Il taglio dei finanziamenti da roma

Casse vuote nel Pd. Stretta sugli eletti inadempienti: “Chi non paga le quote è incandidabile”

Dopo l'abolizione dei rimborsi elettorali, le casse dei partiti si sono quasi svuotate. Si fanno i conti pure nel Partito democratico che oggi porterà il tema all'attenzione dell'assemblea. Scatta dunque il pugno duro nei confronti degli inadempienti: chi è moroso, rischia l'incandidabilità alle prossime elezioni.

Da quando nel 2017 sono stati aboliti i rimborsi elettorali, pure i partiti sono in affanno. E si sono dovuti trasformare in ‘ragionieri’ per far quadrare i conti. Entrate e uscite, quote da versare. Tutto calcolato al centesimo. Perchè le casse ormai sono quasi vuote. I principali ‘finanziatori’ sono diventati gli eletti (consiglieri comunali e regionali, assessori e sindaci) che versano una parte della loro indennità per contribuire alle spese del partito. Poi, come prevede la legge, ci sono altre due fonti di finanziamento: le donazioni dei privati e i proventi derivanti dal 2 per mille che i cittadini hanno la possibilità di dare quando fanno la dichiarazione dei redditi.

Insomma i tempi d’oro sono finiti. E se il Pd Molise ha deciso di inserire questo argomento nell’agenda dei lavori dell’assemblea di oggi (nella quale sarà fissato il calendario delle riunioni per il rinnovo di tutti gli organismi dirigenti e le primarie per il nuovo segretario regionale), vuol dire che la situazione è seria.

La prima strategia per rimpinguare le casse si rivolge agli inadempienti: nei loro confronti scatta il pugno duro. Tanto è vero che gli eletti tesserati (perché poi ci sono pure i non tesserati eletti nelle liste del Pd che non pagano comunque, ma questo è un capitolo a parte) dovranno mettersi in regola. O rischiano di non essere candidabili.

C’è una proposta. Ed è emersa nell’ultima riunione del coordinamento regionale, a cui l’assemblea regionale ha dato il mandato di traghettare il Partito democratico fino alla rielezione degli organi statutari: far pagare agli eletti il 5% della propria indennità.

“Attualmente non ci sono debiti, salvo quelli correnti, come le bollette“, spiega a Primonumero.it il tesoriere del Pd Giovanni Di Vita. E’ lui che sta facendo i conti e che dagli ultimi quattro anni sta tenendo la ‘contabilità’ dei democratici. Perciò, premette, “i nostri bilanci comunque sono trasparenti, tutti i movimenti in entrata e in uscita sono tracciati. Tutto è stato posto poi al vaglio della Corte dei conti che controlla i bilanci dei partiti politici e non abbiamo mai avuto un rilievo”.

Se le casse sono semivuote è soprattutto perchè attualmente il Pd ha pochissimi eletti, a cominciare dal Consiglio regionale: dopo la fine del governo Frattura e la vittoria del centrodestra, ad esempio, a palazzo D’Aimmo sono rimasti solo Micaela Fanelli e Vittorino Facciolla. “Prima avevamo versamenti più consistenti perchè avevamo più consiglieri regionali, oggi ne abbiamo solo due. Ed è chiaro – aggiunge Di Vita – che si è ridotta la platea degli eletti. Poi da Roma non arrivano più trasferimenti e quindi il discorso finanziario è finito all’attenzione del coordinamento”. Per questo, il tesoriere lancia un invito a tutti gli eletti “ad essere puntuali con i pagamenti”.

Anche perchè è a rischio la sede di via Ferrari che costa ogni mese poco meno di 500 euro tra affitto e bollette. Forse è pure sottoutilizzata dai democratici: probabilmente l’ultima volta in cui sono state organizzate conferenze stampa è stato in occasione delle Politiche di marzo. “Quella sede ci costa 490 euro, stiamo valutando se tenerla o no. Il coordinamento non vuole dismetterla. Purtroppo in queste condizioni, a qualcosa si deve pure rinunciare“.

La stretta sugli eletti sarà fatta. “L’articolo 22 dello Statuto prevede l’obbligo del versamento da parte degli eletti. Chi non versa, si pone in contrasto con questa norma”. Insomma, lo statuto dei democratici sarà applicato senza sconti.

Per questo proprio Di Vita nei giorni scorsi ha inviato i primi messaggi per intimare gli amministratori ‘irregolari’ a saldare i conti ricordando che “in caso di morosità, il coordinamento applica l’articolo 22 dello Statuto“. La norma prevede l’incandidabilità per gli inadempienti. Il che potrebbe far ritrovare fuori dai giochi qualche amministratore che punta a ripresentarsi alle elezioni di maggio. Magari per qualcuno potrebbe pure essere una ‘scorciatoia’. Soprattutto per chi avrebbe la scusa per far scattare una ‘epurazione forzata’ e avere le mani libere per candidarsi con qualche altro partito. Anche di centrodestra. Senza essere poi considerato un traditore.

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