Operazione lungomare

I ragazzini schiavi: ambizioni da boss a 18 anni, la droga da smerciare tra il compleanno dei nonni e il pallone

Risvolti inquietanti dietro l'operazione antidroga di Procura e carabinieri tra Campobasso e Campomarino. Protagonisti i giovanissimi figli di famiglie "normali, con una intensa vita social, che solo al momento dell'arresto hanno preso consapevolezza di esistenze bruciate". Appena maggiorenni e già alla prese con l’eroina e la cocaina. Dipendenti e spacciatori, pronti a scalare la vetta per assumere nell’organizzazione un posto rilevante

Già la sola ordinanza che ha accompagnato l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi in “Operazione Lungomare” è lunga 898 pagine. Ma il fascicolo, quello che racconta minuziosamente in atti di polizia giudiziaria i singoli episodi contestati ad ognuno degli indagati, i pedinamenti, le intercettazioni, le dinamiche dell’insediamento da parte della mala pugliese nel territorio molisano, i viaggi dei ragazzi tossicodipendenti, l’astinenza di molti di loro, la vita che bruciano inseguendo spaccio e dosi da consumare, è composto da migliaia di pagine. Un faldone di carte che racconta uno spaccato di società spaventoso.

Che mai si direbbe potesse riguardare questa dannata regione alle prese con la sciagura della disoccupazione, la mancanza di infrastrutture, lo sfacelo della sanità e una popolazione sempre più vecchia. Ma forse è proprio da qui, da queste disgrazie territoriali, che bisognerebbe partire per iniziare a capire cosa passa nella testa i quei giovani i cui nomi sono scritti in quelle migliaia di pagine giudiziarie. Giovanissimi, che oggi si trovano immischiati in una storia più grande di loro, perché laddove hanno subito la mancanza di una famiglia attenta, non hanno trovato valide e solide alternative per la loro crescita.

Il disagio nutre la dannazione, diciamocelo pure. Ma il malessere sociale oggi non è più soltanto quello che una volta si associava al ghetto o al quartiere difficile. Tutt’altro: è ovunque. Non fa distinzioni. E molte famiglie, se non sostenute dalla presenza concreta delle istituzioni governative nelle loro vite, poco possono rispetto ai sogni dei loro ragazzi che all’improvviso in quei sogni finiscono per non crederci più. E quando questo accade è fatta.

I loro nomi sono sui social. E nei profili scopri occhioni cerulei pieni di vita che fino a qualche anno fa coltivavano, per esempio, la passione per il MotoGp. C’è chi invece nell’angolo delle foto pubblica la sua passione per la moda. Per non parlare del calcio, molti lo praticavano in campo e sugli spalti. Sorrisi, abbracci, tavolate in famiglia. Baci con i nonni che spengono la novantesima candelina. Giochi con i fratellini più piccoli. E ci sono i loro messaggi, quelli scritti. Molti, come spesso fanno i giovanissimi quando hanno da poco compiuto i 18 anni, parlano di sogni, della paura di vivere in un contesto difficile, della voglia di “sorridere nonostante tutto”. E c’è anche chi racconta ad un amico che le chiede come sta che ha scelto di andare in comunità e che finalmente si sente bene. “Dai, non mollare. Sono felice. Puoi farcela” è la risposta accompagnata da baci e cuoricini.

Sono tutti giovanissimi. Poco più di 20 anni, ognuno di loro e già alla prese con l’eroina e la cocaina. Dipendenti di droga e non di sogni. Organizzati nello spaccio e pronti a scalare la vetta per assumere nell’organizzazione un posto rilevante. Perché loro, i capi, quelli che hanno l’età per essere genitori (e che c’hanno pure i figli) sono disposti a tutto per guadagnare sulla pelle di questi poveri disgraziati, stregati dai soldi facili, bruciati nelle capacità cognitive a causa delle sostanze e quindi raggirabili con una tale facilità da portare persino un ragazzetto di 16 anni, denunciato alla procura minorile, a spacciare eroina e cocaina. Nelle sue tasche gli inquirenti hanno trovato quasi 15 grammi di eroina, 2 di cocaina. Soltanto 16 anni e già pronto per consumare, vendere, fuggire, tacere.

Giovani campobassani e termolesi al comando di gente senza scrupoli che ha manipolato menti, venduto morte e distrutto sogni.

E loro, questi ragazzi, non hanno la benché minima consapevolezza – almeno fino a quando i carabinieri non hanno bussato alle loro porte presentando il mandato del gip – che la loro dipendenza è soltanto business per la criminalità organizzata. Che drogandosi e spacciando nello stesso tempo alimentano un mondo che li sputtana con 750 euro di stipendio mensile e li distrugge nella loro capacità di pensare autonomamente di poter dire “no”. Sono schiavi e non lo sanno, prima dei ‘boss’ poi della droga.

Mentre scorrono le pagine dei social che li raccontano nelle cose più naturali di giovani come loro, si nota che alcuni hanno smesso di pubblicare commenti e pensieri da qualche anno. Forse quando l’unico obiettivo della giornata è diventata la dose, lo smercio per guadagnarla e l’attenzione “agli sbirri”. Hanno smesso di scrivere perché hanno smesso di sognare.

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