Il giallo di baranello

Morto a casa dell’amico che per ora resta in carcere: si scava nei giri della cocaina. La verità dall’esame tossicologico

Non sono ancora chiuse le indagini sulla morte di un 49enne di Bojano deceduto la sera del 22 ottobre durante una visita in casa di Michele Camardo, il 33enne di Baranello che si trovava agli arresti domiciliari per spaccio di droga. Il ragazzo ora è in carcere per presunte violazioni della misura cautelare non confermate dal suo difensore: "Non è mai uscito di casa e non c'entra nulla con la morte di A.R., lo dimostreremo". Molti gli interrogativi ancora aperti, attesa per l'esito dell'autopsia che dirà se il bojanese è deceduto dopo aver assunto droga.

Cosa è accaduto davvero la sera del 22 ottobre scorso a Baranello? Le indagini sono entrate nel vivo: si sta cercando di fare luce sulla morte del 49enne di Bojano deceduto quel giorno mentre si trovava in casa di un amico, il 33enne di Michele Camardo, attualmente ristretto nel carcere di Campobasso.

La vicenda ha contorni poco chiari per una serie di elementi sui quali gli inquirenti stanno lavorando. La droga c’entra sicuramente qualcosa: sia Camardo che lo scomparso A.R la assumevano. E potrebbero averne presa anche la sera del 22 ottobre quando il 49enne si è recato nella villetta di Baranello dove l’amico era ai domiciliari. Una misura restrittiva scattata il 23 luglio, quando era stato arrestato dai carabinieri perché trovato in possesso di 62 grammi di cocaina e 4 di eroina.

L’infarto che ha stroncato il 49enne potrebbe essere stato favorito dall’assunzione di cocaina o da un mix di sostanze?

La domanda avrà una risposta quando si conosceranno i risultati dell’autopsia con relativi esami tossicologici, fatta prima del rilascio della salma ai familiari. Al di là delle risultanze tecniche, l’indagine della Procura di Campobasso (affidata ai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile) punta a dissipare i dubbi su un eventuale collegamento tra la tragedia e Michele Camardo. Ufficialmente il 33enne si trova dentro la casa circondariale per aver violato più volte la misura cautelare degli arresti domiciliari.  Nel comunicato stampa dell’Arma si parla esplicitamente di “violazioni accertate dai carabinieri nel corso dei loro controlli quotidiani e prontamente segnalate all’Autorità Giudiziaria”.

Proprio queste ‘evasioni’ dal domicilio di Camardo avrebbero spinto la Procura della Repubblica di Campobasso a chiedere e ottenere dal Gip del Tribunale l’aggravamento della misura cautelare, portando il giovane nel penitenziario.

L’avvocato che difende il 33enne smentisce però che ci siano state queste ripetute violazioni: “Non è vero, lui da casa non si è mai allontanato ed è stato sempre presente ai controlli dei carabinieri. Sono certa che tutto si chiarirà e che sarà scagionato dal sospetto di aver causato la morte di questa persona”.

Il legale Teresa Discenza, fiduciosa nel pronunciamento della magistratura, riferisce a Primonumero di essersi opposta alla detenzione in carcere anche dopo l’interrogatorio di garanzia che c’è stato ieri, 30 ottobre. Al momento però Camardo resta confinato dietro le sbarre.

Il ragazzo, purtroppo, avrebbe capito solo da poco di avere un problema serio di dipendenza dalla cocaina “ma con la morte del 49enne di Bojano – lo ripeto – non c’entra nulla, tanto che ha anche chiamato i soccorsi”.

Chi ha assistito agli ultimi, drammatici istanti di vita di A.R. potrà sicuramente aiutare gli inquirenti a capire meglio cosa è successo la sera del 22 ottobre nella villetta di Baranello. Sta di fatto che, seppure non collegato direttamente alla morte dell’amico, l’aggravamento della misura cautelare in carcere è arrivata proprio dopo questo tragico episodio.

Non solo. Se è vero che le violazioni dei domiciliari sono state più di una – come confermano gli stessi carabinieri – perché Camardo non è stato portato già allora in carcere?

La coincidenza potrebbe non significare nulla, ma è senz’altro curiosa. Soprattutto considerando i suoi precedenti per spaccio. Nessuno al momento può escludere che quelle ‘evasioni’ (che, lo ripetiamo, risultano ai carabinieri ma non alla difesa) non fossero finalizzate all’acquisto di cocaina, dalla quale il 33enne era dipendente. E se, oltre a consumarla, l’avesse anche spacciata? Camardo, infatti, poteva ricevere amici e familiari a casa (l’ordinanza emessa dopo il suo arresto di luglio non era particolarmente restrittiva) ma se è così, che bisogno aveva di evadere per andare a procurarsi la cocaina? Chi, ad oggi, può escludere che gli stupefacenti non glieli avesse portati proprio l’ex socio del night in cui Camardo e A.R. hanno lavorato?

Sono solo alcuni degli interrogativi sui quali  lavorano inquirenti e investigatori.

Quando il quadro sarà più chiaro si capirà anche l’accusa per il 33enne. Non è da escludere una sua iscrizione sul registro degli indagati non per omicidio colposo ma per una ipotesi diversa, quella di “morte procurata in conseguenza di un altro delitto”.

In più deve già rispondere per la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti che è l’altra accusa per la quale era stato arrestato a luglio. Le indagini non sono ancora chiuse, e la morte di A.R. la sera del 22 ottobre ha ancora i contorni di un giallo.

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