur avendo fatto tanti casini senza quel passato non sarei la persona che sono oggi” e non prova risentimento nei confronti della giustizia italiana: “Lo Stato viene visto spesso come nemico, perché non c’è la consapevolezza che si tratta di un ente pubblico che si occupa di ordine pubblico. Se non c’è dialogo tra l’istituzione ed il condannato, però tutto questo viene meno e si rischia di ricadere negli stessi errori”.
Ottavio, pur essendo d’accordo con il motto ‘chi sbaglia paga’, sente di dare un consiglio allo Stato come organo di Governo: “Bisogna investire sul trattamento correttivo altrimenti non si hanno i risultati. Non è possibile pensare di costruire solo dei contenitori, bisognerebbe impegnarsi per fornire finanziamenti agli istituti che vogliono fare trattamento per avvicinare il condannato allo stato, ridandogli la fiducia”.
Ed alla società, dove i pregiudizi rappresentano gran parte della popolazione, Ottavio sente di dover dire grazie e di fornire un consiglio: “Date fiducia a chi ha un passato come il mio, una seconda possibilità si dà a tutti. Chi non la sfrutta è stupido, ma è giusto che ce l’abbia. Per me è stato importante ripagare le persone che hanno creduto ed investito su di me”.
A chi si trova, invece, nella sua stessa condizione di carcerato, Ottavio lancia un messaggio fatto di profonda consapevolezza e di sincero affetto: “Credete in voi stessi e comprendete una cosa: la libertà è quando decidi tu di essere libero, quando sbagli consapevolmente senza condizionamenti e ti assumi le tue responsabilità”.
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