Ucciso barbaramente a casa sua, nella città venezuelana di Maracaibo, massacrato di botte e soffocato. Ora il fratello di Fernando Basile, Edoardo, scrive al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, organo dello Stato che segue le problematiche di 5,6 milioni di italiani iscritti nelle anagrafi estere, rappresentato da Nello Collevecchio, un farmacista di Caracas originario di Teramo. A lui si rivolge Eduardo Basile, ingegnere, anche lui residente a Maracaibo e con una famiglia che in parte risiede a San Martino in Pensilis. Chiede di avere giustizia e di fare pressioni sulle autorità venezuelane per catturare i criminali che hanno commesso un crimine tanto orrendo la sera del 7 dicembre scorso, quando il fratello, medico ginecologo, è stato assassinato nella sua abitazione. Un appello ad avere giustizia, a portare avanti “attraverso il corpo diplomatico, l’ambasciata e il Consolato del Governo italiano l’impegno sulle autorità del Venezuela, sulla diplomazia e sugli organi di polizia del Paese sudamericano, per chiarire il terribile episodio e rintracciare, catturare e punire i criminali che hanno commesso un omicidio così orrendo”, e che sono ancora a piede libero.
Il suo appello è ripreso e rilanciato dal comitato Molise Pro Venezuela rappresentato da Michele Petraroia e dall’Associazione Giuseppe Tedeschi, che fa riferimento a Lidia de Sanctis. Si rivolgono ai sindaci del Molise per chiedere che attraverso l’Anci (l’associazione nazionale dei comuni italiani, il cui presidente regionale è Pompilio Sciulli, sindaco di Pescopennataro) si faccia un monitoraggio serrato per sapere il numero degli italo-venezuelani iscritti nei loro registri dei residenti all’estero e per verificare per le vie brevi il numero degli oriundi, nonché “accertare presso i propri uffici comunali quante istanze per il riconoscimento della cittadinanza italiana sono arrivate dal Venezuela”.
In un momento in cui nel Paese sudamericano imperversa la guerriglia e la situazione si fa sempre più difficile per i tanti molisani che lì risiedono (il dottor Basile è il quarto molisano assassinato negli ultimi 12 mesi in Venezuela), Petraroia e De Sanctis chiedono alle Istituzioni di ogni livello di verificare “quante famiglie o persone sono già rientrate dal Venezuela negli ultimi due o tre anni e quali sono le loro esigenze”.
Un sollecito alle Prefetture di Isernia e Campobasso inoltre per mobilitare il Governo e il Parlamento italiano sull’emergenza umanitaria in Venezuela, e una proposta alle Province e alle Regioni: convocare riunioni periodiche con la Questura, il Provveditorato, l’Asrem, l’Inps, i patronati in Venezuela, la Caritas, la motorizzazione, gli enti per le case popolari, gli ambiti di zona e i centri per l’impiego “per individuare le misure tese all’accoglienza delle famiglie tornate o in via di rientro dal Venezuela”.
Non molto tempo fa sono rientrate in Italia Anna e Michelina Petruccelli di Sant’Elia a Pianisi, rispettivamente moglie e figlia di Domenico, barbaramente trucidato insieme al nipote Gabriel di 14 anni a novembre dello scorso anno a Guacara. È solo uno dei tanti esempi di molisani che stanno rientrando dopo una vita trascorsa nel Paese sudamericano perché è impossibile convivere con la violenza che imperversa in tutte le città. Non si contano gli oriundi molisani che sono stati rapinati, e soltanto nell’ultimo anno ben quattro di loro sono stati uccisi. Tra loro Elio Simonelli, imprenditore di 45 anni sequestrato e ucciso in Venezuela lo scorso primo agosto, la cui salma è stata rimpatriata a Toro.
Aprire corridoi umanitari per fare arrivare organizzazioni internazionali in grado di soccorrere persone malate e distribuire generi di prima necessità: questa una delle richieste del comitato Molise Pro Venezuela che già era stata avanzata, oltre a quella di agevolare il rientro di cittadini italiani oriundi italiani “per evitare che vengano lasciati al proprio destino, ignorati o abbandonati a se stessi” e a una situazione diventata davvero insopportabile.
Un dramma senza precedenti per tanti oriundi molisani, costretti a scappare dal Venezuela per mettere in salvo la propria vita e quella dei propri familiari. Violenze, persecuzioni, miseria, mancanza di medicine e impossibilità di curarsi. E sono stati proprio i farmaci il movente del barbaro assassinio del dottor Basile, che essendo direttore dell’ospedale di Maracaibo, per evitare facilissimi furti nella struttura, la sera riportava a casa le medicine, specie quelle salvavita. I suoi assassini hanno fatto irruzione con l’obiettivo di impossessarsi dei farmaci che sono sempre più rari.
Una fotografia drammatica, che a Primonumero era stata confermata da Maria Mastrogiuseppe, 36enne, che con il marito e il figlioletto di 3 anni è riuscita a rientrare a Montorio nei Frentani dove ha aperto un piccolo alimentari, l’unico del paese. Ha lasciato la sua esistenza da benestante a Valencia, 100 chilometri da Caracas, per l’eccessiva violenza e soprattutto per la mancanza di cibo e farmaci per curare il bambino. Il Venezuela del post Chavez è in balia di una crisi economica senza precedenti che si è trasformata in un emergenza umanitaria, in un inferno in cui sequestri, rapimenti, rapine e omicidi sono all’ordine del giorno. Dove un pacco di pasta costa al mercato nero anche mille euro e una Tachipirina è un bene introvabile, che spinge a uccidere.
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