Cronache

“Quel depuratore non depura”, conferma nel rapporto Cosib. Si indaga su batteri, Arpa coinvolta

Biorulli incrostati da una pellicola “di colore grigiastro, indice di tossicità per un eccesso di reattivi”, lavorazione dei fanghi “non in funzione”, mancanza del “sistema di deodorizzazione”. Numerose le falle individuate dai tecnici del Consorzio Industriale, coordinati dall’ingegnere Annamaria Perla, scelta come controllore dell’impianto dall’Egam, nell’ispezione del 31 maggio scorso. In pratica il depuratore non svolge adeguatamente la sua funzione perché carente di alcuni passaggi, oltre che obsoleto. Intanto va avanti l’inchiesta della Procura della Repubblica di Larino sugli sversamenti in mare dalle condotte, che fra i 7 indagati vede anche un tecnico Arpa. “Sono serena, i dati dei prelievi sono stata trasmessi regolarmente” spiega la dottoressa Maria Grazia Cerroni dell’agenzia regionale per l’ambiente.

Il sequestro delle condotte del depuratore del porto e il coinvolgimento di sette persone è una storia che parte da lontano e di certo non si limita alle falle – ripetute – della condotta sottomarina. Quello che non è ancora emerso dall’inchiesta è il funzionamento a singhiozzo dello stesso depuratore. A dirlo è un rapporto dei tecnici del Cosib incaricati dall’Egam per verificarne l’utilizzo a pieno regime. Un report dal quale emergono pericolose inefficienze: lavorazione dei fanghi non in funzione, sistema di deodorizzazione carente, biorulli malridotti, misuratore di portata inaffidabile.

È scritto nero su bianco su un documento del giugno scorso, che c’entra relativamente con l’inchiesta portata avanti dalla Procura della Repubblica di Larino, la quale almeno per il momento si è concentrata sulle condotte del depuratore, sulla loro mancata riparazione e sui conseguenti «sversamenti di reflui non depurati e maleodoranti direttamente in mare», secondo quanto scrivono gli inquirenti. Coinvolti per presunto inquinamento ambientale il sindaco Angelo Sbrocca e il dirigente ai Lavori pubblici del 2015, Matteo Caruso, l’ex primo cittadino Antonio Di Brino e il suo dirigente ai Lavori pubblici, Silvestro Belpulsi, i responsabili della Crea Paolo Santini e Emanuele Maria Blasetti, ma anche la funzionaria dell’Arpa Molise Maria Grazia Cerroni.

Ma che reflui venivano o vengono sversati in mare, stando alle verifiche della magistratura? Reflui che evidentemente non subivano il necessario completo trattamento depurativo e che portavano (o forse portano ancora) un quantitativo di batteri superiore al tetto massimo che la legge prevede. Proprio per verificare questo nell’agosto del 2016, su sollecitazione del Comune, l’ente gestore delle acque pubbliche, e quindi anche del depuratore che è l’Egam, ha imposto alla Crea un controllore, individuato nell’ingegner Anna Maria Perla del Consorzio del Nucleo industriale.

La dottoressa Perla e i tecnici Cosib Venditti e Michele il 31 maggio 2017 sono entrati nel depuratore del porto per un sopralluogo. Il report protocollato pochi giorni dopo ha fatto emergere che i problemi riscontrati erano molteplici. Innanzitutto i fanghi derivanti dalla depurazione. La lavorazione dei fanghi non era in funzione, tanto che la Crea si è giustificata garantendo che avrebbe noleggiato una centrifuga per smaltire il carico più massiccio dei reflui, quello che non viene immesso in mare ma finisce in appositi impianti di riconversione.

Sotto accusa poi il cosiddetto “sistema di deodorizzazione”. Non è una novità che da almeno due anni dal depuratore provengano con preoccupante frequenza dei cattivi odori che, specie d’estate, diventano insopportabili e che sono stati segnalati centinaia di volte da cittadini e turisti. In quell’occasione i controllori hanno verificato che il sistema che abbatte gli odori (o dovrebbe abbatterli) non funzionava affatto. La giustificazione della Crea, sul report chiamata semplicemente Acea come la casa madre della società romana, è stata che avrebbero azionato manualmente il sistema, senza però precisare quando.

Si deve probabilmente a questo richiamo l’ordinanza del sindaco Angelo Sbrocca del 26 giugno scorso che imponeva alla Crea di risolvere il problema puzza. Va detto che durante l’estate i cattivi odori sono poi diminuiti, a parte qualche “ricaduta” da voltastomaco.
Ma nel report dei tecnici Perla, Venditti e Michele venivano sottolineate altre due gravi lacune. Quella dei biorulli, descritti come incrostati, ricoperti da una pellicola “grigiastra indice di tossicità per un eccesso di reattivi”, ovvero solventi e sostanze chimiche ce si utilizzano nella catena di depurazione delle acque reflue. Il documento rilevava la necessità di ripristinare la biomassa per i biorulli e chiedeva un cronoprogramma, cioè una tempistica, così come per la nuova centrifuga relativa alla lavorazione dei fanghi.

Infine, ma non meno importante, la questione del misuratore di portata. L’installazione della nuova condotta sottomarina non rientrava infatti nella planimetria ritrovata durante il sopralluogo, e i tecnici Acea hanno tentato di spiegare che non esiste la possibilità di regolare il livello delle acque in uscita, “perché questo convoglierebbe l’acqua nel bypass del porto”, vale a dire quella sorta di valvola di sfogo che esiste nell’impianto, necessario a smaltire un livello di reflui in eccesso, specie quando piove per molte ore. Anche in questo caso la Crea aveva assicurato un intervento rapido per ripristinare la funzionalità del misuratore di portata, così da regolare il livello di acqua in uscita dal depuratore.

È alla luce di tutte queste mancanze che si spiegano probabilmente i livelli di escherichia coli molto alti riscontrati dalle analisi Arpa già nel 2016. La dottoressa Cerroni, coinvolta nell’inchiesta, ha dichiarato di essere «tranquilla, anche se non mi aspettavo di essere indagata. Tutti i nostri dati sono sempre stati trasmessi, ma preferisco non commentare visto che c’è un’indagine in corso».

Tranquillo si è detto anche l’ex sindaco Antonio Di Brino, chiamato in causa a quanto pare per fatti risalenti al 2012. Nel maggio di quell’anno ci fu infatti un primo sversamento fra i due trabucchi, allora esistenti, e il Comune ordinò lavori urgenti di riparazione della condotta. «Ho sentito l’architetto Belpulsi e lui è tranquillo come lo sono io – riferisce adesso il sindaco dell’epoca, Antonio Di Brino -. Adottammo tutte le procedure necessarie, facemmo un’ordinanza e i lavori, con tanto di collaudo e saldo di quanto spettava alla ditta. Io con la Crea ho avuto sempre buoni rapporti, a differenza di Sbrocca che è in rotta di collisione con loro e pure con la Dondi, che doveva fare il depuratore del Sinarca. Io so di aver operato bene».

Sbrocca, dopo aver espresso fiducia nel lavoro della magistratura, non ha voluto aggiungere altro. Le sue presunte responsabilità iniziano alla fine del 2015, quando vennero segnalate per la prima volta, dopo molto tempo, chiazze maleodoranti dietro al depuratore. Ma già nel marzo del 2016, l’esponente di minoranza Paolo Marinucci mostrò alla stampa documenti che attestavano valori abnormi di escherichia coli dai prelievi dell’Arpa in quel punto. Che si fosse in presenza di liquami scaricati in mare era ormai evidente nonostante le smentite ripetute, e poco tempo dopo divenne di dominio pubblico la notizia dell’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Larino. È a partire da quel momento che i responsabili dell’impianto vennero iscritti, per primi, nel registro degli indagati.

Nello stesso periodo estivo del 2016 si svolsero i lavori di riparazione alla condotta (foto sopra) e nel frattempo gli ispettori del Ministero dell’Ambiente fecero visita agli uffici del settore Lavori Pubblici del Comune di Termoli, acquisendo dei documenti. Dopo tutti quei fatti, la novità che ha portato a questa svolta risale a poche settimane fa. Alla fine di ottobre il Movimento Cinque Stelle documentò una nuova perdita, presentando un esposto in Procura. Mercoledì scorso, infine, il sequestro preventivo.

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