Il disastro sanità

Cardarelli smantellato, è di nuovo guerra: “Riaprire Neurochirurgia, il protocollo con Neuromed va stracciato”

Il comitato Pro Cardarelli torna sulle barricate e oltre a rilanciare la difesa dell'ospedale di Campobasso annuncia una class action per i cittadini che sono dovuti ricorrere al privato a causa delle liste di attesa troppo lunghe.

E’ quasi una battaglia di popolo: medici e cittadini. Insieme – “ne siamo 600” – rilanciano la lotta per ridare al Cardarelli il ruolo che merita: fulcro della sanità regionale. Una ‘leadership’ che l’ospedale di Campobasso ha perso dopo l’entrata in vigore del decreto Balduzzi, il ridimensionamento a presidio di primo livello, la chiusura di reparti fondamentali come Neurochirurgia, Geriatria, Oncologia e Malattie Infettive (l’unico di tutta la regione). Nel nosocomio del capoluogo molisano “mancano perfino di primari”.  

“E’ necessario che sia una centralizzazione dei servizi, che il Cardarelli riacquisti la sua potenza per sopperire ai bisogni di salute dei cittadini”. Ne è convinto il dottore Tommaso Iocca, presidente del comitato nato undici anni fa  proprio per la difesa della struttura ospedaliera del capoluogo molisano e che torna sulle barricate.

Il Molise ha pagato lo scotto della riorganizzazione della rete dell’emergenza urgenza con i morti. Tra luglio e novembre ci sono stati tre decessi sospetti: il primo caso in estate, quando morì il 47enne Michele Cesaride di Larino, poi il 69enne di Macchiagodena Franco Ciccone (trasferito a Teramo perchè al Neuromed non c’erano posti letto). Infine un altro anziano di Ferrazzano è finito purtroppo tra gli episodi di malasanità.

La riapertura della stroke unit nel nosocomio di contrada Tappino annunciata a metà ottobre dal presidente della Regione Donato Toma “deve contare su una organizzazione ospedaliera corposa, efficiente e pronta” perchè “solo così può salvare la vita in caso di incidente. Invece così come è in questo momento si corrono solo rischi, così come sa chi ha pagato lo scotto della cattiva organizzazione della sanità”.

comitato pro Cardarelli Campobasso

Per Iocca, supportato dalle dottoresse Michela Musacchio e Daniela de Capoa, è tutta la sanità pubblica che deve tornare ad avere un ruolo centrale per l’assistenza sanitaria dei cittadini, a cominciare dai finanziamenti che vengono riconosciuti alle strutture pubbliche. “Al privato dovrebbe essere assegnato solo il 15% del budget sanitario”, sottolineano. Nè, a dire della de Capoa, funziona il protocollo d’intesa tra Regione Molise e Neuromed per le patologie tempodipendenti: “Andrebbe stracciato” perchè “l’ictus è la terza causa di morte e la prima malattia per disabilità. La stroke unit non può essere all’acqua di rose, il Cardarelli va potenziato e riqualificato con servizi e reparti”. “E’ una follia – incalza la Musacchio – pensare di aprire un pronto soccorso in una struttura privata”.

Non solo il Cardarelli. La battaglia riguarderà anche gli ospedali di Isernia e Termoli, ridotti all’osso come quello di Campobasso perchè “tutti i cittadini devono poter accedere ai servizi sanitari”. C’è un presupposto alla base di questo ragionamento: la sanità pubblica è l’unica che può essere garantita in maniera indistinta a tutti, pure ai più poveri. “Secondo una statistica inglese – insiste – la differenza di aspettativa di vita tra un ricco e un povero supera i 10 anni”. E quindi “le differenze sociali hanno portato alla negazione del diritto alla salute che in Italia è garantito dalla Costituzione. Il Comitato pro Cardarelli vuole fare anche una lotta contro le diseguaglianze sociali”.

Il comitato, che dice di essere pronto a dialogare con il prossimo commissario alla sanità (“l’importante è che faccia scelte in discontinuità con il commissario precedente”), annuncia dunque una lotta a 360 gradi: “Faremo una mobilitazione popolare, andremo tra i cittadini ad informarli e infine agiremo per via giudiziaria”. Come? Per il momento i rappresentanti del comitato non scoprono le loro carte. O meglio, preannunciano una class action per i cittadini che sono stati costretti a rivolgersi al privato perchè non potevano aspettano i lunghi tempi di attesa e pagare per esami medici che dovrebbe garantire il pubblico: “Anche questo è un bisogno di salute che non viene soddisfatto, ma c’è la possibilità di essere risarciti. Partiremo con un’azione legale“.

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