Che cos'è l'amore

Ale, il cancro, la paura e la forza: “Non sprecate la vita, nulla è per sempre”

La storia di una donna di quarantadue anni costretta a lottare contro la malattia da almeno dieci anni. Negli ultimi tempi il cancro è tornato a colpirla ma nel suo messaggio, destinato ad un’amica, viene fuori un’ode alla vita e l’invito a non disperare mai nonostante tutto

Alessandra quel giorno di quasi dieci anni fa usciva dal reparto di oncologia. In una mano teneva stretto il protocollo chemioterapico che l’aspettava come si tiene stretto un salvagente in mezzo al mare in tempesta. Nell’altra mano stringeva quella della mamma che nel frattempo le diceva “Dai Ale, vincerai le battaglie e la guerra. Insieme ce la faremo”.

Quello stesso giorno accompagnavo mia madre che al salvagente come quello di Alessandra era aggrappata ormai da anni. Ma al contrario della mamma di Ale, io fiducia nella vittoria finale e voglia di andare avanti non ne avevo più.

Eccola allora Alessandra, che aveva allora 31 anni, alle prese con una diagnosi di carcinoma mammario e pronta a darmi la prima legnata. “Ti piangi addosso? Che aiuto puoi darle se neanche tu ci credi? Non sai quando finirà, e allora perché dilapidi il tuo tempo con questa faccia grigia e non organizzi piuttosto momenti di vita con tua madre per renderle tutto valido a prescindere?”.

Da quel momento non ci siamo più perse di vista.

Alessandra ha avuto una remissione dalla malattia lunga quasi otto anni, da circa due è di nuovo in lotta. Io la mia mamma invece l’ho persa nel frattempo, aveva 50 anni. Ha perso dopo venti anni di battaglie. E sì, è stato sempre lui, il carcinoma della mammella.

In questi giorni Alessandra ha compiuto gli anni, e come sempre le ho inviato il messaggio di auguri. Sapevo che negli ultimi mesi la situazione era precipitata e vigliaccamente quella telefonata dal mio cellulare, anche solo per sentirla, non è mai partita. Ancora una volta – contravvenendo al primo insegnamento che mi aveva dato dieci anni prima – mi sono detta “non ce la faccio, le scrivo”.

Alessandra, che io avevo iniziato di nuovo a non crederci, però, l’ha capito.

Ha risposto dopo una settimana. E anche lei, stranamente, ha scelto di scrivere. Ma Ale non fa nulla a caso. Sa bene che scrivere significa non cancellare. Non dimenticare.

“Vorrei che nessuno di noi smettesse di crederci fino in fondo. Perché io pur consapevole che forse vivrò adesso soltanto dei giorni, non smetto di sperare. Non voglio preoccuparmi di quel che sarà domani perché ho voglia di vivere al meglio oggi e devo farlo pienamente anche con i dolori”. E’ lei. Affamata di vita e pronta a contagiare chiunque provi a dire “non ce la faccio”.

E non risparmia quel pugno nello stomaco che costringe a riflettere e a fermarti: “Vorrei che tutti dessero più significato alla vita, che la smettessero di preoccuparsi per cose così insignificanti. Io ho trascorso la mia giovinezza perennemente a dieta per essere perfetta, e pensa un po’… oggi chissà cosa darei per riuscire a mangiare un piatto di lasagne o a ingozzarmi di cioccolata. Da ragazza facevo a gara con mio fratello a chi riusciva a tenere gli occhi aperti più a lungo quando ci infilavamo nel letto, oggi non hai idea di cosa darei per riuscire a riposare almeno un paio d’ore senza dolore e senza la paura di non aprirli più. Mi preoccupavo di lavorare per guadagnare, oggi ho speso i miei soldi in terapie, consulti, viaggi della speranza. Se dovessi non farcela vorrei che un po’ di me rimanesse. Il Natale è speranza, è rinascita, è fiducia. Quindi dico: speriamo sempre, rinasciamo adesso, fidiamoci di ciò che nella nostra vita è davvero importante: l’amore. Non preoccupiamoci di cose inutili, non corriamo inutilmente, assaporiamo piuttosto la bellezza di una passeggiata, la spensieratezza di una birra con gli amici, di un caffè in pieno relax, una chiacchierata, una gita, la festa di compleanno. Sì festeggiamoli tutti e in compagnia perché ogni giorno che viviamo è un regalo. Non corriamo dietro alle stronzate che imbruttiscono qualunque cosa finanche il buongiorno o il bacio della buona notte”.

Ale, 42 anni, una malattia da superare e un amore per la vita che sferza la faccia di chi l’ascolta come fa la bora quando soffia inflessibile.

Chiede gratitudine per la vita perché “abbiamo ancora la forza di poterlo fare”.

Insegna a lasciare perdere le cose inutili perché assicura “che in quanto inutili non serviranno neanche quando sarà il momento di dover cambiare mondo”.

“Io ora desidero soltanto un altro Natale con chi amo. E a te auguro che torni a crederci. Perché se crediamo nella vita e nella possibilità di custodirla sempre e comunque allora saremo in grado di aiutarci a vicenda e forse di uscirne vincitori. Altrimenti? Ce l’avremo comunque messa tutta per renderla migliore”.

 

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