Il tunisino aggredito nel 2007 a guglionesi

Parola fine al dramma di Saiffedine, picchiato e morto dopo un lungo coma. Ex barista condannato a 5 anni per omicidio

La pena, ridotta rispetto al primo grado, proposta dalla difesa e accettata dal pm. I giudici della Corte d'Appello di Campobasso hanno condannato a 5 anni l'ex barista di Guglionesi Rosario Renzetti per la morte del tunisino aggredito con un calcio quando aveva 30 anni, nel 2007. Chaffar era deceduto dopo 8 anni trascorsi in stato vegetativo

Parola fine alla lunga e dolorosa vicenda giudiziaria per la morte di Saiffedine Chaffar, giovane tunisino morto il 7 aprile 2015 dopo 8 anni di stato vegetativo come conseguenza del pestaggio di cui fu vittima. Era accaduto il 4 novembre 2007 a Guglionesi. 11 anni fa. Ora per quell’episodio è stato condannato dal collegio della Corte di Appello di Campobasso Rosario Renzetti, all’epoca barista. Oggi nel palazzo di giustizia del capoluogo la sentenza arrivata dopo la camera di consiglio, che ha accolto la richiesta concordata dalla difesa e dal pubblico ministero. 5 anni per omicidio preterintenzionale.

 Il verdetto di primo grado era arrivato nello scorso mese di marzo. Il giudice frentano aveva condannato Renzetti, oggi 49enne, a sei anni e 6 mesi di carcere. Già ritenuto colpevole di lesioni gravissime, dopo il decesso della vittima Renzetti era stato processato nuovamente con un capo d’accusa più grave, e condannato. Oggi, nell’udienza in Appello, il difensore Joe Mileti ha chiesto, per ragioni strategiche nell’interesse del suo assistito, una pena di 5 anni. Richiesta sulla quale il pubblico ministero si è trovato d’accordo. I giudici al termine della consultazione a porte chiuse hanno concordato.

Improbabile, a questo punto e con una richiesta arrivata dallo stesso imputato, un ricorso in Cassazione. La decisione odierna mette un punto a una storia nutrita da colpi di scena ed eventi drammatici, che si è trascinata per oltre un decennio.

 Per la giustizia la morte di Saiffedine, che all’epoca aveva 30 anni, ha un solo colpevole e si tratta di Rosario Renzetti. Sarebbe stato lui, dunque, a sferrare un calcio al tunisino che nel bar era entrato, quella domenica del 2007, per rivendicare la sua paga di bracciante agricolo presso il titolare, proprietario dell’oliveto nel quale aveva lavorato ma anche amico.

Una rispostaccia invece del denaro che gli spettava, contro la quale Chaffar si sarebbe sfogato sferrando un calcio alla porta di vetro e rompendola. Poi – è la ricostruzione dell’accusa che i giudici hanno condiviso – le botte. Un calcio alla testa, che avrebbe causato allo straniero una emorragia cerebrale dalla quale non si è più ripreso. Anni di stato vegetativo, assistito dalla sorella che si è costituita parte civile nel procedimento, difesa dall’avvocato Giuseppe D’Urbano che ha ottenuto, infine, la condanna per omicidio preterintenzionale. Renzetti avrebbe dunque ucciso Saiffedine sebbene non avesse l’intenzione di farlo. La sua violenza ha causato conseguenze fatali, che sono andate ben oltre l’intenzione e la volontà.

Sono stati anche anni di accuse, testimonianze, difficili ricostruzioni dei fatti, interrogativi che hanno assillato la comunità di Guglionesi a lungo, dividendo perfino l’opinione pubblica e spaccandola fra colpevolisti e innocentisti. Nel 2013 era iniziato il processo, inizialmente per lesioni gravissime. Alla fine del 2016, dopo il decesso di Saiffedine, la Procura della Repubblica di Larino aveva riaperto il caso chiedendo che Rosario Renzetti, già condannato, venisse giudicato in un nuovo processo, stavolta per omicidio, l’ipotesi più grave.

Il tutto portando in aula il referto  dell’autopsia, con il quale il medico legale aveva stabilito una corrispondenza tra il decesso e le conseguenze dell’emorragia cerebrale riportata in seguito all’aggressione. Oggi è finita sul piano della giustizia penale. C’è un colpevole, c’è una pena. Il resto farà parte della sfera civile e sarà oggetto, con richieste di risarcimento del danno, di una causa civile.

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