La testimonianza

Novant’anni, inoperabile, dimessa dopo tre giorni di ricovero. La famiglia: “E adesso?”

Il racconto toccante della nipote di una 90enne campobassana giunta in gravi condizioni all'ospedale Cardarelli di Campobasso. Per i medici non c'è nulla da fare e dopo un breve ricovero la paziente è stata dimessa. "Non è operabile, non può seguire una riabilitazione e non può andare in un hospice perché non è moribonda: per loro è un numero per noi una persona cara. Ci vuole dignità e fortuna anche nella scelta tra la vita e la morte".

La signora Maria, la chiameremo così, ha 90 anni. Piena di acciacchi è arrivata all’ospedale Cardarelli di Campobasso in stato d’incoscienza. E non si è più ripresa. Dopo tre giorni di ricovero i medici – pur ammettendo di non poter far nulla per lei – hanno chiesto alla famiglia di riportarsela a casa. Maria non è operabile e non ha molte chance di farcela. Tenerla in ospedale sarebbe inutile per i costi da sopportare e per il posto letto occupato in un sistema, come quello sanitario molisano, che ha tagliato il superfluo ma anche il necessario.

Quelle dimissioni, per i parenti dell’anziana donna, sono state disarmanti, li hanno fatti sentire abbandonati e i soli responsabili della vita di una persona cara “che per il servizio pubblico diventa un numero e una questione di priorità sanitaria”.

 

E’ una testimonianza toccante quella che riportiamo oggi, capace di accendere i riflettori (ancora una volta) sui disservizi di un settore al collasso.

 

“Mia nonna 90 enne, già con molti acciacchi dovuti all’età, la scorsa settimana è stata portata d’urgenza all’ospedale di Campobasso, dove è arrivata in stato d’incoscienza e dopo essere stata sottoposta ad una Tac , i medici hanno ritenuto opportuno ricoverarla nel reparto di Medicina. Mia nonna non si è più ripresa, i medici ci danno dato poche speranze sul fatto che possa farlo, ma a 90 anni cerchi di fartene una ragion e l’unica speranza, alimentata dall’affetto e dall’amore dei suoi familiari è che lei soffra il meno possibile. Dopo 3 giorni di ricovero, senza mai aver ripreso conoscenza, con il sondino naso gastrico, flebo, catetere e l’esito di una seconda Tac di controllo che poco lascia spazio alla più nascosta delle speranze, arriva la sentenza dei medici del Cardarelli: “La paziente può essere dimessa””.

Purtroppo, come ha avuto modo di constatare la nostra lettrice, non si può tenere una paziente in fin di vita in ospedale quando non c’è nulla da fare. E neppure in un centro di riabilitazione visto che c’è poco da riabilitare. Maria non è adatta neppure per un Hospice “perché non è sufficientemente moribonda”.

“E allora cosa si deve e si può fare per una paziente nelle stesse condizioni di mia nonna? I medici dell’ospedale non si assumono la responsabilità di darti un consiglio, non è loro compito. I medici dell’ospedale non si assumono la responsabilità di dire che ha diritto ad una riabilitazione in modo che centri riabilitativi, come il San Francesco di Vasto, la possano ospitare. I medici dell’ospedale non si assumono la responsabilità di dire che è davvero in fin di vita quindi può essere accolta in una struttura come l’Hospice”.

Quindi la responsabilità ricade tutta sulla famiglia disarmata ed incredula, incapace di reagire con freddezza al dolore e all’organizzazione fredda e razionale che la vita ti richiede.

“Mi chiedo se il caso di mia nonna sia l’unico, oppure se ci sono altre persone che come lei avrebbero bisogno di un assistenza infermieristica H24 e che non sanno dove trovarla, se non in cliniche a pagamento a questo punto. Mi chiedo se ci sia un modo dignitoso in cui una persona che ha già tanto sofferto in vita possa trovare sollievo in momenti bui e difficile come quello che mia nonna sta vivendo sulla sua pelle oramai stanca e avvizzita da mille buchi. Ci vuole dignità e fortuna anche nella scelta tra la vita e la morte”.

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