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Aut Aut, Mantellini e la profondità possibile nelle nostre vite a ‘bassa risoluzione’

Il web e i cambiamenti che ha portato nel nostro quotidiano affrontati nella penultima serata dell'Aut Aut festival insieme a Massimo Mantellini che ha presentato in una piazza Duomo gremita il suo libro 'Bassa risoluzione'.

Penultimo atto quello di ieri sera, sabato 18 agosto, per l’Aut Aut festival 2018 con un ospite d’eccezione: Massimo Mantellini che ha presentato al pubblico il suo libro ‘Bassa risoluzione’, edito da Einaudi (2018).

Piazza Duomo al completo per un dibattito pacato e raffinato – condotto come sempre dalla curatrice del festival Valentina Fauzia – che ha illustrato con chiarezza uno dei temi che più ci riguarda tutti: Internet e i cambiamenti che ha apportato nelle nostre vite quotidiane. Mutamenti, quelli trattati nel libro dell’ospite, che afferiscono in particolare alla sfera percettiva, al come è cambiato il nostro approccio alle cose che facciamo quotidianamente – in ambiti quali la musica, la letteratura, la fotografia, l’informazione – a seguito dei cambiamenti tecnologici.

Aut Aut - Mantellini

Mantellini lo chiarisce fin dalle prime battute: non si tratta di un libro catastrofista o che – aggiungiamo – avversa la modernità e rimpiange nostalgicamente il passato. È invece un lavoro editoriale che indaga alcuni fenomeni della contemporaneità attraverso un binomio, bassa risoluzione/ alta risoluzione, che ci aiuta a meglio leggere il nostro presente.

L’ipotesi di Mantellini è che molte delle attività che compiamo ogni giorno siano associate all’idea di bassa risoluzione. Si tratta di una riduzione tecnologica rispetto alla quale si possono annoverare vari esempi: dalle foto scattate con gli smartphone alla musica ascoltata con mezzi che tradiscono l’’alta fedeltà’, dalle notizie che cerchiamo sui motori di ricerca, sui quotidiani e sui social ai voli aerei di compagnie ‘low cost’ che prediligiamo. In ultima analisi ci stiamo adattando ad avere sempre meno, soprattutto in termini di qualità, però – ed è questo che sottolinea più volte l’autore – la qualità che perdiamo da una parte semplicemente si sposta da un’altra parte. “È possibile riconoscere una scintilla in tutto ciò. Il valore delle cose si sposta altrove”.

Un esempio è quello della musica che “mia figlia ascolta con delle casse cinesi e che per lei suona bene così” ma che per il padre inficia la qualità del suono. Allo stesso tempo, laddove i ‘figli’ possono ascoltare tutta la musica del mondo con un click, i ‘padri’ erano costretti a scegliere un Lp da comprare una volta ogni 2 o 3 mesi. La dialettica alta/bassa risoluzione si intreccia dunque anche con quella qualità vs quantità. Le fotografie che oggi scattiamo sono innumerevolmente maggiori rispetto a quelle fatte con il sorpassato rullino. Maggiori, sì, ma a bassa risoluzione.

E ancora, il motore di ricerca numero uno al mondo, Google, permeato nei primi anni della sua nascita da “un principio geniale, ad alta risoluzione”, quello di indicare le pagine o i siti di maggiore rilevanza in relazione ai termini ricercati, che è stato sostituito in anni recenti da nuovi algoritmi che tutti abbiamo imparato in qualche modo a conoscere – anche se non ne siamo sempre consapevoli – come quelli dei risultati che somigliano a noi, alle nostre preferenze commerciali o quello della recente pubblicazione. Ha prevalso anche qui la bassa risoluzione a scapito della qualità.

Nella penultima serata dell’Aut Aut si è parlato molto di informazione, oggi veicolata perlopiù dai social network. Mantellini ha fornito un dato: “Nel 2016 i quotidiani di carta in Italia hanno subito un meno 50 per cento a fronte di una crescita della lettura dei quotidiani on line, nello stesso periodo, del 4 per cento”. Una contrazione enorme. L’informazione passa oggi vieppiù dal canale facebook, sul quale ogni giorno si collegano 28 milioni di persone e che raggiunge anche chi non è connesso. Per l’autore è proprio l’ambito delle notizie quello che desta maggiore preoccupazione, “per l’informazione non vale l’idea che il valore si sposta da un’altra parte”. Si perde dunque. C’è un vasto problema di qualità informativa rispetto al quale “il giornalismo non ha saputo difendere le sue prerogative”. Le conseguenze sono molteplici e tra queste Mantellini annovera “la controinformazione sul tema vaccini” e, più in generale, un meccanismo che tende a rilanciare informazioni irrilevanti e prive di senso ma che piacciono ai lettori. Un’informazione intossicata e sempre più accompagnata da un’esasperazione dei toni che permette di ottenere più attenzione. “Lo vediamo anche nella comunicazione politica”. Mantellini si dice preoccupato da questa deriva. Oltretutto “ci troviamo in una bolla, in rete c’è la tendenza a circondarsi di persone che la pensano come noi”. E invece bisognerebbe comprendere che “l’informazione in rete è solo una parte del tutto” e che le notizie, e le fonti, vanno oculatamente filtrate.

Viene toccato anche il tema dell’educazione digitale. Il nostro è un Paese che soffre di un grande divario digitale ma, per Mantellini, “nessuno se ne interessa” e invece pare non più differibile un percorso che ci aiuti a destreggiarci e ad orientarci nelle enormi maglie – talora trappole – del web.

Restiamo perlopiù in superficie, sebbene le possibilità di approfondimento offerte dai mezzi odierni siano sconfinate. Ma la superficialità non va confusa con la ‘leggerezza’ che invece è una qualità oltremodo stimabile. Calvino nelle sue ‘Lezioni americane’ ne tesse  un elogio associandola all’accuratezza – come ricorda la presentatrice Fauzia – e il concetto viene rilanciato da Mantellini che cita Goffredo Parise e i suoi ‘Sillabari’, un esempio straordinario di valore nascosto dietro la semplicità e la riduzione del formato (i sillabari sono brevi descrizioni poetiche dei sentimenti umani essenziali, che disposti in ordine alfabetico compongono una sorta di dizionario, ndr).

È possibile dunque vivere a bassa risoluzione ma scegliendo la qualità, nonostante la parvenza paradossale di ciò. Nel libro una speranza in tal senso è postulata. “Bisogna trovare un equilibrio tra profondità e superficie, anche nella navigazione web ciò è possibile”. La tendenza alla superficialità è connaturata all’uomo, spiega Mantellini, ma abbiamo bisogno anche del suo opposto. E gli stessi ambienti digitali necessitano di questa compresenza.

La serata si chiude sull’immagine di una tela di Domenico Gnoli che raffigura un bottone di una giacca. “Gnoli era ossessionato dai particolari, era il suo modo straordinario di penetrare in profondità le cose”.

Foto di Costanzo D’Angelo

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