“Un segugio della notizia”. Esordisce così la presidente dell’ordine dei giornalisti del Molise, Pina Petta nell’introdurre i lavori della giornata ricordo in onore di Mino Pecorelli. “Sì, lui aveva fiuto – dice – bravura, competenza, professionalità, passione. Un collega morto nell’esercizio delle sue funzioni”.
Presente anche il sindaco di Campobasso Antonio Battista che parla di un ” figlio di questa terra che non possiamo dimenticare” e naturalmente sua sorella Rosita, che di Pecorelli tratteggia un profilo più appassionato, intimo e personale.
Ricorda le battaglie successive alla sua morte per difendere l’onore del fratello ma ricorda anche e soprattutto i giorni prima dell’omicidio.
“Aveva subìto già minacce, si sentiva in pericolo e sapeva di essere seguito”. “Mino, sarebbe tornato in Molise, perché era molto legato alla sua Sessano: si sarebbe messo di fronte al camino della casa in paese”.
Con Rosita c’è anche il suo avvocato, Claudio Ferrazza, che ha tentato ogni cosa per portare a galla la verità su P2, Giulio Andreotti, cosche, massoneria, Licio Gelli e banda della Magliana perchè quelli erano i segreti che “Mino conosceva e che altri non volevano fossero rivelati”.
E c’è nella stanza dell’ordine di via XXIV Maggio il ricordo di Giovancarmine Mancini, isernino: “Da bambino speso ero solito svegliarmi alle 6.30 con la risata fragorosa di Mino che spesso veniva a quell’ora a salutare mio padre per fare colazione insieme. Erano molto amici”.
Mino Pecorelli venne assassinato il 20 marzo del 1979, erano gli anni di piombo. Si trovava in via Orazio a Roma quando fu raggiunto dai colpi di sicario. Un omicidio considerato uno dei grandi misteri italiani.
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