55 anni dopo la scissione dall'abruzzo

Il Molise celebra l’autonomia regionale, tra “nostalgici” e “indipendentisti”: ma fu vera gloria?

Oggi la ricorrenza del 55º anniversario della “scissione” dall’Abruzzo, evento che suscita ancora umori e pareri contrastanti. Il “polso” della piazza e la “voce” delle istituzioni

Conoscere il passato, per capire il presente e orientare il futuro” recitava un inciso di tucididea memoria. Lungo il sentiero del tempo, una data può spesso segnare un crocevia importante. E per il Molise quella del 27 dicembre lo è di sicuro. La ricorrenza della nostra autonomia regionale, infatti, occupa proprio quella casella del calendario. 

Intendiamoci: non esattamente l’ “ab urbe condita” di matrice storiografica, ma comunque qualcosa di rilevante per implicazioni e conseguenze.

Il 27 dicembre del 1963 sancisce infatti la scissione dall’Abruzzo ed il battesimo di un nuovo assetto; amministrativo e politico, soprattutto.  Un’opportunità colta, per alcuni; un peccato capitale, per molti altri. Il “nuovo corso” cominciato 55 anni fa genera ancora oggi pareri contrastanti e umori piuttosto variegati.

La prospettiva dell’autonomia regionale, soprattutto in relazione alle sue odierne declinazioni, non convince ad esempio Pier Paolo Giannubilo, scrittore e docente del Liceo Scientifico “Romita” di Campobasso:

Credo che l’autonomia regionale non abbia funzionato a nessun livello nel Centro-Sud. Questo processo, specie nel Mezzogiorno, ha piuttosto rappresentato un moltiplicatore di sprechi, di poteri locali e clientelismo. Quanto al Molise in particolare, ritengo che le premesse e le spinte ideali alla base di questo processo siano state anche apprezzabili, ma continuo a giudicare l’idea di un’autonomia concettualmente suicida per un territorio come il nostro. E non penso ci siano le ragioni per continuare in questo sentiero. Innanzitutto – continua Giannubilo- in tutti questi anni non siamo mai stati capaci di sviluppare un tessuto economico capace di sostenere concretamente tale condizione, perché di fatto continuiamo a dipendere dai fondi statali. In secondo luogo, si sperperano somme faraoniche per una macchina istituzionale pachidermica quanto improduttiva: lungo questo lasso di tempo la politica non è stata in grado di assolvere pienamente ai propri doveri. Anche a livello sanitario, poi, le risorse vengono polverizzate. Ecco perché – conclude il docente – senza un adeguato sistema di produzione della ricchezza, che permetterebbe tra l’altro di offrire servizi e qualità della vita superiori, mi risulta difficile trovare il senso di questa caratterizzazione autonoma. In qualche misura, invece, riagganciandoci all’Abruzzo e al ‘carro’ della macro-regione adriatica, potremmo ricongiungerci a una dimensione più solida, con maggiori chance di uscita dalla crisi permanente”.

Nelle scorse ore, al contrario, sono stati soprattutto gli esponenti del comparto istituzionale a ricordare con piacere lo speciale compleanno. 

Il presidente della Regione, Donato Toma, ha sottolineato come l’autonomia sia “di là della capacita di autofinanziarsi, una condizione culturale: condivisione di tradizioni, comunanza di rapporti commerciali, annessi storici e linguistici”.

“Lo Stato – ha continuato il governatore- deve avere come obiettivo, a garanzia dell’unità nazionale, la tutela di queste autonomie, la coesione e lo sviluppo armonico dei suoi territori”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Salvatore Micone, presidente del Consiglio regionale del Molise: “L’autonomia è stata frutto di un lavoro lungo, complesso e difficile, il ridisegno della geografia regionale del paese, il primo e l’unico mai riuscito nella storia repubblicana, rappresentò la conquista non solo di un’autonomia amministrativa di un territorio ma anche un suo riscatto morale. Il Molise era parte residuale di periferie, esso era storicamente assestante, mal collegato con la stessa L’Aquila, e doveva immaginare un percorso autonomo confacente alla propria cultura, storia e conformazione morfologica e demografica”.

La discussione, intanto, è inevitabilmente sbarcata anche sul web. Sono stati in molti, tra gli internauti, a giudicare negativamente l’esperienza dell’autonomia regionale: da “cavolata” a “grande fallimento amministrativo”, i commenti pullulano di definizioni non certo esaltanti.  “Quando se ne cominciò a parlare e ancor di più quando effettivamente si concretizzò questo passaggio – racconta la signora Anna, 83 enne del capoluogo – pareva dovesse essere una rivoluzione piena di positività. In realtà le cose non sono migliorate. Anzi, lo sviluppo atteso non è mai arrivato”. 

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