La proposta

Il record di disoccupati e l’autonomia: “L’agonia del Molise è un’emergenza. È ora di chiudere la Regione”

Dopo la pubblicazione di un articolo del Corriere della Sera che ha fatto molto discutere, lo scrittore molisano Antonio Pardo Pastorini fa luce su alcuni dati inquietanti e indica come uscirne: “Ma da soli i molisani non hanno la forza per invertire la decadenza”

Può il Molise ignorare i segnali inequivocabili di decadenza senza prendere atto che da solo non può farcela a invertire la rotta? Domanda più che legittima se la si pone alla luce di dati molto preoccupanti per l’economia e per la società di un territorio.

Ha fatto molto discutere in questi giorni l’articolo di approfondimento del Corriere della Sera sull’alto tasso di disoccupazione della nostra regione. Un dato che va preso con le molle ma che evidenzia l’atavica mancanza di posti di lavoro in Molise. Riprendendo il tema e analizzandolo ancor di più nel dettaglio, lo scrittore molisano Antonio Pardo Pastorini pone degli interrogativi e indica le possibili soluzioni. Partendo dall’assoluto bisogno di eliminare politica, quindi non certo geograficamente, la Regione Molise.

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“Se mai avesse avuto bisogno dell’ennesimo primato negativo, dopo l’articolo di Monica Guerzoni sul Corriere della Sera del 15 settembre, il Molise nell’immaginario degli italiani è diventata la regione con più disoccupati d’Italia”.

Ma per cominciare bisogna fare dei distinguo. “La giornalista, con l’abilità di chi usa la penna per suscitare clamore, ha associato alla parola disoccupati la percentuale mostruosa del 71,8%. Valore che non misura il numero di chi è in cerca di lavoro, ma indica la quota di disoccupati che cercano un’occupazione da più di un anno. Nell’articolo non si fornisce il tasso di disoccupazione molisano pari, secondo dati Istat del 2016, al 14,5%. Certamente superiore alla media nazionale del 10,7%, ma non il peggiore. Nella poco invidiabile classifica il Molise è al sesto posto, dopo la Calabria al 23,2%, la Sicilia al 22,1%, la Campania al 20,4%, la Puglia al 19,4% e la Sardegna con il 17,3%”.

Ma fatte le dovute distinzioni, resta un fatto grave. Il Molise continua a trascinarsi da anni senza che si veda una via d’uscita raggiungibile. “Se sui numeri l’articolo del Corriere fuorvia il lettore non attento – prosegue l’autore di ‘Un altro mondo è possibile’ -, esso ha il merito di portare nell’arena nazionale la lenta e irrefrenabile agonia molisana. La speranza è che inneschi il dibattito per comprenderne le ragioni e orientare possibili vie d’uscita. Sono persuaso che il peccato originale del mancato sviluppo e del declino sia stato il riconoscimento dell’autonomia regionale, conferita alla provincia di Campobasso nel 1963”.

Da allora infatti, secondo l’analisi che fa lo scrittore, le cose per chi vive a Campobasso e dintorni non sono andate come si sperava, ma costantemente peggio. “I potentati locali, con una legge costituzionale, modificarono la norma che impediva a territori con meno di un milione di abitanti di ricevere lo status di regione politica-amministrativa. Senza una massa critica demografica non può formarsi una classe dirigente, capace di immaginare e governare lo sviluppo. Fiorentino Sullo lo predisse nel 1963, insieme ad altri eminenti costituzionalisti, che si opponevano alla separazione del Molise dall’Abruzzo. Le conseguenze di quell’errore sono evidenti”.

Un po’ di dati aiutano a capire cosa sta andando per il verso sbagliato, qualora servisse fermarsi a guardare i numeri oltre che a osservare la realtà che ci circonda. “In oltre 50 anni il Molise era e rimane marginale, al di sotto delle potenzialità, e privo di una connotazione identitaria propria. Dal 1963 ad oggi il territorio ha perso più di 50.000 abitanti, unica realtà in Italia ad avere avuto un calo demografico non ancora fermatosi. Su 10.000 euro di Pil italiano solo 35 euro sono generati in Molise. Su 100.000 turisti stranieri in Italia solo 28 visitano il Molise. Su 1.000.000 di euro fatturati con beni culturali e museali solo 33 euro provengono dal Molise. In più l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2016 ha inserito nel 2016 la zona costiera tra Termoli e Guglionesi tra le 45 zone più inquinate d’Italia e con la più alta incidenza di tumori”.

Come se ne esce? Per Pastorini bisogna eliminare la Regione Molise intesa come istituzione politica e come lui la pensano decine, forse centinaia di migliaia di molisani. “È giunto il momento di ammettere che da soli i molisani non hanno la forza per invertire la decadenza. È una questione non solo di capacità economica, ma soprattutto di insufficiente capitale umano. In attesa che a livello nazionale si ridisegni la geografia politica-amministrativa italiana, riducendo il numero delle regioni, il Molise dovrebbe alzare la voce e pretendere dallo Stato un congruo risarcimento per la legge costituzionale che, dividendolo dall’Abruzzo, senza la presenza dei requisiti demografici ed ambientali, lo ha condannato alla emarginazione. Non elemosine, né mancette, ma un progetto di respiro nazionale per trasformare l’unicità del territorio, costellato da decine di pittoreschi borghi antichi, nel più grande parco attrattivo per il turismo naturalistico, salutistico, sportivo, storico, culturale, religioso e gastronomico”.

La ricetta di Pastorini è un’idea che pare l’uovo di Colombo ma che evidentemente chi controlla l’amministrazione pubblica locale non è mai riuscita a mettere in pratica in questi ultimi decenni. “Si tratta di ristrutturare gli oltre 2.500 chilometri di strade regionali e provinciali; recuperare l’edilizia e la pavimentazione dei centri storici; ripristinare gli antichi tratturi; tracciare ciclovie e sentieri camminabili; realizzare impianti sportivi sui bacini idrici. Insomma aprire un grande cantiere molisano con un progetto d’interesse nazionale, sotto la responsabilità di un commissario governativo. In fondo l’agonia del Molise è un’emergenza, come un terremoto o un ponte che crolla. Un investimento di 3-4 miliardi, distribuito in 5-10 anni, creerebbe circa 60.000 posti di lavoro, darebbe un incremento demografico e proietterebbe il Molise in una ambita meta turistica internazionale”.

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