Senso/47

Al via il nuovo anno scolastico. Stress e promozione del benessere a scuola

Lo stress che l’impegno scolastico implica potrà rivelarsi un ottimo fattore di sviluppo e di promozione del benessere per i nostri giovani, in misura della consapevolezza che ognuno di loro avrà dell’equilibrio interiore tra energie richieste e impiegabili, tra compiti e risorse, tra impegno e motivazione

È indubbio che l’avvio del nuovo anno scolastico potrà evocare nei nostri studenti, come ogni anno, una certa ansia. Non mancheranno al contempo l’entusiasmo e la gioia per il nuovo percorso di studio. Sentimenti contrastanti, bisogni e aspirazioni nuove potranno affacciarsi sulla scena dispiegando, assieme alle risorse esterne e interne di ogni studente, il loro potere di trasformazione.

nicola malorni

Da psicologo sono convinto che lo stress che l’impegno scolastico implica potrà rivelarsi un ottimo fattore di sviluppo e di promozione del benessere per i nostri giovani, in misura della consapevolezza che ognuno di loro avrà dell’equilibrio interiore tra energie richieste e impiegabili, tra compiti e risorse, tra impegno e motivazione. In ultima analisi, sto ponendo al centro di questa riflessione il tema importantissimo della gestione dello stress correlato alle attività di studio e di lavoro scolastico.

La consapevolezza da parte dello studente e dei suoi insegnanti degli equilibri tra questi fattori ed altri che svilupperò di seguito, è protettiva rispetto alla temibile cronicizzazione dello stress, considerato ormai dalle scienze mediche e psicologiche uno tra i più potenti fattori di rischio per il benessere dell’essere umano, sin dalle prime fasi di sviluppo.

Prendiamo, ad esempio, uno studente che abbia difficoltà specifiche di apprendimento come la dislessia: il rischio di esposizione ad una condizione di stress cronico nel corso del suo anno scolastico sarà il prodotto dell’interazione tra le richieste esterne (i compiti di apprendimento) ed interne (le sue aspirazioni e bisogni) e le risorse interne (capacità di apprendimento, caratteristiche di personalità individuali) ed esterne (disponibilità di supporto didattico, tecnologie, piani individualizzati per l’apprendimento ecc.).

La psicologia può offrire validi strumenti utili al controllo e alla gestione dello stress cronico correlato alle attività di studio, ma prima di esemplificare un possibile approccio con la proposta di un modello di intervento in questo specifico ambito, ritengo sia utile approfondire alcune caratteristiche dello stress così come è esperito dall’essere umano.

Lo stress non è legato esclusivamente ad eventi eccezionali come un pericolo, una minaccia, una malattia, un duro lavoro o un trauma, ma fa parte della nostra vita quotidiana, accompagnandoci sin dal risveglio durante tutto l’arco della giornata. Ossia, gli stessi processi si attivano di fronte ai pericoli così come di fronte ai compiti e alle azioni comuni da svolgere nel corso della giornata, con gradazioni differenti di energia che immettiamo nei nostri processi mentali. Al mattino, infatti, dopo un sufficiente riposo notturno, l’ormone responsabile dello stress, il cortisolo, raggiunge il picco rendendoci energici e reattivi, pronti ad affrontare tutti i compiti che ci aspettano, per poi gradatamente sfumare fino al riposo della sera. Dobbiamo però sapere che l’essere umano è un sistema molto complesso in quanto è dotato di un’attività mentale capace di coscienza e di affettività: le nostre azioni, il nostro modo di affrontare gli eventi, e quindi le nostre reazioni scatenate, ad esempio, dall’avvio del nuovo anno scolastico, dipendono fortemente dalla nostra personalità e, in ultima analisi, dal cosiddetto “mondo interiore”. Conseguentemente, l’azione del cortisolo, e quindi lo stress, non agisce esclusivamente nella nostra vita soltanto in base a processi neuronali responsabili della produzione di questo ormone, ma soprattutto sono implicati i nostri pensieri e i nostri vissuti affettivi, i significati che attribuiamo agli eventi, le aspettative e i bisogni, la percezione della disponibilità di risorse interne ed esterne, e aspetti del funzionamento inconscio della mente.

Ad esempio, in base ai dati empirici che la ricerca sperimentale ha prodotto, possiamo affermare che lo stress dello studente con difficoltà di apprendimento è implicato in tutte e tre le seguenti condizioni: a) può trovarsi a dover sostenere una interrogazione di Storia senza uso di mappe concettuali; b) può osservare un suo compagno di classe che sostiene una interrogazione di Storia non avendo difficoltà; c) può immaginare di poter essere interrogato dall’insegnante di Storia senza mappe concettuali. Nel primo caso lo stress si attiva immediatamente dal momento in cui sente l’insegnante che lo invita a riferire dell’argomento di studio senza uso di mappe concettuali; nel secondo caso vive uno stato di stress, verosimilmente di gradazione inferiore, immedesimandosi nel compagno che è interrogato; nel terzo caso sperimenta una sequenza di immagini attive che procurano stress grazie al potere dell’immaginazione e dei pensieri negativi.

Ma perché lo stress è così pervasivo da essere sperimentato dallo studente anche semplicemente immaginando l’interrogazione?  E perché è impossibile non sperimentarlo con un atto cosciente di evitamento del pensiero? La risposta della psicologia a queste domande è molto semplice: lo stress ha per l’essere umano una funzione utile; ci salva la vita, in alcuni casi, o tende a migliorarcela in altri. Lo stress ci rende attivi, vigili, attenti, indirizza il nostro agire verso la soluzione di un problema e tutto questo lo fa coinvolgendo in modo pervasivo tutto il sistema mente-corpo, dal livello cellulare (il cortisolo) a quello psichico (immagini e  pensieri). È una funzione evolutiva che implica anche un forte dispendio energetico e un carico di lavoro importante per molti organi del nostro corpo (apparato cardiocircolatorio, polmoni, apparato digerente) e per la nostra stessa mente. Di conseguenza è significativamente correlato a rischio cardiovascolare (+70%), diabete (+50%), demenze (+20%) e malattie oncologiche risultando quindi tra i principali fattori di rischio per la salute umana, intesa come benessere sia fisico sia psicologico sia sociale.

Tornando ai nostri ragazzi e ai loro insegnanti, e alla questione della gestione dello stress a scuola, ovviamente non posseggo delle formule comportamentali valide per tutti, anzi mi astengo proprio dall’immaginare che sia possibile rintracciarle da qualche parte. Credo, tuttavia, che a partire dalla scuola sia importante, con l’apporto della Psicologia scolastica, promuovere la consapevolezza nello studente del suo personale equilibrio. Egli, anche quest’anno, affronterà lo studio in tutti i suoi aspetti (dalle lezioni ai compiti pomeridiani, dalle verifiche ai viaggi per recarsi a scuola ecc.), trovandosi di fronte a richieste di insegnanti e genitori, ma anche di fronte alle proprie aspirazioni e bisogni personali. Per far fronte a tali istanze esterne/interne, lo studente dovrà necessariamente disporre di energie personali, competenze e abilità di apprendimento, nonché attitudini a gestire le proprie emozioni, come anche di supporto esterno derivante dai compagni, dagli insegnanti, dalle tecnologie, dai libri di studio.

David Lazzari, dirigente psicologo del Servizio di Psicologia dell’Azienda Ospedaliera di Terni e past president della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia, che da molti anni si occupa di ricerca e formazione sullo stress, ci propone il suo modello della “bilancia dello stress” (Lazzari, 2017) per valutare e “bilanciare” il nostro livello di stress al fine di migliorare il nostro rapporto con esso e l’uso che ne facciamo nella vita quotidiana. Ho provato a declinare il suo mondo di analisi e intervento sullo stress nel mondo della scuola. Immaginando, ad esempio, che il nostro studente con difficoltà di apprendimento possa posizionarsi al centro di 4 aree formate da due assi che si intersecano perpendicolarmente, identificabili nei quattro fattori sopra menzionati (richieste del mondo esterno e richieste del mondo interno, risorse soggettive e risorse ambientali o di contesto), proviamo a dare, seguendo l’insegnamento di Lazzari, un punteggio da 1 a 10 a queste 4 voci. Ad esempio: il nostro studente ha punteggio 5 per richieste esterne (superare le difficoltà di apprendimento e ottenere un buon rendimento scolastico) e 9 per richieste interne (aspettative di successo nell’apprendimento, sentirsi alla pari con altri compagni, avere del tempo libero, riuscire a seguire attività sportive oltre lo studio a cui tiene), la somma è 14; ottiene invece punteggio 5 per le risorse interne (ha difficoltà di lettura e di memoria, necessità di molto tempo per comprendere e memorizzare un testo) e 2 per quelle esterne (non ha strumenti compensativi, non gli è stato insegnato l’uso di mappe concettuali) con somma 7. Verifichiamo immediatamente uno sbilanciamento a sfavore delle risorse con una differenza di 7 rispetto alle richieste. Il peso delle richieste (14) è, infatti, pari al doppio delle risorse (7). Il gap appena evidenziato potrà certamente declinarsi, se non si presterà attenzione a questa iniziale condizione di partenza, in uno stato di stress cronico potenzialmente dannoso per lo stato di salute fisica e psichica, oltre che per il successo scolastico dello studente.

La semplicità di questo modello, niente affatto banale poiché messo a punto grazie a molteplici ricerche scientificamente validate, evidenzia come la consapevolezza di sé possa utilmente essere investita per migliorare lo stato di salute dei nostri studenti e della popolazione in generale. Occorre in ultima analisi saper investire nello stress positivo (che chiamiamo eustress) abbattendo quello negativo (o distress): non basta avere energia a disposizione, occorre anche conoscere dove è utile incanalarla bilanciando bisogni e risorse ed evitando inflazioni dispendiose e deleterie. Buon anno scolastico a tutti.

 

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