Bomba ecologica nel cuore del parco del matese

Ex segheria trasformata in impianto per compost: “Rischia di inquinare aria e acqua” fotogallery

In un fazzoletto di terra tra il Molise e la Campania sarà realizzato un impianto in grado di trattare 60 tonnellate di umido al giorno. Mentre si è costituito un comitato che riunisce gli oppositori al progetto (autorizzato dalla Regione Campania nonostante l’opposizione della Provincia di Benevento e del Comune di Sassinoro), i cittadini dell’area denunciano i rischi per la salute e i pericoli per le attività della zona. "Ho investito un milione e mezzo di euro per realizzare un oliveto, ora rischio di perdere i risparmi di una vita", racconta la signora Maria Felice. "Non vogliamo diventare un immondezzaio".

Il ‘mostro’ è già lì. Un mega capannone grigio con gli infissi gialli e una statua di San Pio davanti alla porta d’ingresso. Tra gli alberi di ulivo, i prati e le montagne di uno dei polmoni verdi del Centro Sud Italia, il Matese. Sì, proprio lì dove sarà realizzato il Parco del Matese per il quale si sono battuti anche gli ormai ex parlamentari molisani del Pd Roberto Ruta e Laura Venittelli. Che forse ignorano che la Regione Campania, governata dal loro stesso partito, ha autorizzato la conversione di un capannone industriale costruito alla fine degli anni Novanta in un impianto per lo smaltimento e lo stoccaggio di umido. 60 tonnellate di umido al giorno, anche se inizialmente dovevano esserne 9. In totale, circa 22mila all’anno.

Un’enormità. In pratica, secondo i calcoli delle associazioni ambientaliste, è la produzione di rifiuti che ogni giorno si registra nell’intera provincia di Benevento. Siamo a Sassinoro, paesino ai confini con il Molise. Dal punto di vista geografico, è in Campania. Nella realtà è molto più vicino a Sepino e a Guardiaregia che non al capoluogo sannita.

Ecco perché quel ‘mostro’, come lo ha definito chi lo sta combattendo, nato come una segheria per la realizzazione di bare, dovrebbe fare paura pure ai molisani. «Ci sono tanti rischi per la salute: polveri sottili che si disperderanno nell’aria. E poi l’acqua: questa è una terra ricca di corsi d’acqua». È la valle del Tammaro, area in cui scorrono il torrente Sassinora che confluisce nel fiume Tammaro. Quest’ultimo a sua volta finisce nella diga di Campolattaro.

«Fondamentalmente è una discarica», mette subito in chiaro Nicola Zacchino, colui che guida la protesta di cittadini, amministratori e associazioni ambientaliste, oltre ad essere il fondatore del comitato ‘Rispetto e tutela del territorio’. «Un impianto del genere non dovrebbe essere costruito in una zona come questa, vicina alle abitazioni e alle piccole aziende del territorio che fanno economia. E rischia anche il Molise che è ad un passo da Sassinoro. Le 22mila tonnellate annue non saranno sversate solo su Sassinoro, dovranno trovare un posto in cui sversarle. Sono a rischio le acque, l’ambiente. Non ci sarebbe più la possibilità di vivere in questo posto», dice con preoccupazione. «Il privato che dovrebbe gestire l’impianto non avrà finalità sociali, al privato interessa fare ricchezza». La società ha un nome: New Vision srl. Sede a Pompei. Dalla documentazione fornita alla Regione Campania sembrerebbe tutto in regola anche perché non ci sarebbero vincoli paesaggistici, idrogeologici e archeologici. L’Arpa della Campania avrebbe chiesto delle integrazioni.

«Sappiamo che sono stati richiesti alla ditta filtri e una manutenzione particolare, la verifica della dispersione delle particelle nell’aria», denuncia la signora Matilde. In linea d’aria, abita a 100 metri dall’impianto di compost. «Ho letto la notizia sui giornali, non ne sapevo nulla». E sottolinea: «Dalla documentazione abbiamo letto che in questo impianto confluiranno le urine e le feci di animali, gli scarti derivanti dalla lavorazione industriale, residui delle industrie di pomodori».

Chi si è mobilitato in questi giorni nutre dunque parecchi sospetti. «La società presenta 10mila euro di capitale sociale, al momento fattura 87 euro al mese», insiste Zacchino. «Intorno all’impianto c’è solo acqua che afferisce nel bacino di Campolattaro che è a protezione speciale e in base ad una legge della Regione Campania quell’acqua sarà potabile».

I cittadini campani temono per la loro salute. E, con le probabili polveri sottili rilasciate dall’impianto, dovrebbero essere preoccupati anche i molisani che abitano al confine con la Campania. Sepino, San Giuliano del Sannio, Cercemaggiore che ha già pagato un altissimo prezzo in termini di salute con i pozzi di Capoiaccio. Certo, il legame tra l’inquinamento ambientale e i tumori non è ancora dimostrato perché il Registro dei tumori approvato dal Consiglio regionale il 3 ottobre scorso è rimasto su carta. E ora la politica sembra troppo distratta dalla campagna elettorale per potervi pensare. L’unico che si è accorto del pericolo è il consigliere regionale uscente e non ricandidato alle Regionali Michele Petraroia.

E poi si sentono in pericolo le aziende agricole della zona. Ecco perché alle manifestazioni di protesta organizzate dal comitato c’è sempre una scia di trattori a fare ‘da scorta’ ai cittadini. Attorno al sito di compostaggio ci sono 10mila piante di olivo, allevamenti di polli e di trote tra i più grandi del Sud Italia. I piccoli imprenditori agricoli temono che dovranno chiudere le attività ‘bruciando’ i risparmi di una vita.

«A 150 metri dall’impianto allevo pulcini destinati alla vendita. È un prodotto genuino. Per me questo impianto sarà una rovina», racconta sconsolata la signora Maria Felice. «Abbiamo investito 1 milione e mezzo di euro senza contribuiti, è il sudore di una vita».

Affianco al ‘mostro’ c’è un’azienda di marmi e pietre per pavimentazione e rivestimenti. È confinante con il sito. «Temiamo che se ne vadano a monte 20 anni di sacrifici», confessa il titolare Luca Scarinzi. «Abbiamo paura di diventare l’immondezzaio della Campania, la società che gestirà l’impianto ha già detto che vuole acquistare le imprese vicine per trasformarle in aziende agricole utilizzando il compost come fertilizzante». Per quel fazzoletto di terra sotto al Matese avrebbero immaginato un futuro diverso. «Noi avremmo voluto – aggiunge Matilde – che l’area di Sassinoro venisse valorizzata in un altro modo: abbiamo l’acqua e l’aria pulite, il santuario di Santa Lucia che è meraviglioso ed è meta di pellegrinaggi. La Regione Campania è sempre in emergenza e quando si è in emergenza si autorizza ogni cosa per superare l’emergenza». Le immagini di Napoli sommersa dai rifiuti, la ‘Terra dei fuochi’, gli affari dei clan con lo smaltimento della ‘monnezza’ sono noti a tutti. E la parola ’camorra’ appare pure su uno dei manifesti appesi di fronte al capannone.

«Cosa penso di questo sito? È una schifezza», taglia corto Carmela, la proprietaria di un laghetto sportivo lì vicino dopo 27 anni di attività. «Chi verrebbe più a pescare? La gente avrebbe paura dell’inquinamento, ci sarebbe la puzza che impedirebbe di pescare».

Insomma, il sito di compostaggio non piace a nessuno. Nemmeno a don Gennaro, il parroco di Sassinoro che sta partecipando alla mobilitazione. Protestano pure gli amministratori dei paesi dell’area che hanno espresso i primi ‘no’ durante la fase di rilascio delle autorizzazioni. La Provincia di Benevento e il Comune di Sassinoro hanno espresso parere negativo in Conferenza dei servizi. Come ha fatto pure Pasqualino Cusano, primo cittadino di Sassinoro: «In Conferenza dei servizi ho fatto presente che per ogni cambio di destinazione d’uso in quest’area si doveva esprimere la giunta comunale. Ma in Conferenza dei Servizi è stato verbalizzato che non c’era cambio di destinazione d’uso: prima si realizzavano bare, ora in quel capannone si produce compost». «Purtroppo – dice masticando amaro – siamo un’area marginale della Campania ed è facile venire da queste parti e scavalcare l’autorità di un sindaco che rappresenta una piccola comunità. Non contiamo rispetto a Napoli e ad altri interessi. Anche perché dove saranno smaltiti i residui? Ci sarà bisogno di altri spazi?». E così, a meno di pronunciamenti del Tar Campania a cui è stato presentato un ricorso, il ‘mostro’ è pronto ad entrare in funzione nel cuore del Parco del Matese. Benvenuti nel polmone verde del Sannio.

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