Senso/53

Figli bruciati dal gioco e dall’incuria. L’altra dipendenza “fatta in casa”

Limitare l'uso dei videopoker o dei gratta&vinci non basta, molte volte la ludopatia si sviluppa fra le mura domestiche. Il presidente regionale dell'ordine degli psicologi Nicola Malorni fornisce un'analisi dei perché e suggerisce come intervenire

C’è un ragazzo di 14 anni che ruba denaro in casa per il poker on line e l’altro di 17 che ha venduto tutto l’oro di famiglia per i Gratta e Vinci. C’è poi l’altro che, in casa non ha dato segnali di malessere, e invece alla nonna e alla zia ha sistematicamente fatto sparire, nell’arco di qualche mese, diverse centinaia di euro. E ci sono loro, i genitori, che parlandomi col tono e l’espressione di chi si è già arreso, sembrano non credere che sia potuto accadere proprio a loro, alla loro famiglia.

Attoniti, si recano dapprima dal parroco, poi dall’amica, poi dal medico di base, per accettare, infine, di parlare con uno psicologo. Proprio a loro: che non hanno mai maltrattato i figli, che qualsiasi cosa erano pronti a regalargliela. Mai avrebbero immaginato di poter avere, in casa, un figlio capace di far sparire fino a 1000-1500 euro per il gioco. Troppo difficile da accettare, troppo difficile parlarne.

Ed è difficile sentire la bramosia di quel figlio cresciuto nell’agio, impossibile riconcepirlo come un ragazzo intelligente e allo stesso tempo ossessionato da carte, numeri, tablet e gratta e vinci. Dolorosissimo ammettere che, come già indicato dal medico di fiducia, quel figlio dovrà molto probabilmente recarsi, anche lui, al Serd della ASL, assieme ad altri 8.000 giocatori patologici in Italia.

Sono disperati questi genitori, perché sanno che la società non è ancora attrezzata per contrastare efficacemente quella che sembra essere diventata un’epidemia. Perché hanno saputo che anche  gli amici del figlio fanno lo stesso, anzi, hanno contatti on line frequenti con diverse decine di ragazzi in tutta Italia.

nicola malorni

La Regione Molise ha varato la sua legge per il contrasto del gioco patologico: sono previsti sgravi per i locali slot machine free e distanziometri di 500 metri, ossia il divieto di aprire sale da gioco, sale scommesse e spazi per il gioco con vincita di denaro a una distanza inferiore ai 500 metri da aree reputate ‘sensibili’ quali istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, centri di aggregazione sociale o giovanile, strutture a carattere culturale, ricreativo e sportive, strutture sanitarie e ospedaliere, istituti di credito o sportelli bancomat.

Ma soprattutto le azioni di contrasto previste dalla norma regionale puntano alla prevenzione e al trattamento delle dipendenze patologiche. Perché ormai non sono più identificabili i luoghi fisici dove si gioca e dove , magari, puoi proibire ad un figlio di andare; ormai la tragedia si consuma in casa, in cameretta, perché il gioco patologico si alimenta in rete, è comodamente fatto in casa. Quindi serve poco allontanare le tentazioni, mettere i lucchetti alle slot machine o chiudere i centri gioco vicini alle scuole. L’unica cosa da fare è quella di recarsi presso i Serd pubblici o dai professionisti privati e tentare soprattutto con la psicoterapia che – di fatto, però – continua ad essere ancora poco assicurata nei servizi pubblici, data l’atavica carenza di personale psicologico nei nostri servizi.

Eppure – si legge nel testo della norma – la Regione promuove “percorsi di ampia partecipazione attraverso la valorizzazione della collaborazione tra enti locali, Asrem, autorità di pubblica sicurezza, istituzioni scolastiche, terzo settore e associazioni interessate”. Nella tragedia che si ritrovano a vivere, quindi, questi genitori poi devono anche confrontarsi con la beffa di una Legge scritta che, nella realtà, non è attuabile per carenza di operatori in grado di aiutarli davvero. Ci sono progetti, sì, che rendono felici i progettisti dei servizi e alcuni operatori che si classificano tra i primi in graduatoria per azioni progettuali di 1 anno o 18 mesi, forse rifinanziabili, ossia per progetti “sperimentali” cosiddetti su generazioni di giovani che continuano a bruciare.

Gli amministratori, i dirigenti dei servizi socio-sanitari, i coordinatori degli ambiti sociali dovrebbero avere ben chiaro che, per le problematiche che attanagliano questi genitori e questi figli, non sarà risolutivo individuare le aree urbane “sensibili” o prevedere forme premiali per gli esercenti pubblici che sceglieranno di non istallare o di disinstallare le apparecchiature per il gioco d’azzardo. Né sarà sufficiente l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie (da 5 mila a 10 mila euro, nonché la chiusura degli apparecchi da gioco) per gli esercizi che violeranno le disposizioni della Legge. Perché ci sono aree più sensibili nel mondo interno di questi figli e nelle relazioni di questi genitori con i loro ragazzi, rispetto alle quali le proibizioni o le disinstallazioni sono inefficaci, insufficienti, illusorie. Guai a concentrare l’attenzione su questi dispositivi di legge trascurando il mondo interiore e la dimensione relazionale del fenomeno.

Non si lascino sedurre gli Amministratori dalla tentazione di attuare il potere conferitogli dalla Legge agendo esclusivamente sui venditori di gioco. Non è lì che si rintana la serpe.

Perché il gioco è una compensazione e bisogna capire di cosa. Questi figli hanno bisogno di adrenalina e il gioco per loro è come una droga, hanno bisogno di tornare spesso a puntare, a scommettere, altrimenti perdono completamente il controllo. Noi (psicologi, medici e genitori) li vediamo con le crisi di astinenza da gioco segnate da attacchi di panico e depressione perché per molti la vita senza scommesse è diventata peggio che senza droghe.

Ai loro genitori, ai Sindaci e a tutti coloro che avrebbero dovuto di norma occuparsi della loro salute e della loro crescita, questi figli avevano chiesto già nel passato, con alcuni segnali di disagio già visibili durante gli anni della scuola d’infanzia o delle elementari, maggiore ascolto e comprensione; avevano chiesto alternative al gioco solitario con i video giochi che durava nei pomeriggi invernali e anche estivi fino a 3-4 ore consecutive; avevano chiesto aree gioco pubbliche attrezzate e ben curate per i giochi all’aperto; avevano chiesto semplicemente del tempo da condividere con i loro gruppi di amici nelle aree verdi delle loro città.

E avevano chiesto comunicazioni più efficaci tra la scuola e la loro famiglia e funzioni genitoriali educative più robuste; avevano anche segnalato che la stessa competitività dei genitori fra loro e con i loro modelli di riferimento culturali, si sarebbe presto trasferita nelle loro vite, attraverso ansie prestazionali e intolleranza verso frustrazioni ed altre variazioni in tema di sofferenza. E tutto questo si consumava in famiglia, tra le mura domestiche, mentre i parchi delle città, abbandonati all’incuria, continuavano ad essere infestati da ratti e siringhe di tossici. Cattivi presagi per quei genitori che, allontanando i figli dai luoghi della loro infanzia, hanno preferito rintanarli in casa, lasciandoli davanti ai video giochi di tablet e telefonini; complice anche la loro inerzia, la loro passiva e “rassicurante” rassegnazione all’inconsapevolezza.

Le prospettive occupazionali ed esistenziali incerte, l’assenza di progetti e la carenza di adrenalina che le passioni e i sogni producono, aumentano il ricorso a queste attività. Gli ostacoli alla crescita fanno regredire questi figli ad un pensiero magico infantile di risoluzione rapida dei problemi, di annullamento della frustrazione ed evitamento dell’angoscia associata. L’adolescenza, poi, è un periodo di transizione per cui il giovane è anche incline a sfidare il mondo degli adulti pur non avendo ancora piena consapevolezza delle sue azioni e dei rischi. La Rete è sicuramente un modo per entrare in contatto con attività tipicamente adulte che procurano eccitazione, stimolando i centri nervosi del piacere (come fanno anche le droghe), stati mentali che compensano la noia e le angosce associate ai problemi della quotidianità. Il gioco patologico funge da vero e proprio ammortizzatore di vissuti ed emozioni negative che i giovani tentano di eludere per evitare il carico perturbante e potenzialmente disorientante della vita.

Occorre quindi che tutti (ragazzi, genitori, insegnanti, amministratori, politici) rivolgano lo sguardo al proprio interno, verso quelle “aree sensibili” dell’anima deturpate dall’incuria, che talvolta si palesa all’esterno, nelle aree verdi delle nostre città e nei centri scommesse, solo per rispecchiare un disagio che nell’ombra del nostro mondo interiore è più difficile scorgere.

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