Termoli, campomarino e portocannone

Traffico di coca, stroncata la cupola albanese-molisana della costa: 6 in carcere, 13 indagati. Alle donne un ruolo-chiave

Sei ordinanze in carcere, 2 divieti di dimora in Molise, un'auto sequestrata, 13 indagati per un traffico di droga. La cupola albanese-molisana operativa sulla costa stroncata dai carabinieri del Ros. La Procura ipotizza il reato associativo. Notte movimentata sulla costa, dove i militari hanno eseguito le misure restrittive della Dda di Campobasso. Nella organizzazione un ruolo di spicco era affidato alle donne, compagne dei "capi", esperte nella contabilità e nel "recupero crediti".

Sei persone in carcere, due colpite da ordinanze restrittive di divieto  di dimorare in Molise, Abruzzo e Puglia e divieto di espatrio. Un’auto sequestrata. Sono i numeri della operazione Alpheus, condotta dai carabinieri del raggruppamento operativo speciale di Campobasso coadiuvati dal comando provinciale, dai colleghi di Chieti, Isernia e Foggia e dai cinofili di Chieti con i cani antidroga. Una retata all’alba tra Termoli, Campomarino, Portocannone, San Martino in Pensilis e Vasto, dove sono state eseguite perquisizioni e le misure cautelari su richiesta della procura Distrettuale Antimafia di Campobasso. Una richiesta condivisa punto per punto dal gip del tribunale Teresina Pepe.

Associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti: questo il principale capo di imputazione a carico di 13 persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta, durante la quale sono state eseguite ben 26 perquisizioni. Una inchiesta che ha permesso di riscontrare come dietro l’escalation del consumo di cocaina in provincia di Campobasso ci fosse anche un pericoloso sodalizio criminale, di nazionalità albanese, rumena e italiana. Un sodalizio composto anche da pregiudicati e specializzato nella preparazione e nella vendita di droga alla piazza costiera.

 

I due capi della banda, cugini albanesi, erano addirittura in prova ai servizi sociali, a conferma del radicamento nel tessuto molisano dei personaggi, tra i quali diverse donne che hanno avuto un ruolo di primo piano.

Sono quasi tutto albanesi ma “di stanza” in BassoMolise, specialmente a Portocanone, dove da tempo si erano trasferiti e dove vivevano grazie ai reddiizi affari del traffico di marijuana e cocaina.

Complessivamente gli indagati sono tredici, dei quali ben 5 sono donne. Una nottata movimentata, terminata nel Penitenziario di Monte Arcano a Larino. Gli arrestati sono tutti difesi dal penalista termolese Pino Sciarretta, che sta seguendo da vicino l’evolversi della vicenda.

Scoperto un sodalizio radicato in Basso Molise in modo particolare a Portocannone, dove vivevano i due capi albanesi che avevano contatti importanti con la Patria per approvvigionamento di varie sostanze stupefacenti. Loro era il mercato della droga. Un business criminale che va a permeare altri mercati e che registra la presenza di associazioni malavitose sempre più aggressive anche sul nostro territorio. Un forte elemento di allarme, hanno sottolineato gli inquirenti, è che i capi dell’associazione erano soggetti con precedenti penali che avevano ottenuto credito fiduciario della magistratura ed erano dunque in prova ai servizi sociali.

Il procuratore Nicola D’Angelo ha messo in evidenza diversi segnali. Il primo: i manifesti pubblicati grazie alla Confesercenti e alla Confcommercio “che dimostrano – ha detto – come tutti siamo mobilitati in questa lotta alla droga. Questa operazione sommata a quella di Lungomare consegna numeri importanti. Siamo a quota 50”.

L’altro segnale riguarda lo spaccio in Molise: “Il lavoro che facciamo ci permette di dire che chiunque vende morte o spaccia in questa realtà verrà arrestato. Nessuno pensi di farla franca”.

Due cugini al vertice dell’associazione, del quale fanno parte anche persone di nazionalità rumena e italiana. La base logistica era Portocannone, le principali piazze di spaccio invece Termoli Campomarino e San Martino in Pensilis. Al vertice della piramide i due boss, un fornitore albanese e un punto di contatto  con la distribuzione albanese che gestiva in maniera autonoma la rete di spaccio locale.

Un altro dato importante è rappresentato dalla presenza delle donne, che avevano più ruoli. Due in particolare, rispettivamente moglie e compagna dei capi. Loro si occupavano di trasporto, occultamento e riscossione crediti, ovvero di convincere i morosi che non pagavano a tirare fuori i soldi. Sono legate da vincoli familiari con i vertici della struttura, ha spiegato il capitano Gaetano Mitola.

Nel corso dell’indagine denominata Alpheus 1 ci si è avvalsi di attività tecniche, osservazioni, pedinamenti e perquisizioni. Acquisiti elementi a carico degli indagati per attività di spaccio, commercio e detenzione di droga, in particolare cocaina. “Da segnalare – dicono gli inquirenti – anche l’apporto fornito da alcuni testimoni sentiti nel corso delle indagini”.

Un’attività che si inserisce nelle linee di intervento che la Procura della Repubblica di Campobasso ha promosso per contrastare la diffusione e lo spaccio di stupefacenti, fattore di moltiplicazione di condotte delittuose e “grande motivo di attrazione della criminalità organizzata sul territorio molisano”.

Negli ultimi mesi il comando provinciale Carabinieri di Campobasso ha messo a segno anche l’operazione Lungomare l’operazione Pacco Free proprio per disarticolare lo spaccio e il traffico di droga che dalla Puglia investe il Molise. L’attenzione resta altissima. E ai Ros di Campobasso il riconoscimento di un ufficiale al comando: da settembre infatti c’è il capitano Mitola, che ha subito mostrato una grande dinamicità.

 

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