Termoli

Il linguaggio e i rischi dell’intelligenza artificiale, Bartezzaghi: “Chi parla col telefono mi preoccupa” fotogallery

L'enigmista e scrittore illumina di conoscenza piazza Duomo nella prima serata dell'Aut Aut Festival estate 2018: "Le macchine decidono cose che dovrebbero scegliere le persone"

Dall’importanza dalle parole al rischio che il nostro linguaggio sia comprensibile per le macchine. L’autore ed enigmista Stefano Bartezzaghi ha illuminato di conoscenza, tramite il linguaggio, una piazza Duomo gremita e in ascolto per la prima serata dell’Aut Aut Festival dell’estate 2018, ieri sera 13 luglio a Termoli.

Il suo spettacolo “Autori o automi. Ovvero: enigmistica e intelligenza” ha fatto da apripista alla rassegna ideata dalla responsabile dell’ufficio stampa del Comune di Termoli, Valentina Fauzia, che ha dialogato con l’autore milanese per oltre un’ora.

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A cominciare dal monologo reso popolare dall’attrice Paola Cortellesi ai David di Donatello 2018, nel quale viene messo in evidenza come tante parole abbiano un significato molto diverso fra loro se declinate al maschile o al femminile, in particolare in senso dispregiativo verso le donne. “Una differenza che prima diverte e poi sgomenta” ha detto Bartezzaghi, per altro togliendosi parte del merito per quel monologo e affermando di aver conosciuto la Cortellesi solo in un secondo momento.

Il giornalista e scrittore ha inoltre colloquiato con la presentatrice dell’evento sul futuro della lingua italiana. “Inutile fare tanto i difensori delle parole dal latino, la lingua va dove decidono i parlanti. Certo, l’uso dell’inglese spesso è una cosa povera. Però prima dai giornali imparavamo qualcosa e ci piacevano cose che non capivamo. Adesso questo non sapere ci sta piacendo troppo”.

Fra un passaggio sulla saga di Harry Potter, alla quale ha lavorato per degli “aggiustamenti linguistici” e degli aneddoti sugli enigmi che Paolo Conte mandava a Roberto Benigni, Bartezzaghi ha ricordato la figura di un molisano. “Salvatore Chierchia, in arte Magopide, un grande enigmista. Scrisse ‘Autogenito’, un racconto ironico in cui faceva finta che a scrivere fosse stato un computer, macchina che all’epoca non esisteva. Se sono qui è anche per pagare un vecchio debito col mio amico Magopide”.

Da lì è stato facile agganciare il tema dell’intelligenza artificiale e del linguaggio. “Mi preoccupano un po’ le persone che parlano col telefono, come se fossero maggiordomi. Se inizieremo a usare un linguaggio che le macchine potranno capire saranno problemi. La soluzione? Divertirsi a parlare e ascoltare. Il silenzio è parola ed espressione e sta diventando una merce”.

L’autore si è detto “scettico sull’opportunità di rispondere all’odio col silenzio” e ha concluso con suo personale Aut Aut. “Come è nel titolo dello spettacolo: autori o automi, un po’ come siamo uomini o caporali. Ormai le macchine decidono cose che sarebbe meglio decidessero le persone”.

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