Cronache

In fuga dal Consorzio: tra scarichi fuori legge e debiti milionari. Non c’è ombra di riforma fotogallery

Da un anno e mezzo il Consorzio industriale di Campobasso-Bojano è commissariato. Se le 21 aziende che danno lavoro a 600 persone sono ancora nel nucleo, i sindaci e gli enti (pubblici e privati) che facevano a gara per farne parte sono usciti o stanno chiedendo di poter andar via per non dover più pagare la quota "senza trarne alcun vantaggio" come spiega il sindaco del capoluogo Antonio Battista. "Non possiamo mantenere in piedi i carrozzoni, serve una riforma seria invece qui ci sono solo debiti e zero prospettive". Doveva riformare tutti i consorzi il governo di Paolo Di Laura Frattura: "La volontà politica c’era, ma i problemi burocratici non hanno reso facile il compito, ora - ha detto il quasi ex Governatore del Molise - speriamo nella prossima legislatura". I debiti accumulati - pari a 3,5 milioni di euro - e la mancanza di investimenti rendono complicata anche la gestione ordinaria. "Ci sono stati sprechi e voci di spesa nascoste tra le pieghe dei bilanci - racconta il commissario Fabio Iuliano - tanto che il mio predecessore è stato in carica solo pochi mesi e ha lasciato quando ha capito che era una missione impossibile". Ma a far lievitare il ’buco’ milionario è soprattutto il depuratore gestito da un paio di anni da un’azienda calabrese che minaccia di andar via se non gli saranno pagate le spese sostenute. La stessa ditta che ha riportato "quasi alla normalità" l’impianto dove per 12 anni è stato sversato un po’ di tutto, in particolare dai caseifici, in assenza di controlli e con un depuratore malfunzionante.

Il Consorzio per lo sviluppo industriale di Campobasso-Bojano, a voler usare una efficace metafora, è come una Ferrari che va a 30 all’ora. I soci sono tutti scappati o se ne stanno andando, l’ente è commissariato da un anno e mezzo, la legge che avrebbe dovuto riformarlo è rimasta ferma al palo. Non solo, c’è un buco da 3,5 milioni di euro da ripianare e, come se non bastasse, il CosindCb continua a macinare debiti su debiti per colpa di un depuratore costosissimo che fino a due anni fa era ridotto talmente male da essere causa di un mezzo disastro ambientale ai piedi del Matese.

Che la situazione sia «molto complicata» lo dice anche il commissario Fabio Iuliano il quale, pur volendo rimboccarsi le maniche, non potrà fare da solo questo miracolo «senza una efficace riforma». Ma quella, per ragioni che vedremo più avanti, non è mai partita sebbene se ne parli da un decennio.

A rendere ancora più preoccupanti le cose, poi, c’è tutta la questione che riguarda il depuratore del Consorzio dove ancora oggi – e questo lo conferma l’amministratore della ditta che da due anni lo gestisce – si verifica il fenomeno degli scarichi abusivi delle aziende che sversano nelle condotte che portano al depuratore costringendo l’impianto a fare una lavoro extra oltre le sue possibilità. Facendo – usiamo un termine improprio – “impazzire” il depuratore. Chi ci ha messo una pezza, a botte di reagenti chimici sempre più potenti, è la Gesam che due anni fa è subentrata nella gestione dell’impianto. Ma a giorni il suo contratto scade e non si sa ancora se sarà rinnovato.
Insomma, la storia è lunga e complessa. Meglio andare con ordine e partire dalla nascita del Consorzio industriale.



UN PO’ DI STORIA
Il CosindCb si trova su un’area vasta 166 ettari in cui operano 21 aziende che danno lavoro a circa 600 persone. Centinaia di famiglie, soprattutto del Molise centrale, vivono grazie alla presenza di queste fabbriche. Lo stabilimento industriale più noto è probabilmente la Fater (ex Procter) dove si produce la candeggina Ace. Ma ci sono anche caseifici, imprese che riciclano materiali ferrosi, che lavorano materie plastiche, legno, fanno imballaggi e anche gelati. Insomma, si tratta di un nucleo estremamente diversificato che si estende per chilometri su strade larghe e pianeggianti costeggiate da un lato da una ferrovia che si era pensato di portare fin dentro il Consorzio, e dall’altro, da boschi e montagne. Qui, tra piazzali vuoti, vecchi impianti andati in rovina e nuovi (pochissimi per la verità) che stanno sorgendo, inizia la storia del CosindCb.

Siamo negli anni Settanta quando la voglia di “fare impresa” nella giovane Regione Molise era tanta. Con legge regionale Tra San Polo e Campochiaro comincia un esproprio dei terreni “per pubblica utilità” tra i piccoli appezzamenti destinati all’agricoltura e al pascolo che vengono in gran parte urbanizzati (108 ettari sui 166 complessivi) e poi «regalati alle aziende a 100 lire al metro quadro» come racconta il commissario Fabio Iuliano. Una delle prime a mettere radici in Molise negli anni Ottanta è la ex Procter. Tra i principali compiti dell’ente consortile, nato con una legge regionale (e non con una nazionale come avvenuto, per esempio, per il Consorzio di Termoli) c’erano, infatti, “l’acquisizione di aree destinate alle attività produttive e la realizzazione delle infrastrutture di supporto (strade, acquedotto, fognature, impianto di depurazione, illuminazione pubblica, raccordo ferroviario)” come si legge ancora oggi sul ‘preistorico’ sito del Consorzio.

Le aziende arrivano, s’insediano, assumono, insomma centrano i loro obiettivi. E i Comuni della provincia di Campobasso fanno a gara per stare nel Consorzio. Sono quasi tutti sindaci nel Consiglio generale di quello che nasce come Ente pubblico economico. Ma c’è anche la Provincia di Campobasso, la Camera di Commercio che proprio nel Consorzio aveva l’unico laboratorio chimico merceologico della regione (ha chiuso i battenti il 1 gennaio di quest’anno, sventuto all’asta dopo 20 anni di attività), ci sono l’ex Erim oggi Molise Acque, la Banca di Roma, l’Ente provinciale per il turismo, quello regionale per lo sviluppo. Ma soprattutto, tra gli enti consorziati, c’è la Regione Molise, l’unica a non potersene andare.


IN FUGA DAL CONSORZIO: ECCO PERCHE’ I SOCI SE NE SONO ANDATI. IL CASO CAMPOBASSO

Dei 26 enti consorziati, 19 sono Comuni. Lo Statuto del Consorzio non contemplava l’uscita ma andato via il primo (l’Erim nel 2003) un po’ alla volta i sindaci hanno abbandonato, tanto che oggi sono rimasti in 12 anche se si prevedono altre uscite a breve. La loro presenza è ancora oggi così regolata: in base al numero di abitanti ogni Comune paga un contributo annuale a titolo di quota associativa, poco più di due euro per abitante (2,2 euro). Campobasso, per esempio, versa, o meglio versava, nelle casse consortili, 112 mila euro l’anno, denaro a cui andava sommata la sua fetta di debito relativa a un vecchio mutuo stipulato dal Consorzio per un raccordo ferroviario che non è mai andato in porto.
L’interesse dei soci per il Consorzio è gradualmente calato perché, da un lato i sindaci non vedevano più motivi validi per restare, e, dall’altro, sono obbligati da un disposto collegato alla Finanziaria che impone l’uscita dagli enti in perdita. Per i Comuni quella presenza rappresenta, ancora oggi, solo un costo a carico delle casse municipali. «Ritenevamo che come capoluogo dovessimo assolutamente farne parte pur non godendo direttamente di un qualche tipo di vantaggio. Ma insomma – spiega il sindaco Antonio Battista – proprio Campobasso non poteva restarne fuori anche perché molti nostri concittadini lavorano nelle aziende del Consorzio. Abbiamo sempre pagato la nostra quota fino al 2016 quando, a seguito di una riflessione, abbiamo deciso di uscire. L’ente non è stato più riformato, è in atto un commissariamento, i debiti pesavano ma soprattutto non abbiamo visto prospettive interessanti per continuare a far parte del Consiglio. Mi auguro che si farà il riordino e che si possa ridiscutere l’organizzazione di questi organismi sul territorio ma temo che senza una legge e il ripianamento dei debiti non se ne farà nulla. Non possiamo permetterci di mantenere i cosiddetti carrozzoni, è il governo che lo dice. Per la stessa ragione siamo andati via dall’Esu (ente per il diritto allo studio) o dall’ente Fiera».
Campobasso, comunque, è in buona compagnia. Diversi altri enti e Municipi sono già andati via (San Massimo, Baranello, Cercemaggiore, Busso, Castropignano, Santa Maria del Molise ma a che la Provincia di Campobasso,La Camera di Commercio, l’ex Erim, la Banca di Roma, l’Ente provinciale per il turismo, quello regionale per lo sviluppo), o stanno per farlo (Trivento).



LA RIFORMA MANCATA: UN’OPPORTUNITA’ PERSA. PER TUTTI

Quando abbiamo sentito il presidente della Regione Paolo Di Laura Frattura sulla mancata riforma dei consorzi industriali era in piena campagna elettorale per le Politiche. Il governatore non ha negato di aver perso questa sfida «ma non perché sia mancata la volontà politica, bensì – ha detto – per un problema burocratico». Il nodo che in cinque anni di governo né lui né il suo staff, dagli assessori ai suoi più stretti collaboratori, è riuscito a sciogliere, riguarda il fatto che «la situazione patrimoniale di un ente nato con legge regionale – il CosindCb – era di difficile equiparazione a uno nato con legge nazionale – il Cosib di Termoli -. La diversa genesi tra i consorzi ha creato un problema di non facile soluzione quindi ora – diceva Frattura prima ancora di fare il passo indietro in favore del suo assessore Carlo Veneziale – è tutto rimandato alla prossima legislatura».
Prima di andar via, però, Frattura ha nominato (anzi, rinominato) un commissario. Il suo nome è Fabio Iuliano.


GENTE CHE VA, GENTE CHE VIENE: IL COMMISSARIO DI FRATTURA, UOMO DI BELLE SPERANZE

Iuliano è sindaco di Guardiaregia dal 2011 (rieletto nel 2016) e commissario del Consorzio industriale da maggio del 2017. E’ il classico amministratore dai modi spicci e uno spiccato senso pratico. Non è uno che va tanto per il sottile e sa benissimo che la sfida accettata quando Frattura gliel’ha proposta era una missione impossibile. «Tanto che chi mi ha preceduto è andato via dopo pochi mesi perché si è reso conto della situazione davvero difficile».
Il suo predecessore è Remo Perrella, nominato commissario a novembre del 2016 (allo scioglimento del Consiglio generale) e rimasto in sella appena quattro mesi (fino a marzo 2017). Dopo un breve tempo di vacatio a giugno 2017 è arrivato Iuliano il cui incarico gli è stato rinnovato di recente (a gennaio 2018) per ulteriori sei mesi visto “il perdurare delle condizioni di crisi aziendale che attanagliano l’Ente in questione” come leggiamo nella delibera di giunta numero 4 dell’11 gennaio scorso.
Che il Consorzio non sia in condizioni di solidità finanziaria lo sanno anche i sassi. Iuliano parla di un buco di almeno 3 milioni di euro, «anche 3,5 milioni di euro e se la Regione Molise non troverà questi soldi con una fidejussione sarà impossibile ripianare i debiti». Come si è arrivati a una cifra da capogiro come questa è presto detto: «La gestione era costosa, prima i debiti venivano nascosti nelle pieghe dei bilanci, c’erano degli sprechi enormi. Oggi in questo ufficio (che si trova in una traversa di via XXIV Maggio a Campobasso) lavorano quattro persone e io come commissario prendo poco più di mille euro al mese (1500 euro lordi). Il commissariamento voluto da Frattura ha messo un freno a certi sperperi di denaro ma per far viaggiare da sola questa macchina bisognerebbe cambiare tutto, riformare l’ente e riportare in pareggio i conti».

La gestione commissariale del sindaco Iuliano va nella direzione di «ritoccare i regolamenti per i servizi che offriamo, aumentare i controlli su chi inquina, oltre a quelli a campione, sanzionare in maniera più severa i trasgressori e dare più compiti e responsabilità a chi gestisce il depuratore consortile. Che poi è quello che ci fa essere così indebitati perché costa un patrimonio mantenerlo (fino a 600 mila euro l’anno quando all’ordinario si affiancano operazioni straordinarie nella gestione). Se arrivasse il decreto di concessione da parte della Regione si potrebbero programmare una serie di interventi sulla rete idrica, su quella fognaria, spostare i pozzi e parecchi altri di cui il Consorzio avrebbe un gran bisogno. Ma di fatto qui si va avanti con la quota della Regione Molise di 193 mila euro l’anno».
Briciole.

IL DEPURATORE NELLE MANI DEI CALABRESI E IL DISASTRO AMBIENTALE AI PIEDI DEL MATESE

Il depuratore del consorzio si trova nel territorio di San Polo Matese, a circa dieci minuti di automobile dalla zona industriale. Chi è di quelle parti non ha difficoltà a raggiungerlo trovandosi vicinissimo a un’azienda molto più nota di produzione e vendita di uova. Ma per tutti gli altri questa località Quagliaroni è irraggiungibile persino utilizzando google maps. L’impianto di depurazione, dove vengono convogliati i reflui dell’agglomerato industriale, oltre a quelli del comune di San Polo, si trova in aperta campagna imboccando una stradina anonima dalla Statale 17.
Ed è qui che due anni fa sono arrivati i calabresi della Gesam, una società creata ad hoc (ne fa parte anche la Sideco srl) per rispondere alla gara indetta dal Consorzio che aveva necessità, dopo vari anni di gestione della casertana Entei, di affidare il suo depuratore a chi opera nel campo dei servizi ambientali. La Gesam ha risposto e vinto quell’appalto (due anni più due rinnovabili) salvo accorgersi, non appena preso possesso della struttura, che la situazione era al limite del disastro ambientale.
Non ha dubbi Pasquale Butera, giovane amministratore della società che ha riportato «quasi alla normalità» una condizione di partenza decisamente svantaggiosa per tutti.

Butera è arrivato in Molise il 28 aprile del 2016, subito dopo essersi aggiudicato la gara. Ha ispezionato da cima a fondo il depuratore e stilato un documento sullo stato di consistenza della struttura: ha scattato una esatta fotografia di quello che ha trovato per capire dove mettere le mani e risanare la situazione.
«C’erano abnormi accumuli di fango, molti comparti del processo depurativi erano fermi e seriamente compromessi» insomma Butera ha rilevato che c’erano sono molti lavori da fare. Tanto che il depuratore ha iniziato a gestirlo con riserva impegnandosi a fornire il cronoprogramma nel primi tre giorni.
«Cosa che ho puntualmente fatto anche se di quello che ho proposto sono state depennate una serie di cose».

Due anni fa il Consorzio – meglio fare un passo indietro – non era ancora commissariato: presidente era Gianluca Colalillo, uomo vicino all’ex governatore Michele Iorio (è stato candidato nel 2013 nella lista Progetto Molise per Iorio presidente, ndr).
Butera, però, lo ha visto poco e niente tanto che lo stesso amministratore della Gesam dice che «è con Iuliano che abbiamo lavorato di più, lui ha grinta e passione, in più occasioni è venuto con me anche sporgere le denunce».
Il problema, infatti, è che per anni c’è stato un fenomeno di scarichi anomali nel depuratore del consorzio. Ma ci arriveremo.

Senza entrare troppo nel dettaglio, un bel po’ di lavori al depuratore sono stati fatti. Sono stati spesi, ad esempio, 110 mila euro per rimettere in funzione il digestore, una delle parti più importanti del depuratore consortile che piano piano viene ripristinato tanto che, «dopo un anno e mezzo dal nostro arrivo l’impianto ha acquisito una stabilità nel processo depurativo sebbene vada costantemente presidiato». Sarebbe a dire che non può essere lasciato solo per più di 24 ore, gli automatismi non sono stati ripristinati al 100 per cento e funziona manualmente per cui c’è bisogno di personale costantemente.

Butera, però, non ha mai mollato, determinato com’era a ripristinare la situazione che aveva trovato. Lo ha fatto nonostante, un mesetto dopo aver preso possesso dell’impianto «cioè quando stavano ancora facendo i lavori di risistemazione», la Forestale lo ha denunciato per inquinamento ambientale e sversamenti illeciti avendo trovato il siero delle mozzarelle scaricato nel torrente Sterparo che sfocia nel Biferno.
Butera, in qualità di nuovo gestore del depuratore, si è beccato una denuncia sebbene siano molte di più le segnalazioni che lui stesso «a volte anche con Iuliano» ha fatto all’Arpa, alla Provincia e, «nei casi più gravi anche ai carabinieri, ai vigili, alla forestale. Sono andato ovunque – dice – ormai è una battaglia personale».
Ma il problema dei reflui non conformi è stato costante: «Dalla condotta di San Polo Matese con una certa sistematicità abbiamo riscontrato anomalie». Eppure beccare sul fatto chi scarica abusivamente nel depuratore del consorzio facendolo andare in affanno non è semplice. Perché si dovrebbero scoprire proprio mentre collegano il tubo dello scarico alla condotta. «E poi – questo lo raccontava il commissario Iuliano – se lo fai a Natale, a Pasqua o Ferragosto hai meno probabilità di essere scoperto».

Senza contare che il depuratore è distante chilometri dal consorzio. Per questo la soluzione ai processi biologici inibiti individuata da Butera è stata quella di utilizzare reagenti chimici più forti. Si tratta di prodotto costosi in grado di scomporre quello che viene immesso nella condotta e di restituire un’acqua a norma di legge. «Cosa che oggi riusciamo a fare tanto che anche l’Arpa si è complimentata per lo stato in cui ha trovato l’impianto. Gli enti che ci controllano hanno visto la differenza rispetto ai 12 anni precedenti ma servono controlli».

E servono anche multe e provvedimenti seri visto che è lo stesso regolamento del Consorzio a dire che in caso di ripetuti scarichi anomali si più arrivare alla chiusura per ricidività. «Basterebbe prendere in mano regolamento e applicarlo» perché certo i reagenti chimici non possono essere la soluzione definitiva «e se ancora oggi c’è chi scarica i reflui nella condotta fognaria o in quella delle acque meteoriche anziché avvalersi di ditte di smaltimento per risparmiare, l’impianto impazzisce e si inquinano i torrenti».

Il ‘miracolo’ che la Gesam sostiene di aver fatto potrebbe avere i giorni contati. Il 27 aprile 2018 è alle porte. Quello – salvo comunicazioni diverse – è l’ultimo giorno di lavoro per la ditta dei calabresi che avanza un ‘pacco’ di soldi per le spese sostenute.
«Al momento vorrei lasciar perdere, i reagenti costano, il personale va pagato, i fornitori pure e accetterei il rinnovo del contratto per altri due anni a patto che ci venga saldato il pregresso».
Ma il problema – come ha detto il commissario Iuliano – è che si va avanti con le briciole. E l’instabilità politica del momento con le elezioni regionali dietro l’angolo non favorisce certo decisioni immediate. Rischiando di perdere anche chi ha riportato «quasi alla normalità» il depuratore.

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