Cronache

Ricordo di Rocco Mascilongo “Bricche”, l’ultimo dei “traboccanti” storici

E così se n’è andato anche Rocco Mascilongo, l’ultimo dei “traboccanti” storici di Termoli. La morte ha posto fine ieri mattina (20 febbraio) a un’esistenza che non gli ha di certo risparmiato sofferenze. Fino all’ultimo. Se n’è andato in punta di piedi, alla maniera in cui aveva trascorso tutta la sua vita, nel corso della quale aveva dovuto affrontare non poche avversità, dai malanni di salute ai pregiudizi più assurdi.
Neppure l’ultimo tratto di strada gli aveva risparmiato sofferenze, impedendogli, tra le tante altre cose, di coltivare la sua passione per la pittura. Era bravo in quest’arte. I suoi pastelli, in particolare, sono il riflesso più autentico del suo animo delicato e sensibile.

Rocco Mascilongo è stato espressione a tutto tondo di una “termolesità” che è rara rintracciare: schiva, intelligente, generosa. Benché noto, un non personaggio, per via del suo carattere estremamente pudico.
So di un amministratore comunale che per lungo tempo gli aveva fatto inutilmente il filo allo scopo di organizzare con il patrocinio del Municipio una mostra dei suoi quadri. Vano proporgli un’intervista.
Figlio della nostra gente di mare ed egli stesso parte attiva di questo particolare universo cittadino, purtroppo declinante, Rocco è rimasto fino alla fine avvinghiato, come a un’ancora di salvezza, alla sua modesta e scomoda dimora di un centro storico intriso di salsedine, di fronte alla Marina di Sant’Antonio e alla Maiella, dove il segno più evidente della sua voglia di vivere era dato dagli splendidi ciclamini bianchi curati amorevolmente che ornavano la piccola finestra.

Da anni non andava più sul suo trabucco alla Marinella, nei pressi del “Bagno delle Femmine”. Da quando l’avanzare inesorabile della sabbia l’aveva reso inservibile e inghiottito. Lì aveva trascorso la gran parte della sua esistenza (dal 1958, anno in cui suo padre Nicola, soprannominato “Bricche”, l’aveva acquistato dalla famiglia Manzi), scrutando il tempo e il passaggio dei pesci. Insieme luogo di lavoro, di meditazione solitaria e, credo, di creazione artistica.

Ma anche, specie d’estate, punto d’incontro dei suoi tanti amici: da Enzo Botteri, Michelina Innocenzi, Guido Salerno, Anna Catalano, Peppino Casolino, Crisante Floro, tanto per fare qualche nome. Un sodalizio amicale che aveva reso quel malfermo e solitario congegno di pesca, un luogo ricco di allegria e festosità, che Rocco sapeva ricambiare con generosità e una travolgente simpatia.
Ceduta la licenza di pesca, Rocco Mascilongo si divideva tra i solidissimi affetti famigliari e lo “studio” (un angusto localino) nascosto in un vicoletto di Strada San Pietro dove si ritirava a dipingere. Qui di tanto intanto andava a fargli visita qualche amico.

Raro, perciò, incontrarlo per le vie cittadine, più facile invece sorprenderlo al cimitero, che raggiungeva quasi ogni giorno con l’abituale passo veloce per rendere omaggio ai suoi cari e agli amici scomparsi.
Chi scrive questa nota si onora di essere stato uno dei suoi tanti amici, attratto dalla sua intelligente ironia, dalla sua laboriosità e dalla sua indomabile voglia di riscatto rispetto a un destino personale che per troppo tempo gli si era parato davanti nemico.
Negli ultimi tempi non lo incontravo più al mercato di San Timoteo a comprare il pesce tra i primi appena giorno. Né avevo più notato alla finestra di casa nel Borgo gli amati ciclamini bianchi. Un triste presagio. Ieri la conferma che non c’era più.

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