Società & Costume

Grandi numeri al Cvtà Street Fest: “Oltre 7mila visitatori”. Le pecche? I bagni e i parcheggi

«È stata una edizione straordinaria» dichiara soddisfatto Paolo Manuele, sindaco di Civitacampomarano. La terza edizione del Cvtà Street festival è stato un successo sotto il profilo dei numeri: «oltre 7mila visite nei quattro giorni della manifestazione» e tante iniziative artistiche messe in campo dal direttore artistico Alice Pasquini. «Essere chiamata per caso a ridipingere scene di vita dove la vita non c’era più è stato un input decisivo per poter far confluire il nostro lavoro artistico in una manifestazione collettiva che è riuscita a coinvolgere non solo la stessa comunità». Tuttavia non mancano le critiche: dall’organizzazione «nessun bagno chimico in paese», alle lamentele dei residenti. «Troppi murales che non rappresentano la nostra storia».

Quella che si è conclusa domenica scorsa, è stata un’edizione eccezionale che verrà ricordata sia per l’alto numero dei visitatori raggiunti durante la quattro giorni del festival (oltre settemila sono state le persone che hanno riempito le strade dell’antico borgo e le piazze del paese) sia per i tanti ospiti di fama nazionale e internazionale che hanno dato vita alla terza edizione del Cvtà Street Festival, che quest’anno è andato in scena dal 7 al 10 giugno.

«Cvtà Street Fest – ha dichiarato il sindaco Paolo Manueleè un evento che sta crescendo ogni anno di più e in questa edizione la partecipazione è stata decisamente superiore alle precedenti, senza contare la particolare attenzione riservata all’iniziativa, oramai da tre anni, dai media nazionali ed internazionali. Una chiave di successo che non è solo nelle meravigliose opere realizzate ma soprattutto nello spirito con cui ciascuno partecipa, l’amare la propria Comunità, pensare ad una prospettiva di futuro».
Tante le iniziative messe in campo, o meglio in “strada”, dall’organizzazione e dal direttore artistico del festival, Alice Pasquini.

Il tour dei murales, guidato dai ragazzi delle scuole superiori del Paese, gli incontri sull’arte del cucito e cucina territoriale con le signore del luogo, agli eventi di Street Food con le pietanze tipiche preparate ed offerti dagli stessi civitesi, le mostre, le proiezioni e i concerti dentro e intorno al noto Castello che ispirò Manzoni per l’Innominato dei Promessi Sposi. Senza dimenticare gli street artist dell’edizione 2018, che hanno proiettato il paese in un’autentica atmosfera underground grazie al lavoro di live painting sui muri e spazi concessi per l’occasione. «Siamo riusciti a fortificare e potenziare un paese che stava scomparendo – continua Chef Rubio, impegnato con Alessia di Risio nella mostra itinerante “Baciamo le mano”– e ci auguriamo che questa operazione possa aiutare in qualche modo a conservare e meglio valorizzare le tradizioni presenti in tutto questo territorio».


Se 2501, arrivato da Milano, ha utilizzato strisce e linee per definire sulla fiancata di un intero palazzo la relazione simbiotica tra spazio positivo e negativo a partire da un nido ubicato nel sotto tetto, il lodigiano Alberonero, affascinato dalla parte alta del borgo “en plein air” ha lavorato sulla visuale di una prospettiva ribaltata mediante un’installazione a base di reticolati metallici, specchi e colori cromatici in differenti nuances. Narrativa è invece l’opera dell’artista di origini napoletane MP5, che riflette maestosamente su due pareti ad angolo la storia del Paese, in una citazione simbolica dei disastri geologici a cui è stato sottoposto nel corso del tempo (in ultimo, la frana di un anno fa) e la forza dei cittadini ad andare oltre affrontando il presente in modo resiliente. Infine il romano Brus si è cimentato in una doppia prova calligrafica in bianco e nero su murales e di colori con happening a sorpresa su un mezzo di trasporto collettivo. Le performance estemporanee di Napal e Uno, in omaggio alla convivialità dei civitesi e al giurista Vincenzo Cuoco, originario di Civitacampomarano, hanno cementato il senso di aggregazione e comunicazione tra arte e luoghi per una rinascita che parte dalle persone, prima ancora delle Istituzioni.

«Essere chiamata per caso a ridipingere scene di vita dove la vita non c’era più – afferma la direttrice artistica Alice Pasquiniè stato un input decisivo per poter far confluire il nostro lavoro artistico in una manifestazione collettiva che è riuscita a coinvolgere non solo la stessa comunità, ma numerose persone giunte appositamente da ogni parte d’Italia e non solo: quello che ancora ci meraviglia e sorprende è l’attenzione di turisti stranieri che si organizzano mesi prima per vivere e condividere insieme a noi uno scambio di esperienze e cultura».


Dai 3500 abitanti del dopoguerra ai 1000 dei primi anni Novanta, la popolazione odierna di Civita conta meno di 400 anime. Ma è proprio grazie a questo festival che alcune attività commerciali sono rinate: l’apertura di un forno, di una gelateria e di una macelleria, oltre a far confluire dall’estero una serie di richieste di immobili (in primis gli Inglesi) da acquisire e ristrutturare. «Un risultato significativo se si considera come la manodopera volontaria e l’entusiasmo siano, in assoluto, i principali motori del Cvtà Street Fest» conclude il sindaco. Numeri importanti che dovrebbero far sorridere tutti e far guardare al futuro con un ritrovato ottimismo. Eppure, all’interno di un meccanismo che sembra perfetto, qualcosa non funziona. A partire dall’organizzazione sino alle lamentele dei residenti.

Quest’anno l’organizzazione ha deciso di creare una zona parcheggio ad hoc, per evitare l’intasamento di mezzi lungo le strade cittadine, con una navetta a disposizione per il trasporto in paese dei turisti. Una buona idea se non fosse che il parcheggio autorizzato fosse stato collocato a oltre 3 chilometri dal centro abitato e la navetta, al costo di un euro a passeggero, facesse servizio solo sino alle ore 20. Dopo le otto di sera se il buon turista voleva riprendersi la macchina doveva farsi qualche chilometro a piedi su una strada tortuosa e senza illuminazione. La cosa più grave è che queste informazioni non venivano date dagli addetti al traffico, che indicavano solo la direzione da percorrere, ma dai parcheggiatori al momento dell’arrivo con la macchina. O meglio, nel momento in cui si era già parcheggiata l’auto. Inoltre in tutto il percorso cittadino non vi era un solo bagno chimico, costringendo tanti turisti a recarsi o nei servizi igienici del Castello angioino (2 euro) finchè era aperto, oppure a ricorrere al posto “dove nessuno ti vede”.

A questi problemi organizzativi si uniscono le lamentele dei residenti. «In tutta onestà da quando è iniziato il festival per noi non è cambiato nulla – riferiscono a Primonumero alcuni residenti del paese -. Vero, ci sono questi giorni di festa ma oltre a bere tanta birra, fare musica e qualche disegno a Civita non lasciano niente. Passano, salutano e vanno via». Un’accusa forte che entra nel merito quando gli stessi abitanti sbottano sui tanti murales in paese. «Se si continua così il nostro borgo sarà tappezzato di murales che nulla hanno a che fare con la nostra storia e la nostra identità, può bastare così». Ma non è tutto, gli stessi lamentano anche il fatto che «non tutte le attività presenti in paese sono coinvolte: ad esempio lo street food potrebbe essere un momento ancor più ricco se solo si aprisse a 360 gradi cercando di coinvolgere tutto il territorio».

A Civitacampomarano poi ci sono anche storie di chi come Michele ha visto prima «la sua casa gravemente lesionata dal terremoto» messa in sicurezza con «i miei soldi» e poi evacuata nuovamente «per via della frana». Oggi Michele e la sua famiglia, costretti ormai a vivere a Termoli, erano presenti alla manifestazione con i prodotti della loro azienda. «C’è di bello che in questi giorni il paese, con tanti giovani, sembra rinascere, riprendere vita. Ma è solo un attimo, poi tutto torna come prima».

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